Lega e FI unite per l'astensione ai referendum, insorgono le opposizioni: "Silenzio preoccupante di Meloni"
Il primo a invitare i cittadini a non votare è stato Tajani, a lui si sono aggiunti i governatori leghisti Fontana e Fedriga e il presidente del Senato
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A meno di un mese dai cinque referendum in programma per l’8 e il 9 giugno – quattro sul lavoro promossi dalla CGIL e uno sulla cittadinanza sostenuto tra gli altri da +Europa – il clima politico si infiamma.
Il fronte governativo composto da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia ha scelto una strategia chiara: non partecipare. Non solo i partiti, ma anche figure istituzionali di primo piano stanno invitando apertamente all’astensione.
Lega e FI insieme contro il referendum
Il primo a rompere gli indugi è stato il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani che ha dichiarato apertamente che resterà a casa. A ruota lo hanno seguito diversi esponenti della Lega e di Fratelli d’Italia.
Il vice presidente Tajani
Tra i più espliciti c'è la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Ignazio La Russa che si è detto intenzionato a fare propaganda affinché la gente se ne stia a casa. Una dichiarazione che ha fatto discutere, considerando il suo ruolo istituzionale di garanzia.
Nel panorama della destra, Lega e Forza Italia ritrovano compattezza nella contrarietà al referendum. Dopo Tajani, recentemente, i governatori leghisti Attilio Fontana (Lombardia) e Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia) hanno fatto sapere che non parteciperanno al voto.
Massimiliano Fedriga
Pd, M5s e Avs contro la maggioranza
La strategia è chiara. Nei referendum abrogativi, la validità è subordinata al raggiungimento del quorum, cioè la partecipazione di almeno il 50% più uno degli aventi diritto. Promuovere l’astensione significa, di fatto, puntare al fallimento dell’iniziativa.
Di tutt’altro segno l’approccio delle opposizioni. Il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle (con l’eccezione del referendum sulla cittadinanza su cui lascia libertà di voto) e Alleanza Verdi e Sinistra stanno invece facendo campagna per il sì e per la partecipazione.
Il sindacato CGIL, principale promotore dei quattro quesiti sul lavoro, denuncia con forza l’atteggiamento della maggioranza che considera un vero e proprio attacco alla democrazia partecipativa.
Sarracino: "Preoccupante il silenzio di Meloni"
Durissimo il commento del deputato Pd Marco Sarracino: "La destra preferisce nascondersi dietro il non voto, pur di mantenere il lavoro nella precarietà e nell’insicurezza. Dopo La Russa e Tajani, oggi anche il presidente Fedriga annuncia la sua astensione. Cosa ne pensa la presidente Meloni? Condivide questa linea? Anche lei si asterrà? Il suo silenzio su una scelta così rilevante è un segnale preoccupante".
Marco Sarracino
In effetti, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non si è ancora espressa pubblicamente sulla questione referendaria. Un silenzio che molti nel centrosinistra interpretano come una strategia deliberata per evitare di schierarsi esplicitamente.
Mentre si moltiplicano gli appelli contrapposti, resta l’incognita più importante: quanti italiani si recheranno effettivamente alle urne?
Questione di partecipazione
In un Paese in cui l’affluenza ai referendum è calata drasticamente negli ultimi decenni, la battaglia non si gioca solo sul merito dei quesiti, ma soprattutto sulla partecipazione stessa.
Il verdetto arriverà tra meno di un mese, quando sapremo se a vincere sarà il voto… o l’assenza.