Il passaggio del decreto armi per l’Ucraina nel pre-Consiglio dei ministri ha generato un’ondata di chiarimenti da Palazzo Chigi, dal ministero della Difesa e dalla Lega. Da ogni fronte governativo sono arrivate rassicurazioni: la rimozione e il reinserimento del provvedimento dall’ordine del giorno sarebbero avvenuti, assicurano, esclusivamente per ragioni tecniche. Una spiegazione che, tuttavia, non placa le tensioni interne alla maggioranza.
Meloni: “Il decreto si farà entro l’anno. Difendiamo l’Ucraina, non la guerra”
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, impegnata in Bahrein come ospite d’onore alla 46ª sessione del Consiglio di cooperazione del Golfo, ha ribadito pubblicamente che il decreto sarà varato entro il 31 dicembre 2025, data in cui scade l’attuale cornice normativa per l’invio di aiuti militari a Kiev.
“La possibilità di inviare aiuti all’Ucraina scade il 31 dicembre e prima di quella data faremo altri Consigli dei ministri”, ha spiegato la premier, aggiungendo che “noi lavoriamo per la pace”, ma che finché il conflitto prosegue “faremo quello che abbiamo sempre fatto per aiutare l’Ucraina a difendersi”.
Meloni ha poi affrontato direttamente la questione dei negoziati internazionali, sottolineando come la guerra duri ormai da quasi quattro anni e come vi sia una disponibilità alla pace “da parte ucraina, statunitense ed europea”, mentre “ad oggi non da parte russa”.
Infine, un riferimento all’intervista rilasciata al Financial Times dall’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, comandante militare della Nato, che aveva ipotizzato la possibilità di una guerra ibrida preventiva contro Mosca. Meloni ha richiamato tutti alla prudenza:
“Bisogna misurare bene cosa si dice, evitare ciò che genera confusione o spavento. Limiterei le sue considerazioni alla cybersicurezza”.

La Lega su un’altra linea: “Il via libera non è scontato”
Nelle stesse ore, la Lega prendeva posizioni diametralmente opposte rispetto a Palazzo Chigi. Matteo Salvini ha lasciato intendere ai suoi che l’approvazione del decreto armi non è affatto garantita. Il vicepremier, che continua a spingere per una riapertura di un canale politico con Mosca, ha auspicato un ritorno alla normalità nei rapporti fra Europa e Russia:
“Oggi può sembrare un pio desiderio, ma tra qualche mese spero di poter tornare a volare su Kiev e Mosca da Roma e Milano”.
A rafforzare la linea leghista è intervenuto il capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo, che ha giudicato il decreto non “allineato al percorso negoziale” in corso. Una precisazione che arriva mentre il processo diplomatico mostra segnali di forte difficoltà: dopo la fumata nera dei colloqui al Cremlino di martedì, è saltato anche l’incontro programmato a Bruxelles fra gli inviati statunitensi Steve Witkoff e Jared Kushner e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Romeo ha però confermato la posizione del Carroccio:
“Un conto è difendere l’Ucraina, altra cosa è alimentare una guerra. Serve un provvedimento che guardi alle garanzie di sicurezza dell’Ucraina nell’ambito del piano di pace degli Stati Uniti. Una semplice proroga rischia di non essere allineata al percorso negoziale”.
L’asse leghista pro-Mosca e lo scontro sul Mes
A dare manforte alla linea di Salvini sono intervenuti anche Andrea Crippa, Claudio Borghi e Alberto Bagnai, che hanno criticato l’ipotesi di utilizzare i fondi del Mes per sbloccare i prestiti collegati agli asset russi congelati. Una soluzione che il ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio, Antonio Tajani, aveva evocato a Bruxelles a margine della ministeriale Nato.
Per la Lega, l’impiego del Meccanismo europeo di stabilità a favore dell’Ucraina rappresenta una rottura ingiustificata degli equilibri europei e un ulteriore motivo di attrito con Mosca.
Un governo diviso su Kiev
Il risultato è un governo attraversato da tensioni crescenti su uno dei dossier più sensibili della politica estera italiana. Mentre Meloni rilancia la linea del sostegno militare a Kiev come strumento necessario per difendere la pace, la Lega continua a frenare, contestando sia la proroga degli aiuti sia l’utilizzo di fondi europei per sostenere l’Ucraina.