Riflettori sull’autonomia differenziata, che mette l’acceleratore. Luca Zaia lo definisce senza mezzi termini un passaggio “storico”.
Nel giorno in cui viene firmata la pre-intesa sulle prime quattro materie – protezione civile, previdenza complementare, professioni e soprattutto sanità – il governatore del Veneto celebra quella che per i leghisti è la tappa più concreta raggiunta dall’autonomia differenziata.
“Un impegno che portiamo avanti da oltre vent’anni”, scrive sui social il Doge. Per la Lega, che ha fatto del regionalismo avanzato uno dei suoi assi fondativi, questa è la prova che la riforma non è più un tema astratto o da campagna elettorale, ma un processo istituzionale ormai incardinato e accelerato”.
Autonomia differenziata, la firma in Veneto
Il ministro degli Affari Regionali Roberto Calderoli, che segue passo dopo passo il dossier, in mattinata, 18 novembre 2025, è a Venezia, a Palazzo Balbi, per mettere la firma insieme a Zaia. Si tratta di un passaggio preparato da mesi: i negoziati sulle materie non Lep sono infatti aperti da quasi un anno e ora trovano una formalizzazione che il governo rivendica come un risultato strategico, pienamente sostenuto da Palazzo Chigi.
Matteo Salvini ne parla come di una firma “figlia non di improvvisazioni, ma di 30 anni di battaglie. Da Venezia, al Po, al Monviso, a Bossi, Maroni. C’è tanto Veneto in questa battaglia, i referendum che coinvolsero milioni di veneti e di lombardi. È un passaggio importante perché mai Venezia e Roma si erano incontrate per firmare dei temi assolutamente concreti e reali, fra cui la sanità”.
L’esecutivo ha dato via libera a una mini-maratona di incontri che coinvolge Lombardia, Veneto, Liguria e Piemonte: due giorni di accordi con i governatori Attilio Fontana, Zaia, Alberto Cirio e Marco Bucci.
Due giorni di pre-intese autorizzati direttamente da Palazzo Chigi.
Per la Lega questa fase segna il punto in cui l’autonomia entra davvero nella pratica amministrativa, liberandosi – sostengono gli esponenti del Carroccio – da decenni di contrapposizioni ideologiche. È qui che Calderoli insiste:
“Non voglio favorire né danneggiare nessuna parte del Paese. Lavoro perché cresca tutto il Paese, responsabilizzando tutti”. Una linea che nel lessico leghista di oggi viene presentata come il superamento della vecchia frattura Nord-Sud.
Dopo il Veneto, mercoledì 19 novembre 2025, sarà il turno del Piemonte. Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera e segretario della Lega in Piemonte, ha già espresso entusiasmi commenta per la firma della pre-intesa tra Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie e Regione Piemonte.
“La pre-intesa tra Stato e Regione Piemonte che sarà firmata mercoledì dal Ministro Calderoli e dal Governatore Cirio rappresenta un tassello fondamentale nel percorso verso la concreta applicazione dell’Autonomia differenziata, risultato fortemente perseguito dalla Lega a supporto dello sviluppo dei nostri territori e, ricordiamolo, previsto dalla nostra Costituzione. Protezione civile, Previdenza complementare integrativa, Professioni, Coordinamento della finanza pubblica in ambito sanitario sono le prime quattro materie (le prime tre non Lep, la quarta Lep) su cui il Piemonte è al lavoro da tempo”.
Entusiasmo anche da parte del Carroccio lombardo. Massimiliano Romeo, segretario regionale lombardo della Lega Salvini, spiega:
“Stiamo per compiere un altro passo fondamentale nel percorso per dare alla Lombardia l’autonomia regionale differenziata, con la firma a Palazzo Lombardia, tra il Governatore regionale lombardo, Attilio Fontana, e il ministro degli Affari Regionali, Roberto Calderoli, della prima pre-intesa tra Regione Lombardia e Governo, riguardante le prime quattro materie ovvero protezione civile, professioni, previdenza complementare e integrativa e la parte della sanità che interessa il coordinamento della finanza pubblica. Un passo dopo l’altro stiamo realizzando l’autonomia regionale chiesta dai cittadini lombardi, con il loro voto, otto anni fa”.
