Opposizione di Italia viva

Perché Renzi non vuole votare la riforma della Giustizia targata Cartabia

"Il vero problema resta quello dello strapotere delle correnti e del fatto che chi sbaglia non paga mai, con la riforma Cartabia non si risolve".

Perché Renzi non vuole votare la riforma della Giustizia targata Cartabia
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Senza troppi giri di parole Matteo Renzi boccia la riforma della giustizia targata Marta Cartabia, dichiarando che non la voterà in Parlamento. Affidandosi al suo profilo Twitter ufficiale, il leader di Italia Viva ha definito "inutile" la mossa della Ministra della Giustizia, sottolineando però che, rispetto all'azione del suo predecessore Bonafede, si sono fatti passi in avanti:

"Il vero problema resta quello dello strapotere delle correnti e del fatto che chi sbaglia non paga mai, con la riforma Cartabia non si risolve".

Perché Renzi non vuole votare la riforma della Giustizia targata Cartabia

Matteo Renzi al veleno contro la Ministra della Giustizia Marta Cartabia. In poche e semplici parole, affidate al suo account ufficiale di Twitter, il leader di Italia Viva ha reso pubblico la sua posizione di opposizione alla riforma del Consiglio superiore della magistratura e della legge sull’ordinamento giudiziario varata dal Consiglio dei ministri a febbraio. Nonostante il difficile accordo trovato lo scorso sabato 9 aprile 2022 dalle forze di maggioranza, il partito di Renzi ha annunciato di non volerla votare in Parlamento:

"Non voteremo la riforma della giustizia perché non è una riforma. L'azione di Bonafede era dannosa, quella della Cartabia inutile. Meglio così, ma ancora non ci siamo".

IL TWEET:

I chiarimenti, tuttavia, sono arrivati poco dopo da Renzi nella sua Enews:

"Sulla riforma del Csm siamo gli unici che non voteranno a favore. Lega e Pd, grillini e Forza Italia hanno trovato un compromesso con la riforma Cartabia. Voglio essere molto chiaro: l’azione di Bonafede era dannosa, quella della Cartabia semplicemente inutile. Dunque, un grande passo in avanti. Ma il vero problema dello strapotere delle correnti e del fatto che chi sbaglia non paga mai, con la riforma Cartabia non si risolve. Le correnti continueranno a fare il bello e il cattivo tempo nel Csm. Peccato, una occasione persa. La riforma arriverà, se arriverà, nella prossima legislatura. Questo è un pannicello caldo, anzi tiepido”.

Una bomba lanciata sulla stabilità dell’Esecutivo, anche se la ministra di Italia Viva Elena Bonetti garantisce:

“Dal mio punto di vista c’è un pieno sostegno al Governo, non sarà certamente Italia Viva a farlo cadere".

Che cosa prevede la riforma della Giustizia della ministra Cartabia

La riforma della Giustizia redatta dalla ministra Marta Cartabia era stata approvata all’unanimità nel Consiglio dei ministri dell'11 febbraio 2022. Si era trattato della terza del “pacchetto giustizia” dopo quelle del processo civile e penale. Il nodo centrale da sciogliere era stato quello sulla norma sulle cosiddette "porte girevoli", cioè il ritorno alle funzioni giudiziarie dei magistrati che entrano in politica. La soluzione definitiva è stata addirittura più stringente di quella del ddl Bonafede, il testo base a firma dell’ex ministro grillino in discussione alla Camera dal 2020.

Le norme sulle porte girevoli (per politici e tecnici)

"I magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo o incarichi di governo (nazionale, regionale o locale) al termine del mandato, non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale. I magistrati ordinari vengono collocati fuori ruolo presso il ministero di appartenenza. I magistrati amministrativi e contabili vengono collocati fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri o l’Avvocatura dello Stato. Resta la possibilità di assumere altri incarichi fuori ruolo presso altre amministrazioni e di assumere funzioni non giurisdizionali presso le sezioni consultive del Consiglio di Stato, le sezioni di controllo della Corte dei Conti e l’Ufficio del massimario della Corte di Cassazione".

