Pasticcio in Senato

Magicamente sparito il tetto agli stipendi dei supermanager pubblici, ma "non è stato nessuno"

Scatta lo scaricabarile tra i partiti, nell'irritazione di Draghi.

Magicamente sparito il tetto agli stipendi dei supermanager pubblici, ma "non è stato nessuno"
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Ai cittadini comuni viene imposto di abbassare i riscaldamenti e di tenerli accesi meno, mentre l'Europa valuta la possibilità di un taglio dell'energia per 3 o 4 ore al giorno. Ai supermanager pubblici invece viene tolto il tetto allo stipendio, che era già da 240.000 euro (mica bruscolini). Uno degli ultimi atti della legislatura si trasforma in un pasticcio (per essere generosi) e origina un imbarazzante scaricabarile tra i partiti. Non certo una bella pubblicità a pochi giorni dalle elezioni.

Tempi cupi, ma non  per tutti...

Insomma, se per noi comuni mortali si preannunciano tempi cupi, per i supermanager di forze dell'ordine e pubblica amministrazione le preoccupazioni potrebbero essere decisamente meno. Perché non solo il tetto è stato tolto, ma non ne è stato neppure fissato un altro. Tutta "colpa" di un emendamento presentato da Forza Italia, riformulato dal Mef e contenuto nel Decreto Aiuti Bis, approvato in Senato. Un emendamento di cui - almeno stando alle imbarazzanti dichiarazioni del post-approvazione - nessuno si sarebbe accorto in Commissione.

La formulazione finale dell'emendamento incriminato il tetto  per il segretario generale di Palazzo Chigi, per i segretari generali e  i capi dipartimento dei ministeri, il Capo della polizia, al comandante generale dei Carabinieri, il comandante della Guardia di Finanza, il capo di stato maggiore della Difesa, capi di stato maggiore di forza armata, il comandante del comando operativo di vertice interforze, comandante generale del corpo delle capitanerie di porto.

Nessuno si è accorto?

Troppo impegnati sul Superbonus per accorgersi di quell'emendamento? E' la "scusa" utilizzata dalla maggior parte dei partiti. Non senza un po' di imbarazzo e non senza l'irritazione del premier Mario Draghi (che lo ha scoperto a giochi ormai fatti). Da Palazzo Chigi filtra già l'intenzione di ripristinare il tetto, magari con un Decreto Aiuti ter, ma non è certo che ci siano i tempi per farlo.

Le scuse e l'imbarazzo

Nelle parole dei rappresentanti dei partiti filtra un certo imbarazzo. Ad astenersi dal voto sono stati Fratelli d'Italia, Lega e Movimento Cinque Stelle.

Enrico Letta, segretario Pd, dà la colpa (senza dirlo apertamente) al Mef e prende subito le distanze a CartaBianca, su Rai3:

"In Italia ci sono sempre le manine famose, è stato un errore, noi siamo per toglierlo. Le nostre capogruppo (Simona Malpezzi e Debora Serracchiani) hanno subito preso posizione. Siamo contro il reinserimento e vogliamo togliere quella norma".

Giuseppe Conte, forte della sua astensione, alza il tiro e attacca tutti:

"Per mesi nessuno ha appoggiato la nostra proposta per alzare gli stipendi a chi prende 3 o 4 euro l'ora con il salario minimo. Ora infilano in un decreto per aiuti a famiglie e imprese un intervento per togliere il tetto ai megastipendi dei dirigenti di Stato. Tutto con la compiacenza del Governo e il voto favorevole di Forza Italia, Pd e Italia Viva. Questo Paese è sottosopra. Chi ha votato quella norma ha mai parlato con famiglie che non arrivano a metà mese, con gli imprenditori che sono in ginocchio? Ma un po' di senso del pudore, no?"

Matteo Renzi prova invece la carta dell'impossibilità di bloccare tutto per non danneggiare le famiglie (che avranno però aiuti di pochi euro...):

"Non avevamo alternativa a votarlo per evitare che saltasse tutto e saltassero i 17 miliardi di aiuti alle famiglie".

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