Meritocrazia Italia: considerazioni dell’ex Sen Prof. Ugo Grassi sulla Guerra in Palestina
Il pensiero sul conflitto israelo-palestinese del giurista e politico italiano, dalla storicità della guerra ai giorni nostri

Purtroppo ancora tragicamente attuale, la guerra tra Israele e Palestina è costante fonte di discussioni ed interpretazioni.
Meritocrazia Italia, nel ribadire la sua ferma posizione contraria ad ogni tipo di guerre e violenze, chiedendo un confronto costruttivo di pace nell'interesse di ogni persona coinvolta, sta acquisendo vari pareri da personalità di Stato in modo da mettere in risalto più angoli di valutazione ha chiesto all’ex Senatore Prof. Ugo Grassi, giurista e politico italiano, la sua analisi sul conflitto israelo-palestinese.
Cosa ne pensa Prof. di questo annoso e storico conflitto tra Israele e Hamas che idea si è fatto?
“Il conflitto tra gli arabi e gli ebrei ha radici nella storia della terra di Canaan quando ancora non era nato l'Islam. Il tema è così divisivo che persino la nuova storiografia israeliana (penso a Ilan Pappé o Benny Morris) ne discute in modo decisamente aspro. Un confronto sul tema richiede quindi di stabilire, con l'interlocutore, dei punti fermi altrimenti la discussione si avvita in una infinita spirale di obiezioni che si rincorrono come in un nastro di Mobius".
"Parto quindi dall'assunto che quelle terre ormai sono di due popoli; che per ragioni storiche culturali e demografiche già dopo la seconda guerra mondiale era irrealistico pensare ad un unico stato multi etnico; che la risoluzione dell'assemblea generale dell'ONU n. 181 del 1947 era storicamente giusta e legittima. E giusto e legittimo era il principio “due popoli, due stati”.
"Il 14 maggio 1948, forte della legittimazione data dalla risoluzione, Ben Gurion proclama lo Stato di Israele. Ma gli stati arabi invece di sostenere e finanziare una speculare dichiarazione per uno stato di Palestina, il 15 maggio invadono quelle terre, comprese porzioni del nuovo stato, allo scopo di creare uno "Stato unitario di Palestina" al posto dei due stati. Inizia la prima guerra arabo-israeliana".
"La storia di quella guerra è ben riassunta da Wikipedia e merita la leggiate. È la storia della difesa di uno stato che al momento dell'attacco non esisteva se non sulla carta. Pensate: uno stato senza strutture (ministeri, uffici, quadri dirigenti,) che deve difendersi dal simultaneo attacco di ben cinque stati arabi".
"Essa si conclude con la vittoria di Israele che non solo mantiene il territorio che gli era stato assegnato con la risoluzione, ma occupa il 22% in più di territorio. Gaza e Cisgiordania, attenzione, rimasero sotto il controllo di Egitto e Transgiordania (che è oggi lo stato indipendente di Giordania)".
"All'epoca l'occupazione illegittima di altre terre era da Israele fondata sul principio “territori in cambio di pace”. Che in questo principio credevano è provato dai noti accordi di Camp David quando Israele restituì all'Egitto il Sinai, occupato in una delle successive guerre, in cambio del proprio riconoscimento. Sadat pagherà con la vita la pace col nemico, in quanto sarà assassinato dalla Jihad islamica egiziana, riconducibile all'area del terrorismo su base religiosa (a riprova che Islam e Palestina intrecciano i loro destini)".
"Evito di fare un riassunto di tutte le guerre arabo israeliane. Basti ricordare che iniziano tutte per iniziativa araba. Anche Yitzhak Rabin verrà assassinato da estremisti ebraici per gli stessi motivi alla base della morte di Sadat. Rabin, oltre ad aver collaborato a creare i presupposti degli accordi di Camp David, aveva firmato gli accordi di Oslo, forse il punto più alto del processo di pace tra i due popoli".
"Intanto erano trascorsi ben trenta anni. Trent'anni di guerre, trenta anni in cui gli israeliani perdevano fiducia nella affidabilità della parte araba di voler convivere in pace. La morte di Rabin ebbe un effetto paradossale: il clima politico si fece più polarizzato e timoroso. Molti israeliani, spaventati dall’instabilità e dalla violenza, iniziarono a privilegiare politiche di sicurezza rispetto a quelle di compromesso".
