"Insensato che Meloni vada a votare ma non ritiri la scheda perché non sia conteggiata nel quorum"
La scelta della premier ha scatenato le critiche dell'opposizione. Schlein: "Meloni prende in giro gli italiani". Conte: "Messaggio vergognoso"

Nel giorno della Festa della Repubblica, la premier Giorgia Meloni ha annunciato che si recherà fisicamente alle urne per i referendum dell’8 e 9 giugno ma non ritirerà le schede. Una scelta che ha acceso un aspro dibattito politico e che viene letta dalle opposizioni come un invito all’astensione e, di fatto, un tentativo di sabotare il quorum necessario per rendere valido il voto.
La strategia di Meloni
“Vado a votare, ma non ritiro la scheda: è una delle opzioni”, ha dichiarato Meloni a margine delle celebrazioni del 2 giugno in via dei Fori Imperiali.
Secondo la normativa vigente, confermata anche dal Viminale nelle istruzioni ufficiali per le operazioni elettorali, chi si presenta al seggio ma rifiuta tutte le schede non è considerato votante. Questo significa che la premier, pur andando fisicamente al seggio, non inciderà sul quorum del 50% più uno degli aventi diritto, necessario per validare ciascun referendum abrogativo.
Una scelta legittima ma fortemente contestata
La presa di posizione della presidente del Consiglio ha generato critiche immediate e dure da parte delle forze di opposizione e dei promotori dei referendum, in particolare la CGIL.
Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, ha definito la scelta una "presa in giro agli italiani":
“Meloni prende in giro gli italiani dicendo 'vado a votare ma non voto'. Ha paura della partecipazione e di dire la verità: è contraria a contrastare la precarietà e migliorare la legge sulla cittadinanza. Invece di invitare all’astensione, avesse almeno il coraggio di andare a votare no”.

Sulla stessa linea il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte:
“È vergognoso che un messaggio del genere arrivi proprio il 2 giugno, giorno simbolo della Repubblica. Non sorprende: in quasi trent’anni non ha fatto nulla per tutelare chi lavora”.
Riccardo Magi, segretario di +Europa e promotore del quesito sulla cittadinanza, ha parlato di "messaggio agghiacciante":
“Che la premier mandi messaggi confusi che invitano all’astensione è sconvolgente, soprattutto in un giorno come il 2 giugno”.
Il leader della CGIL, Maurizio Landini, ha criticato la scelta, definendola “un atto irresponsabile”.

Anche Carlo Calenda, leader di Azione, ha espresso la sua posizione sulla scelta di Meloni.
“Meloni non ritira le schede? Che ci va a fare al seggio? Sono abbastanza onesto per poter dire tutti i governi, anche quello di cui facevo parte, hanno invitato all’astensione al referendum. Tuttavia penso che se sei eletto e sei in parlamento è giusto partecipare. Noi voteremo 4 no ai referendum della Cgil e sì a quello sulla cittadinanza”.
Cosa dice la legge
Dal punto di vista normativo, la decisione della premier è legittima. Il Ministero dell’Interno chiarisce che chi rifiuta tutte le schede non viene conteggiato come votante, quindi non contribuisce al quorum. Diverso è il caso in cui si ritirino le schede e poi si restituiscano bianche o annullate: in quel caso, l’elettore è conteggiato come votante, anche se la scheda risulta nulla.
“Da un punto di vista giuridico non ha senso andare al seggio per non votare. È come restare a casa. Capisco invece l’astensionismo selettivo, che può essere una forma di dissenso più mirata”, ha spiegato il costituzionalista Stefano Ceccanti, ex parlamentare PD.
Astensione come strumento politico
L’obiettivo politico della maggioranza, apertamente contrario ai quesiti referendari, è chiaro: non far raggiungere il quorum, così da rendere i referendum nulli. Anche altri esponenti del centrodestra, come il presidente del Senato Ignazio La Russa e il ministro degli Esteri Antonio Tajani, hanno espresso posizioni simili, parlando di “astensionismo politico”.
Fratelli d’Italia, per bocca del deputato Alfredo Antoniozzi, ha difeso la premier, ricordando che anche il centrosinistra nel 2022 invitò all’astensione nel referendum sulla giustizia:
“All’epoca nessuno disse niente. È una posizione politica legittima”.
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha aggiunto:
“L’astensione è una forma di partecipazione prevista dalla Costituzione. Non raggiungere il quorum è una scelta politica come le altre”.
I quesiti al centro del voto
L’8 e il 9 giugno gli italiani saranno chiamati ad esprimersi su cinque quesiti abrogativi, promossi in gran parte dalla CGIL, che riguardano:
- La responsabilità delle imprese in caso di infortuni sul lavoro;
- La possibilità di reintegro per i lavoratori licenziati illegittimamente;
- La reintroduzione delle causali nei contratti a tempo determinato;
- Le tutele nei licenziamenti nelle piccole imprese;
- La legge sulla cittadinanza (promosso da +Europa e altre sigle).
Il centrosinistra, con diverse sfumature, ha dichiarato il proprio sostegno almeno a parte dei quesiti. Il PD e il M5S voteranno “Sì” a tutti i referendum. Carlo Calenda (Azione) ha annunciato “4 No” e un “Sì” a quello sulla cittadinanza, mentre Matteo Renzi ha invitato i suoi a votare “Sì” solo sullo ius culturae, lasciando libertà di voto sugli altri.
Ma siamo in democrazia o nella Corea del Nord ?