Le critiche del centrosinistra e la nuova narrativa elettorale
Mentre il governo procede, le opposizioni alzano la voce. In Campania, Roberto Fico – candidato governatore ed ex presidente della Camera – parla apertamente di “blitz leghista” destinato a colpire il Sud.
Subito dopo interviene Giuseppe Conte: “Con il progetto Calderoli l’Italia si frammenterà e il Mezzogiorno resterà indietro”.
La linea del centrosinistra è compatta: secondo il sindaco di Milano Giuseppe Sala “questa autonomia è fatta male”, mentre per Francesco Boccia, capogruppo Pd al Senato, il governo sta producendo “una forzatura che costituisce un pericoloso precedente”.
Le accuse si concentrano su un presunto squilibrio a favore delle regioni ricche.
La sorpresa dal Sud: Occhiuto e Lobuono aprono al confronto
Dal Sud arriva il segnale più inatteso. Se fino a oggi l’autonomia differenziata era percepita come un progetto del Nord da contrastare, le parole del presidente della Calabria Roberto Occhiuto cambiano la narrazione.

Il governatore azzurro – storicamente voce istituzionale del Mezzogiorno – non chiude affatto le porte e anzi chiede un tavolo: “Qualche preoccupazione persiste, soprattutto sulla sanità”, afferma. “Per questo chiedo al ministro Calderoli di convocare un confronto tra le Regioni che hanno chiesto le intese e quelle che nutrono riserve”.
Calderoli risponde immediatamente. Propone a Occhiuto un incontro diretto già dalla settimana successiva e si dice disponibilissimo ad allargare il tavolo a tutti i governatori:
“Mettiamo da parte ogni ideologia e lavoriamo insieme nell’interesse del Paese, del Nord come del Sud”.

Ed è ancora dal Mezzogiorno che arriva un’altra posizione aperturista. Il candidato del centrodestra alla guida della Puglia, Luigi Lobuono, non vede la riforma come un pericolo:
“L’autonomia può essere positiva anche per le regioni del Mezzogiorno che diventano virtuose”. Una dichiarazione che scardina lo schema politico tradizionale, mettendo in evidenza come il dibattito stia cambiando anche dove, per anni, l’autonomia è stata presentata come una minaccia.
Cosa prevede la riforma Calderoli
La riforma dell’Autonomia differenziata, insieme a premierato e giustizia, costituisce uno dei pilastri del progetto istituzionale del governo Meloni. Prevede che le regioni a statuto ordinario possano chiedere maggiori competenze su 23 materie, tra cui sanità, istruzione, ambiente, commercio estero e trasporti.
Il trasferimento delle funzioni è legato a una serie di passaggi chiave:
-
Definizione dei LEP: i Livelli Essenziali delle Prestazioni sono gli standard minimi da garantire in tutta Italia. Il governo ha 24 mesi per varare i decreti.
-
Materie senza LEP: su 14 materie l’autonomia può essere chiesta subito.
-
Accordi Stato-Regione: una volta definiti i LEP, Stato e regione hanno 5 mesi per un’intesa, valida per un massimo di 10 anni.
-
Voto del Parlamento: l’accordo deve essere approvato con maggioranza assoluta.
-
Clausola di salvaguardia: il governo può intervenire se una regione non garantisce servizi essenziali o viola obblighi internazionali.
-
Finanziamento: tutto avverrà nei limiti delle risorse disponibili in legge di bilancio.
La partita politica si riapre
L’avanzamento delle pre-intese segna una nuova fase della riforma. La Lega festeggia la “svolta storica”, il governo accelera, le opposizioni contestano, ma l’elemento più significativo è la frattura che si apre dentro il tradizionale fronte meridionale: Calabria e Puglia non chiudono la porta, e questo ridisegna il campo dello scontro politico.
Se fino a ieri l’autonomia era un progetto “del Nord”, oggi il confronto si sposta sul terreno più complesso: quello dell’attuazione concreta e delle alleanze che, sorprendentemente, iniziano a spostarsi anche al Sud.