IL QUADRO

Inchiesta sulla scalata Mps–Mediobanca: il Mef non è indagato

Al centro dell’indagine ci sono tre figure: Francesco Gaetano Caltagirone, Francesco Milleri e Luigi Lovaglio

Inchiesta sulla scalata Mps–Mediobanca: il Mef non è indagato

La maxi-operazione che ha portato Monte dei Paschi di Siena a conquistare Mediobanca – e, in prospettiva, ad avvicinarsi al controllo di Generali – continua a produrre scosse in Piazza Affari, nelle stanze della magistratura e ora anche in Parlamento.

L’inchiesta della Procura di Milano, che ipotizza un “concerto occulto” tra alcuni grandi azionisti italiani per pilotare l’operazione, sta rivelando un intreccio di interessi, contatti e presunte omissioni informative che gli inquirenti ritengono potenzialmente idonei a configurare i reati di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza.

Il quadro investigativo 

Al centro dell’indagine ci sono tre figure: Francesco Gaetano Caltagirone, imprenditore e storico azionista di peso di Mps, Mediobanca e Generali; Francesco Milleri, presidente di Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, e Luigi Lovaglio, amministratore delegato di Mps.

Secondo la Procura, Caltagirone e Delfin avrebbero agito in parallelo e con obiettivi convergenti fin dal 2019 per consolidare una posizione dominante nella finanza italiana, in particolare su Generali. L’operazione Mps-Mediobanca sarebbe il tassello decisivo di questa strategia.

Francesco Gaetano Caltagirone

Dalle intercettazioni – solo telefoniche tradizionali, precisano gli inquirenti – emergono dialoghi che sembrano confermare un coordinamento tra gli indagati. “Il vero ingegnere è stato lei, io ho eseguito solo l’incarico“, avrebbe detto Lovaglio a Caltagirone il 18 aprile 2025, conversazione che gli investigatori considerano “rivelatrice” dei ruoli all’interno del presunto concerto.

Lovaglio, che secondo la Procura non avrebbe agito nell’interesse di Mps né del Ministero dell’Economia, è indagato come “concorrente esterno”: un “facilitatore“, capace di fornire “un contributo causale” al progetto attribuito a Caltagirone e Milleri.

L’offerta su Mediobanca 

L’Offerta pubblica di scambio (Opas) lanciata da Mps su Mediobanca si è chiusa con oltre l’86% di adesioni. Ma ciò che interessa ai pm è soprattutto la sua formulazione iniziale, una operazione “carta contro carta” che dichiarava l’assenza di concerti tra soggetti coinvolti.

Una dichiarazione che per gli investigatori sarebbe stata falsa: il coordinamento tra Delfin e Caltagirone – insieme titolari del 35% di Mediobanca – costituiva infatti il requisito minimo per il successo dell’Opas. “Abbiamo il 35 in mano“, avrebbe detto Lovaglio a un manager, facendo intendere che il superamento della soglia fosse scontato.

Francesco Milleri

Per la Procura, la mancata dichiarazione di concertazione avrebbe avuto un secondo, cruciale effetto: evitare l’obbligo di Opa obbligatoria previsto quando un singolo soggetto supera determinate soglie rilevanti.

La cessione del 15% di Mps e il ruolo del Mef

Una parte significativa dell’indagine riguarda la dismissione del 15% del capitale Mps effettuata dal Ministero dell’Economia il 13 novembre 2024, a favore – tra gli altri – degli stessi Caltagirone e Delfin. La Procura definisce la procedura “opaca”, rilevando numerose “anomali e vistose” come l’assenza di reale apertura della procedura; la selezione di Banca Akros come intermediario, nonostante capacità finanziarie limitate e l’apparente predeterminazione dei destinatari.

Tuttavia, il Mef non è indagato. Non essendo una “gara pubblica”, la vendita di titoli da parte di un azionista – anche pubblico – non configura reato. Gli inquirenti riconoscono che il Ministero abbia avuto un ruolo “significativo” in un passaggio del presunto concerto, e che vi fosse “intenzione di veicolare” le quote verso determinati investitori italiani, ma si fermano qui: “Il governo non scala le banche, non ha interesse“, ripetono fonti giudiziarie.

conte schlein
Giuseppe Conte ed Elly Schlein

In Parlamento, però, le opposizioni chiedono chiarimenti al ministro Giancarlo Giorgetti: il sospetto politico è che il governo sapesse e abbia perlomeno agevolato la creazione del nucleo di investitori funzionale alla scalata. La segretaria dem Elly Schlein ha messo nel mirino, in particolare Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia.

