Polemica di Fontana

Prima della Scala, il governatore della Lombardia: “Pregiudizi romani, Bossi ci aveva visto giusto”

Attilio Fontana denuncia il “metodo romano”: un modo di pensare che guarderebbe con fastidio all'efficienza lombarda. Lupi: "Noi c'eravamo"

Prima della Scala, il governatore della Lombardia: “Pregiudizi romani, Bossi ci aveva visto giusto”

La stagione del Teatro alla Scala si è aperta, come da tradizione, sulle note dell’inno di Mameli. Un Piermarini sold out ha accolto la rappresentazione di Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmitrij Šostakovič, diretta da Riccardo Chailly nel suo ultimo 7 dicembre 2025 come direttore musicale.

Sul palcoscenico una produzione di forte impatto firmata da Vasily Barkhatov, offerta nell’anno del cinquantesimo anniversario della morte del compositore.

La polemica politica è presto servita a causa delle assenze delle istituzioni nazionali.

Prima della Scala: Fontana sulle assenze istituzionali

In platea, come sempre, una rappresentanza ricca di istituzioni e personalità della cultura. Nel palco Reale sedevano la senatrice a vita Liliana Segre, habituée della Prima, il presidente della Corte costituzionale Giovanni Amoroso, il sindaco e presidente della Fondazione Scala Giuseppe Sala, il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’Under Secretary of State americana Sarah Rogers, il prefetto Claudio Sgaraglia e il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana.

Ed è proprio Fontana a diventare il fulcro di una serata segnata non solo dall’opera, ma anche dalle polemiche politiche legate all’assenza di molti rappresentanti del governo.

L’assenza di ministri – eccezion fatta per il titolare della Cultura, Alessandro Giuli – ha fatto rumore. Un tema ricorrente negli ultimi anni, ma che quest’anno ha assunto una nuova intensità. Alla domanda dei cronisti, Fontana ha reagito con una frase destinata a diventare il simbolo della polemica:

Ce ne faremo una ragione, viviamo bene anche da soli“, ripetuta per ben due volte nel corso della serata.

Per molti, la mancanza di esponenti del governo è stata interpretata come l’ennesimo segnale di distanza verso Milano. Fontana, però, va oltre la semplice constatazione e, in un’intervista al Corriere, inserisce l’episodio in una lettura più ampia del rapporto tra Roma e la Lombardia.

Il “pregiudizio romano” secondo Fontana

Per il governatore non si tratta di un episodio isolato, ma dell’ennesima manifestazione di un atteggiamento antistorico che – a suo dire – la capitale avrebbe sempre avuto nei confronti della Lombardia. La sua ricostruzione è affilata:

“È Roma che da sempre vive con pregiudizio e fastidio la realtà lombarda, perché noi rappresentiamo ciò che dovrebbe accadere ovunque e che invece si realizza soltanto qui. E questa cosa evidentemente fa girare un po’ le scatole e noi siamo vissuti come antipatici”.

Fontana ricorre anche a una metafora scolastica per spiegare la percezione dei lombardi nel resto d’Italia:

“Siamo i secchioni simpatici, e faremmo anche copiare volentieri. Lo facevo già a scuola”.

Neppure la presenza di ministri leghisti nel governo, osserva, modifica uno stile politico che definisce “romano”: un modo di pensare e amministrare che considera opposto al modello lombardo. Lo sintetizza con un’immagine culinaria:

“Il problema è che l’amatriciana è buona per tutti. Cioè esiste un modo di pensare, che definiamo romano, che è diametralmente opposto al nostro e che ha una sua brillante pervasività”.

Il ritorno del “tema del Nord” e il fantasma di Bossi

Le parole di Fontana riaprono anche un dibattito interno alla Lega. Il governatore cita Umberto Bossi ricordando il suo monito sull’effetto “Roma” sui parlamentari:

“A distanza di tempo mi viene da dire che, come in tutti gli altri casi, Bossi aveva visto giusto”.

Secondo Fontana, la riflessione sul ruolo del Nord non è soltanto necessaria, ma urgente:

“In questa fase di grande vitalità e trasformazioni è importante affrontare il tema del Nord. È un argomento da impostare adesso e non dopo. Il Nord che produce di più e sostiene economicamente l’intero Paese non può e non deve rischiare di perdere le proprie potenzialità”.

Per illustrare la distanza culturale tra territori, Fontana rievoca un episodio dei suoi anni da sindaco a Induno Olona, quando si accorse di quanto certe idee lombarde risultassero incomprensibili altrove:

“Sembrava che stessi parlando dei marziani”.

Quanto alla Lega, respinge l’idea di divisioni interne:

“Esistono diverse sensibilità territoriali, ma attorno all’idea di un Nord politicamente centrale ci si compatta sempre”.

La reazione di Lupi

Non tutti, però, condividono la lettura di una Prima “orfana” delle istituzioni. Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, minimizza:

“Noi ci siamo, non mi sembra. La senatrice a vita Liliana Segre c’è e ci sono i vicepresidenti di Camera e Senato. Ma quello che conta è la Scala e quello che rappresenta la Prima”.