Per i magistrati che hanno svolto incarichi apicali presso i ministeri, la Presidenza del Consiglio, i Consigli o le giunte regionali – capi di gabinetto, segretari generali o capi dipartimento – è invece fissato un “periodo di raffreddamento” pari a tre anni da passare svolgendo “attività non direttamente giurisdizionali, né giudicanti né requirenti, che saranno individuate dai rispettivi organi di autogoverno”.

Stop al cumulo di cariche: mai più “casi Maresca”

Nella riforma c’è il “divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi, come invece possibile oggi”. Un’esigenza che ha messo d’accordo tutte le forze politiche per evitare il ripetersi di casi come quello di Catello Maresca, consigliere comunale a Napoli (dopo la sconfitta nella corsa a sindaco) e in contemporanea giudice di Corte d’Appello a Campobasso.

Le regole sulle candidature

All’atto dell’accettazione di una candidatura politica i magistrati devono essere posti in aspettativa senza assegni, obbligatoria per l’intero periodo di svolgimento del mandato, con diritto alla conservazione del posto e computo a soli fini pensionistici del periodo trascorso in aspettativa. Sarà anche vietato candidarsi nelle regioni in cui, nei tre anni precedenti alle elezioni, si sono esercitate le funzioni. Per chi si candida ma non viene eletto, lo stop al rientro nei tribunali durerà tre anni.

Il sistema elettorale per i membri togati del Csm

Nella riforma viene rivisto anche il sistema di elezione dei membri togati del Csm, cioè quelli scelti dalla magistratura nelle proprie file. Si prevede “un sistema elettorale misto, basato su collegi binominali, che eleggono cioè ciascuno due componenti del Csm”, ma con “una distribuzione proporzionale di cinque seggi a livello nazionale. Non sono previste liste, ma candidature individuali”. I componenti del Csm tornano, come in passato, a trenta: venti togati (dai 16 attuali) e dieci laici (dagli 8 attuali). Inoltre “nel sistema elettorale misto previsto per il Csm trova spazio anche il sorteggio. Servirà ad assicurare che in ogni collegio binominale sia raggiunto il minimo previsto di 6 candidati e per riequilibrare le candidature del genere meno rappresentato”.

Riduzione dei magistrati fuori ruolo

Viene poi introdotta una stretta sui magistrati fuori ruolo, quelli cioè distaccati nei ministeri o nelle istituzioni. La bozza della riforma del Csm prevede la riduzione del numero massimo, oggi fissato in 200.

Stop alle nomine a pacchetto

Per l’assegnazione incarichi direttivi da parte del Consiglio superiore della magistratura la bozza di riforma prevede la pubblicità degli atti (sul sito intranet del Csm, nel rispetto dei dati sensibili); definizione dei procedimenti, per l’assegnazione degli incarichi direttivi, in base all’ordine temporale di vacanza, salvo deroghe per gravi e giustificati motivi e ad eccezione dei posti di primo presidente e procuratore generale della Cassazione, di carattere prioritario. L’obiettivo dell’intervento è quello di impedire le nomine “a pacchetto“, cioè calendarizzate insieme per favorire gli scambi tra correnti.

Previsti anche la selezione di una rosa di candidati sulla base dei curricula seguita da una audizione obbligatoria dei candidati selezionati; il diritto di voto per avvocatura nei consigli giudiziari sulla base di una delibera del consiglio dell’ordine; l’obbligo di partecipazione a specifici corsi organizzati dalla Scuola Superiore della Magistratura, della durata minima di tre settimane anche non consecutive, quale requisito per l’ammissione alla procedura funzionale all’acquisizione di competente organizzative.

Incompatibilità tra sezioni disciplinari e alcune commissioni

Incompatibilità, per i membri effettivi della sezione disciplinare, a partecipare alle commissioni I, III, IV e V, quelle che decidono su incarichi direttivi e semidirettivi, trasferimenti di ufficio e valutazioni di professionalità.

Voto avvocati sulla professionalità dei giudici

La bozza di riforma introduce anche il voto degli avvocati nei consigli giudiziari sulle valutazioni di professionalità dei magistrati ma solo in un caso: quando cioè il Consiglio dell’Ordine abbia fatto una segnalazione formale di comportamenti scorretti da parte del magistrato che si deve valutare. In questi casi il voto degli avvocati presenti nei Consigli giudiziari sarà unitario

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