"Nel 1996, Benjamin Netanyahu del Likud vince le elezioni, inaugurando una nuova fase di governi conservatori e nazionalisti. Giusto un cenno al ritiro unilaterale da Gaza, quale tentativo di avviare i palestinesi alla autodeterminazione, tentativo che ha portato alla nascita di Hamas quale embrione di uno stato terrorista che aveva nel suo statuto la distruzione di Israele".
"C'è un passaggio che voglio sottolineare e credo sposti in misura importante sulla parte araba la responsabilità del massacro cui stiamo assistendo. Se il 14 maggio 1948 gli arabi avessero proclamato la nascita di uno Stato palestinese e se tutti i finanziamenti utilizzati per guerre e attentati fossero stati usati per sostenere lo stato arabo oggi Israele sarebbe confinante ad una sorta di nuova Svizzera in versione araba. Forse in un universo parallelo questi due stati esistono, sono amici, hanno solidi accordi economici e collaborano per il reciproco sostegno. Ma è un sogno. Se i dati che ho raccolto sono esatti dalla fondazione di Israele ad oggi sono morti 30.000 israeliani in conseguenza di guerre o attacchi terroristici".
Ritiene che Israele esca vittoriosa in questo momento?
"Oggi in Israele è morta la speranza di una pacifica convivenza e nella maggioranza si è radicata l'idea che l'unica soluzione per la sicurezza è annientare il nemico. Non so se avete notato che mentre la parte araba è intenta ad una incessante opera di diffusione delle immagini dell'orrore della guerra, Israele se ne cura assai poco. Io ho visto i video girati dagli stessi terroristi-soldati di Hamas durante il massacro del 7 ottobre. Sono terrificanti".
"E in una guerra non si può fare una gara per stabilire chi è stato più cattivo. Se tu uccidi mille dei miei io quanti ne posso uccidere dei tuoi? Sulla pagina di Paolo Macry una carissima amica mi ha chiesto “ma allora ben venga il genocidio dei palestinesi?” Certo che no. E con ciò non voglio né confermare né smentire la qualificazione delle morti palestinesi. Anche un solo innocente morto è inaccettabile, chiunque esso sia".
"La guerra non è un pranzo di gala; la guerra è un atto di violenza (parafrasando Mao) dove muore l'etica e si impone la legge del più forte. Ed è Israele il più forte, ma non solo: ormai Israele ha fatto saltare ogni freno inibitore ed ha un solo obiettivo: garantire la propria pace a qualunque costo. Più il mondo isola Israele più Israele ritiene di doversi difendere “solo contro tutti”.
"I boicottaggi, le dichiarazioni contro il genocidio senza fare parola degli ostaggi, il risveglio di uno strisciante antisemitismo che inconsciamente è stato sempre sotteso alle posizioni della sinistra filo palestinese, tutto questo fa scattare una inarrestabile violenta reazione in ogni famiglia israeliana ove non solo è ancora vivo il ricordo della Shoah, ma piange ogni giorno un figlio, o una madre o un padre morti assassinati".
Quindi secondo Lei quale sarà l’epilogo di questa vicenda?
L'attacco del 7 ottobre è stato sotto ogni aspetto giuridico un attacco che ai sensi dell'articolo 51 dello statuto ONU legittima l'invasione dello stato attaccante.
Articolo 51
“Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell’esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell’azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale".
"La comunità Internazionale dov'era all'indomani del 7 ottobre? Non ho visto cortei per le strade chiedere l'intervento di una forza multinazionale per liberare gli ostaggi. Solo blande dichiarazioni di condanna, lasciando che Israele se la sbrigasse da solo. Non ci voleva un indovino per capire che sarebbe stato un massacro, perché era esattamente quello che Hamas voleva".
"Ricordo l'intervento di Sinwar in televisione “palestinesi, adesso c'è bisogno del vostro sangue”. Chiaro l'obiettivo: rendersi vittima di un massacro per ottenere l'isolamento di Israele, isolamento che potrebbe un giorno creare le condizioni per la sua dissoluzione. Io piango ogni israeliano morto. Io piango ogni palestinese morto. Ma ogni goccia in più di antisionismo è un palestinese morto in più".
"Fare le anime pure, gridare contro Israele, boicottarlo, ormai non serve più a nulla. Giusto o ingiusto che sia il destino dei palestinesi per almeno i prossimi dieci anni si sta compiendo. Nulla può più impedirlo. Ma chi davvero ama i palestinesi, chi davvero ama la vita deve iniziare a ragionare su cosa si potrà fare dopo per salvare il salvabile".