VERSO LE RIFORME

Meloni e il premierato: "Non mi dimetto se perdo". Intanto la Schlein le dà della "regina dell'austerity"

Da ormai 20 anni si parla di modificare le norme sul presidente del Consiglio. L'attuale Governo ci riprova ma la consultazione popolare sembra uno spauracchio

Meloni e il premierato: "Non mi dimetto se perdo". Intanto la Schlein le dà della "regina dell'austerity"
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I referendum logorano i presidenti del Consiglio. E' accaduto con Matteo Renzi, sarà lo stesso per Giorgia Meloni?

Si potrebbe rimodulare così una battuta di ormai tanti anni fa proprio dell'allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti passato alla storia con il suo "Il potere logora chi non ce l'ha".

Fatto sta che invece in questo caso l'attuale premier Giorgia Meloni il potere ce l'ha eccome (pure troppo, insinua qualcuno riferendosi alla visibilità su Tv e giornali), eppure quello del referendum sta diventando un vero e proprio tormentone.

Giorgia, le riforme, il referendum

Al di là dei temi della campagna elettorale per le Europee dove la leader di Fratelli d'Italia sta cercando di fare da "garante" in Europa e ritagliare forse uno "spazio di governo" per i Conservatori, a tenere banco nel nostro Paese è soprattutto il tema delle riforme.

Soprattutto quella del "premierato", in parallelo e spesso in "concorrenza" con quella dell'autonomia.

La prima, un nodo centrale nel programma di FdI, la seconda uno storico cavallo di battaglia della Lega, con Forza Italia spettatore sornione in entrambi i casi.

Come noto, l'iter per la riforma sul premierato è già iniziato, ma oltre al pronunciamento del Parlamento potrebbe essere necessario un referendum popolare.

La premier alza il tiro: "Se perdo il referendum, non lascio"

Un'ipotesi quella della consultazione referendaria che sta già scatenando decine e decine di fantasie sui possibili scenari politici che potrebbero crearsi.

Su tutte, evidentemente, una fine anticipata della legislatura del Governo Meloni rispetto ai cinque anni del mandato.

Fatto sta che intervistata da Rai Tre a "In Mezz'ora", la premier ha subito sgombrato il campo da ogni possibile suggestione nefasta per il Centrodestra e i suoi elettori:

"Non mi fa paura l'idea del referendum e non lo considererò mai un referendum su di me ma sul futuro del Paese".

Cinque anni al Governo anche senza premierato

Ma non solo. Invitata a commentare la sua recente dichiarazione sull'esito della riforma (il presidente del Consiglio ha detto recentemente "o la va o la spacca"), Meloni ha aggiunto:

"Mi chiedono se non passa il referendum è un problema, chissene importa. Sono pronta a dimettermi qualora venisse bocciato il referendum? No. Io arrivo alla fine dei 5 anni e chiederò agli italiani di essere giudicata. Se la riforma non passa gli italiani non l'avranno condivisa. Tutto il resto sono speranze della sinistra".

Vale la pena ricordare quali sono i punti principali della possibile riforma: l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, la fiducia del Parlamento, lo scioglimento delle Camere, l'abrogazione della possibilità di nominare Senatori a vita.

L'iter per il premierato: dal Parlamento al Referendum?

L’iter per l’approvazione della riforma costituzionale del premierato è iniziato il 3 novembre.

Una riforma di cui in Italia si parla da ormai 20 anni, eppure...

Ora l’attuale Governo ha l’obiettivo di realizzarla. Dopo l'approvazione del testo appunto il 3 novembre, l’iter parlamentare è iniziato in Senato, dove il documento è arrivato il 15 novembre. Dopo mesi di discussione in commissione, sono stati presentati circa 3.000 emendamenti.

Il 15 maggio è iniziato l’esame in assemblea, ma la strada per la sua approvazione è ancora con tanti punti interrogativi.

Senza contare che la Costituzione è possibile, ma non è come approvare una legge. L’art. 138 della Costituzione prevede infatti un procedimento aggravato che si snoda attraverso due deliberazioni successive a distanza di almeno tre mesi.

Cambiare è possibile, ma occhio ai numeri

Dopo tali passaggi, il testo deve essere definitivamente approvato dal Parlamento e l’iter cambia in base alla maggioranza ottenuta.

Se il provvedimento ottiene la maggioranza qualificata dei 2/3 del Parlamento, la proposta è approvata, se invece la maggioranza è solo assoluta, si dovrà effettuare un referendum popolare per confermare le scelte del Governo attraverso una consultazione che prende appunto il nome di referendum costituzionale.

Intanto Schlein va all'attacco: Meloni regina dell'austerità

Nel frattempo Meloni ha dovuto fare i conti in queste ore dagli attacchi del segretario nazionale del Pd, Elly Schlein che ha stroncato senza troppi giri di parole l'azione del Governo, puntando il dito sui tanti, troppi (secondo i dem) "tagli" dell'attuale Esecutivo:

Il segretario del Pd Elly Schlein
Il segretario del Pd Elly Schlein

"Giorgia Meloni si conferma regina dell’austerità, sono molto gravi i tagli che il governo sta facendo ai Comuni: 250 milioni. Si mettono in difficoltà le Amministrazioni locali, sono tagli insensati".

Commenti
Beppe

Parla la sinistra che ha chiuso in casa tutti gli italiani...

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