Italia in guerra? In caso di necessità mancano 10mila "ausiliari": dove li andremo a prendere
La Lega punta sui "riservisti", Crosetto vorrebbe rimpinguare i battaglioni, ma Giorgetti "protegge" i conti pubblici

Tutti fanno evidentemente gli scongiuri. Le diplomazie internazionali sono impegnate giorno e notte per evitare un'escalation che porterebbe a un pericoloso allargamento del conflitto.
Ma cosa accadrebbe se la guerra in qualche modo andasse a "toccare" anche l'Italia?
E' l'interrogativo che tra tutte le cautele del caso sta iniziando a svilupparsi anche nel dibattito politico tra Centrodestra e Centrosinistra.
Evidentemente con posizioni e soluzioni decisamente diverse.
Un esercito sempre più scarso, la "fotografia"
Negli ultimi trent’anni, le Forze Armate italiane e il nostro Esercito hanno subito una forte riduzione – dai circa 350.000 effettivi nel 1990 a meno di 200.000 nella fase post‑2000, con il passaggio a un modello volontario/professionale.
Un ridimensionamento, esteso anche a Carabinieri e Guardia di Finanza, frutto di scelte politiche degli scorsi anni ma anche imposto da tagli di natura economica, che ha portato a un assetto più snello, ma chiaramente vulnerabile in termini di numeri.
Uno stato dell'arte che ha portato polemiche non solo dettate dagli scenari geopolitici internazionali attuali, ma anche riguardo la sicurezza e i presidi sul territorio con l'ormai cronica mancanza di effettivi.
Scenari di crisi: guerre, crisi, emergenze
Certo, ora, prima con l'invasione della Russia in Ucraina poi con la situazione in Medio oriente, la situazione ha una sfaccettatura diversa, più complessa.
E l'evoluzione dei conflitti impone riflessioni a più ampio respiro, con un ripensamento forse inevitabile della nostra capacità difensiva.
Del resto, non senza polemiche, ormai da qualche tempo l'Unione Europea sta portando avanti un piano di riarmo condiviso tra tutti gli stati membri.
Tanto più che l’Italia, in virtù dei vincoli europei e della Nato, si trova in difficoltà non solo per la limitata disponibilità di personale, ma anche per le carenze in formazione specializzata.
Le possibili soluzioni sul tavolo
Un’idea che sta prendendo piede, sostenuta da alcuni analisti della Difesa, è quella di impiegare personale civile organizzato, sotto forma di contratti o collaborazione, per alcune funzioni di "back‑office": logistica, digitalizzazione, supporto medico, gestione delle emergenze.
Si tratterebbe comunque di personale proveniente dai ranghi degli ex militari per rinforzare la capacità di combattimento.
La Lega ad esempio spinge per questa soluzione. Mentre a far da contraltare il Pd ha proposto di attingere dai volontari della Croce Rossa, esclusivamente per scopi sanitari.
Insomma, due idee già ci sono e il Parlamento si trova ad affrontare un passaggio importante indispensabile nel rinforzo delle forze armate.
In ogni caso, le due proposte, seppur diverse presentano dei vantaggi: da una parte si sfrutterebbe un bacino di competenze civili già disponibili (ingegneri, informatici, sanitari), dall'altra si potrebbe arrivare a un potenziamento più rapido da realizzare rispetto alla ricostituzione di un esercito più numeroso, ad esempio con il ricorso alla mini naja (periodi di leva più brevi rispetto al passato), un'idea che periodicamente ritorna rilanciata soprattutto (e più volte negli ultimi 15 anni) dall'attuale presidente del Senato Ignazio La Russa.
I numeri, quante persone servirebbero
Calcolatrice e documenti della Difesa alla mano, si parla di 10mila "ausiliari" che dovrebbero essere richiamati in caso di emergenza nazionale.
Sui numeri e sulle necessità effettive, maggioranza e opposizione la pensano allo stesso modo.
I conti sono gli stessi. Ma come detto le opinioni si dividono quando si guarda alle soluzioni da mettere in campo.
Le idee di Lega, Fdi e Pf
La Lega (attraverso una proposta di legge del suo esponente Nino Minardo) pensa a ex militari che possano essere inseriti in un elenco di "riservisti" e dunque essere richiamati al servizio del Paese (soprattutto al controllo delle frontiere).

Il Ministro della Difesa Guido Crosetto pensa invece a ipotesi più strutturate e istituzionali, ad esempio lanciando nuovi bandi di reclutamento e formazione.

Ma su questo fronte il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti nicchia e non poco davanti all'eventualità di rimettere mano ai conti dello Stato per questa "partita".

Il Pd ha invece messo sul tavolo un progetto di legge con primo firmatario Stefano Graziano.

L'obiettivo sarebbe rinforzare la sanità di emergenza, quella militare, ma anche quella civile collegata alle calamità naturali.
Nel documento dei dem si legge:
"Si intende valorizzare le risorse umane e strumentali già presenti nel Corpo militare volontario della Croce Rossa. Sono le risorse prettamente militari, tra cui medici, infermieri, soccorritori militari e varie tipologie di automezzi e attrezzature sanitarie. In Italia operano circa 150.000 volontari della Croce Rossa italiana".