Fratelli d’Italia? No. Il Partito democratico? Nemmeno. C’è un terzo “partito” che ha ormai “rapito” gli italiani.
Ma non ha simboli, loghi o bandiere. E tantomeno rappresentanti istituzionali o dirigenti che appaiono in Tv o sono ospiti in radio.
Nel nostro Paese, senza differenze tra Nord e Sud, c’è ormai da qualche tempo un “partito” che si è insediato più che nel cuore, nella testa degli italiani.
Né Destra, né Sinistra, alle urne vince l’astensionismo
E’ il partito dell’astensionismo. Ormai non è più questione di bel tempo e gite fuori porta al mare o in montagna.
Era in quelle occasioni, dunque prevalentemente in primavera e in estate e per un certo periodo con particolare verificarsi nel Sud Italia, che in molti tra gli elettori preferivano disertare le urne.
Accadeva poi soprattutto per i referendum, ma alle Politiche, alle Regionali e alle Comunali, gli italiani davano grande prova di responsabilità e senso civico.
Ora invece ormai da tempo il fenomeno ha attecchito sempre di più.
Non è più questione di gite al mare o in montagna, di Nord e Sud o di referendum (l’ultimo di giugno aveva registrato poco più del 30% di votanti): il dato ormai inconfutabile è che gli italiani spesso e volentieri anche se non hanno nulla da fare, piuttosto che andare ai seggi, se ne stanno sul divano di casa.
Astensionismo in crescita: il voto che fatica a decollare
L’ultimo dato in ordine di tempo ha riguardato la Toscana.
La scarsa affluenza al voto, come del resto quella registrata nelle scorse settimane nelle Marche e in Calabria, non si può più considerare un fenomeno accidentale né esclusivamente locale.
Si tratta di riscontri che seguono dati deludenti nella partecipazione al voto che non sta più risparmiando alcuna tornata elettorale.
È piuttosto un segnale che dovrebbe portare a una riflessione di ampio respiro sul rapporto fra cittadini e democrazia.
I numeri parlano chiaro, la disaffezione a recarsi ai seggi
Del resto, i numeri parlano chiaro e non hanno bisogno di troppi commenti.
Proprio rimanendo alle recentissime consultazioni in Toscana, alle elezioni regionali del 12-13 ottobre 2025 l’affluenza definitiva si è fermata al 47,73%, in calo di circa 15 punti rispetto al dato del 2020 (62,61 %.
Storicamente, l’affluenza regionale alle elezioni regionali è passata dal 95,9 % del 1970 al minimo storico del 48,28 % nel 2015.
Poco prima, nelle Marche, a fine settembre, l’affluenza è stata del 50,01 %. Ma solo grazie a un “colpo di coda” nelle ultime ore di lunedì 29 perché alla chiusura dei seggi la domenica sera, la partecipazione era stata del 37%.
In Calabria, alle elezioni regionali del 5-6 ottobre l’affluenza definitiva è risultata 43,14 %.
Un dato in lieve calo rispetto al 44,36 % delle regionali del 2021. E anche in questo caso con una sorta di “rimonta” finale perché alle 23 della domenica si segnalava un’affluenza del 29,08 %.
E del resto, guardando alle ultime Politiche che hanno visto il trionfo di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, la considerazione è la stessa.

Nel 2018 l’affluenza nazionale ai seggi definitivi era stata del 72,9 %, mentre nel settembre 2022 è scesa al 63,9 % circa.
E arrivato il tempo di fare qualcosa?
E’ dunque ormai un dato di fatto e agli osservatori politici è chiaro che non ci si può limitarsi a registrare il fenomeno dell’astensionismo: bisogna agire concretamente per recuperare la partecipazione degli elettori e non disperdere l’entusiasmo di quei giovani che in queste ultime tornate elettorali hanno magari votato per la prima volta.
Ecco allora che giù nelle scorse si è tornato a parlare di alcune possibili soluzioni.
La più gettonata, ma non è certo detto che verrà portata avanti, è la modernizzazione delle modalità di voto.
Tradotto, il voto elettronico, ma anche il voto per corrispondenza.
O ancora, l’utilizzo più esteso di seggi mobili nei territori (per anziani, disabili, cittadini con mobilità ridotta).
Sono soluzioni che già oggi meritano forse di essere sperimentate e su cui si è tornati a riflettere.
Ma anche la modalità che concerne i giorni e gli orari appare forse ormai anacronistica. Ormai in molti ritengono che il voto su “due giornate” potrebbe aver avuto senso in epoche passate, ma oggi potrebbe essere rivisto o affiancato da modalità più flessibili.
La “riflessione della politica”, il “mea culpa” dei partiti
Ma anche all’interno dei partiti è chiaro che qualche riflessione necessiti di essere messa sul tavolo.
In particolare, da chi osserva come debba essere proposta una comunicazione politica più efficace accompagnata da una responsabilizzazione civica.
Nella fattispecie, non solo slogan, ma soluzioni concrete, meglio ancora se rapide, meno spazio ai temi internazionali, coinvolgimento dei cittadini, maggior conoscenza dei candidati con più tempo per iniziative da mettere in campo durante le campagne elettorali, ormai relegate allo spazio temporale di un mese.
In questa direzione, c’è chi sottolinea la necessità di una formazione civica continua: nelle scuole, nei media, nella vita pubblica: ricondurre al senso del voto come esercizio di responsabilità democratica, non solo come obbligo.
Le posizioni dei politici
La segretaria del Pd Elly Schlein, nonostante la vittoria, dopo dopo l’esito del voto in Toscana è intervenuta proprio sul tema astensionismo:

“La bassa affluenza è sempre un dato che guardiamo con attenzione e preoccupazione. Di sicuro noi continueremo nella nostra attività di allargare il campo”.
Sempre in Toscana il candidato del Centrodestra Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia ha lamentato il poco tempo avuto per girare nella Regione, parlare con la gente, proporre idee e iniziative.

Più o meno sulla stessa falsariga il commento di Massimiliano Simoni, Lega, fedelissimo del generale Vannacci:

“Evidentemente l’astensionismo non ha colpito la sinistra. E poi non puoi candidare un Tomasi solo 30 giorni prima del voto, per sfidare un Giani che sono quattro anni che è in campagna elettorale. Si doveva lanciare il candidato ben prima, almeno due anni fa”.