“Il quadro che emerge dall’inchiesta in corso sull’operazione di Mps su Mediobanca conferma le gravi preoccupazioni che abbiamo espresso nei mesi scorsi, in particolare per il ruolo opaco del governo e del Mef. L’unico interventismo in economia lo ha dimostrato favorendo scalate di cordate considerate amiche, anziché far rispettare il corretto funzionamento delle regole di mercato. La magistratura farà il suo lavoro, ma Giorgetti venga subito a riferire in Aula per chiarire al Paese tutti gli aspetti di questa vicenda“.

Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, si è invece concentrato sulla premier Giorgia Meloni.

Sul “risiko bancario” attendiamo un chiarimento della Presidente Meloni. In un momento in cui il Paese si trova davanti a una Legge di bilancio povera e incapace di sostenere crescita, salari, imprese e famiglie, emergono due fatti estremamente rilevanti: l’inchiesta della procura di Milano sulla scalata Mps–Mediobanca, che coinvolge figure centrali del sistema finanziario italiano; la procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea sull’intervento del Governo nell’operazione UniCredit–Bpm”, scrive conte nel suo lungo post pubblicato sui social.

“Sul fronte Mps–Mediobanca, la vendita accelerata della quota pubblica da parte del Mef appare sempre più priva di una logica industriale e sempre più legata a dinamiche di potere. Un asset risanato con ingenti risorse dei cittadini sembra essere stato utilizzato come leva per facilitare l’avanzata di gruppi privati vicini all’Esecutivo verso Mediobanca – e, di riflesso, verso Generali – due pilastri del sistema finanziario nazionale”.

“La coincidenza temporale tra un’inchiesta giudiziaria e una procedura di infrazione Ue non è casuale: evidenzia un disegno complessivo in cui il Governo sembra aver inciso sul mercato bancario e finanziario ben oltre il perimetro delle proprie prerogative istituzionali. In un Paese in cui i salari reali diminuiscono, la produzione rallenta e la povertà cresce, è indispensabile che l’esercizio dei poteri pubblici avvenga nella massima trasparenza, nell’assoluta neutralità e nell’esclusivo interesse generale. Per questo continueremo a chiedere chiarimenti. La credibilità del nostro sistema istituzionale e finanziario passa da qui“.

Il nodo Generali e la “fase due”

Per gli investigatori, tutto conduce a un obiettivo finale: Assicurazioni Generali. Mediobanca è il principale azionista del Leone triestino, e il controllo di Piazzetta Cuccia permetterebbe ai soci coinvolti di influire in modo decisivo sulle scelte del gruppo assicurativo.

Generali è strategica fin dall’inizio“, avrebbe detto Lovaglio a Caltagirone in una telefonata del 5 maggio 2025. Una frase che, insieme ad altre, incrina la versione pubblica di Mps, spesso esitante nel definire l’importanza strategica della partecipazione.

Luigi Lovaglio

Il 21 agosto 2025 l’assemblea di Mediobanca boccia l’operazione difensiva su Banca Generali voluta da Alberto Nagel. Quel voto viene definito dagli investigatori “un passaggio rivelatorio“: Caltagirone vota contro, Delfin si astiene (voto che, in assemblea, equivale a un “no”). Per la Procura, quell’alto numero di voti contrari e astensioni fu possibile grazie a un “concerto assembleare” che dimostrò sul campo la forza del blocco Caltagirone-Delfin.

L’indagine riguarda anche alcuni acquisti di azioni Mediobanca da parte di Casse di previdenza vigilate pubblicamente. Perquisizioni e documenti mostrano “numerose anomalie formali”, tra cui assenza di delibere, mandati senza limiti e ricorso a intermediari di Paesi non collaborativi. Secondo la Gdf, quegli acquisti sembravano “finalizzati a sostenere” la scalata, influenzando il voto assembleare di agosto.

Consob e Bce informate in anticipo

Consob e Bce, riferiscono fonti giudiziarie, sono state informate tempestivamente della ricostruzione dei pm, attraverso una relazione consegnata poco prima dei sequestri del 27 novembre.

È una circostanza che ha fatto crescere l’attenzione politica sulla vicenda, con le opposizioni che chiedono conto dei possibili collegamenti non solo con Mps, ma anche con il Mef. Il governo respinge qualsiasi ipotesi di coinvolgimento o conoscenza preventiva.

Intanto Piazza Affari continua a reagire male. Il titolo Mps ha registrato un nuovo scivolone, segno che gli investitori guardano con crescente preoccupazione ai rischi regolamentari e reputazionali dell’operazione.