Paesi sicuri: il Tribunale di Bologna rinvia tutto alla Corte Europea
Qual è il parametro su cui individuare i "paesi sicuri"? E in caso di contrasto prevale la norma nazionale o comunitaria?
Non sappiamo se sarà efficace o meno, se avrà vita breve o lunga o se verrà addirittura "stoppato". Di sicuro però c'è il Decreto Paesi Sicuri approvato dal Governo è già diventato un tormentone.
Perché dopo l'accordo Italia-Albania sui migranti (in copertina la visita di giugno della presidente Meloni a Gjader), ora anche il decreto dell'Esecutivo denominato "Paesi Sicuri" viene messo in discussione.
Paesi Sicuri, il Tribunale di Bologna rinvia tutto alla Corte Europea
Il Tribunale di Bologna ha rinviato alla Corte di Giustizia europea il ricorso di un cittadino del Bangladesh che aveva chiesto protezione internazionale.
Nell'inviare la documentazione in Lussemburgo i giudici hanno chiesto ai loro "colleghi" europei se debba prevalere la normativa comunitaria oppure la legislazione italiana.
Quest'ultima, come ormai noto, è intervenuta con il decreto "Paesi Sicuri" proprio per definire con una norma primaria uno scenario che solo fino a qualche settimana prima era stato definito da un decreto interministeriale, con l'obiettivo di rendere operativi i centri di identificazione in Albania stoppati dai giudici della sezione immigrazione del Tribunale di Roma dopo l'accordo tra Roma e Tirana.
Anche Bologna dice "no" (o "ni"), altre polemiche
Il rilievo dei giudici del tribunale di Bologna è sostanzialmente questo: non una vera e propria bocciatura come era accaduto a Roma, ma piuttosto una richiesta di chiarimenti su due questioni (apparentemente scontate):
- qual è il parametro su cui individuare i "paesi sicuri".
- in secondo luogo se il principio del primato europeo impone di ritenere che in caso di contrasto tra normative prevale quella comunitaria.
L'obiettivo come sottolineato dal presidente del Tribunale Pasquale Liccardo è "l'applicazione uniforme del diritto dell'Unione Europea".
Ma tanto è bastato per scatenare la reazione del leader della Lega e vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini:
"Se qualcuno, invece di essere in tribunale, si sente nella sede di Rifondazione comunista, si tolga la toga, si candidi alle elezioni e faccia politica. Non possono esserci giudici che smontano la sera quello che altri fanno la mattina. Siamo anche stufi di lavorare, come ci chiedono i cittadini, per portare più sicurezza, per avere poi qualche giudice comunista, questo è, che ritiene che i confini non servano e che le leggi non servano, e che ognuno ha diritto a fare quello che vuole".
Sulla vicenda è intervenuto anche il capogruppo alla Camera di Fratelli d'Italia Tommaso Foti che si mostra sicuro che la questione si risolverà in una bolla di sapone:
"Sorprende la decisione del Tribunale di Bologna. Siamo certi che la Corte confermerà quello che per noi è lapalissiano: ovvero che è lo Stato a stabilire quali sono, appunto, le Nazioni sicure. Resta indiscussa la prerogativa del giudice di valutare poi, nel caso concreto, se quel Paese, sicuro in linea generale, lo sia, nello specifico, per il soggetto di cui si parla. Il decreto è certamente un atto giuridico e tiene conto, e non potrebbe che essere così, sia politicamente sia giuridicamente, della tutela dei diritti umani".
Il nodo di "Paese Sicuro" e la provocazione sulla Germania nazista
Il nodo secondo i giudici di Bologna è la definizione di "Paese Sicuro".
Tanto che per sottolineare questa criticità i giudici hanno "esasperato" arrivando a quella che è una provocazione che andrà ad alimentare altre polemiche, con il riferimento alla Germania nazista come "paese sicuro"...
Dal Tribunale del capoluogo dell'Emilia Romagna è arrivata allora la contestazione dell'assunto che potrebbe definirsi sicuro un Paese in cui la maggioranza della popolazione viva in condizioni di sicurezza, visto che il sistema di protezione internazionale si rivolge soprattutto alle minoranze minacciate e perseguitate.
Da qui la provocazione sulla Germania ai tempi di Hitler.
Certo, la stragrande maggioranza della popolazione tedesca a quel tempo si sentiva sicura, ma chi sarebbe andato a dirlo a ebrei, omosessuali, oppositori politici e rom...
Il vero punto, le minoranze discriminate
Ecco allora perché il vero punto della questione sono le minoranze discriminate.
Allora in Germania, come oggi appunto in Bangladesh, ma il ragionamento potrebbe essere declinato in numerosi Paesi d'Europa e del mondo.
Tanto che facendo riferimento proprio al Bangladesh e al rinvio alla Corte Europea dai rilievi del Tribunale emerge come i casi dove c'è necessità di una protezione internazionale sono legati all'appartenenza alla comunità Lgbtqi+, alle vittime di violenza di genere, alle minoranze etniche e religiose e, novità di questi accadimenti della storia e dell'ambiente, quelli che che oggi vengono chiamati sfollati climatici.