Dopo due giorni di mobilitazioni e occupazioni negli stabilimenti dell’ex Ilva, si allenta la tensione: i blocchi a Genova e Taranto sono stati rimossi. La decisione è arrivata nella serata di ieri – giovedì 20 novembre 2025 -, dopo la convocazione da parte del governo di un incontro per il 28 novembre, richiesto da tempo dai sindacati per discutere il futuro degli impianti.
Varato nuovo decreto-legge “salva-Ilva”
Nel frattempo, il Consiglio dei ministri ha varato un nuovo decreto-legge “salva-Ilva”, con l’obiettivo di garantire la continuità operativa degli impianti dell’ex Ilva.
Il provvedimento autorizza Acciaierie d’Italia, in amministrazione straordinaria, a utilizzare 108 milioni di euro residui del finanziamento ponte fino a febbraio 2026. Previsti anche 20 milioni aggiuntivi per coprire fino al 75% del trattamento di cassa integrazione straordinaria.
Salvini: “Vorrei acciaio italiano”
Le decisioni del governo hanno scatenato una forte ondata di reazioni politiche. La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha definito la situazione “un punto critico” chiedendo che “Giorgia Meloni assuma direttamente la guida del dossier” e che “il ministro Urso faccia un passo indietro”.

Il ministro Matteo Salvini ha rivendicato la necessità di “acciaio italiano”.
“È giusto che lo Stato sia protagonista – ha aggiunto Salvini -. Io non faccio il ministro dell’Economia o delle Imprese, ma da ministro delle Infrastrutture ho bisogno di acciaio e preferirei che fosse acciaio italiano”.

Il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ha attaccato duramente dichiarando che “il lavoro fatto dal ministro Urso sta portando l’Ilva alla chiusura”.
Matteo Renzi ha parlato di “fallimento del governo Meloni” arrivando a chiedere “le dimissioni del ministro Urso”. Il leader di Azione Carlo Calenda ha avvertito:
“Ilva così chiude in pochi mesi. Ho gestito quel dossier portandolo alla migliore soluzione possibile – contratto blindato con il primo produttore di acciaio al mondo – operazione fatta saltare dal Conte 2 per compiacere la Lezzi. Conte prima minacciò la madre di tutte le cause contro Mittal e poi ci fece una società insieme senza alcun vincolo su impegni e investimenti. L’ultima mazzata è arrivata da Urso che dopo aver fatto dieci comunicati trionfali su fantomatici investitori la sta abbandonando a se stessa. Perdere così il primo impianto industriale del Sud è una follia. Sono pronto a dare una mano a gestire un dossier sul quale ho passato due anni se il Governo lo ritiene utile. Perdere quell’asset sarebbe un disastro per l’interesse nazionale”.
ILVA così chiude in pochi mesi. Ho gestito quel dossier portandolo alla migliore soluzione possibile – contratto blindato con il primo produttore di acciaio al mondo – operazione fatta saltare dal Conte 2 per compiacere la Lezzi. Conte prima minaccio’ la madre di tutte le cause…
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) November 20, 2025
Anche la Cisl ha manifestato preoccupazione. La segretaria generale Daniela Fumarola ha dichiarato:
“Quello che stiamo cogliendo è che non c’è una prospettiva concreta”.
Dal territorio si fa sentire la voce del sindaco di Taranto Piero Bitetti, che ha affermato:
“Non saremo disponibili ad accettare una macelleria sociale. Ho scritto direttamente al presidente del Consiglio Meloni invitandola a Taranto, noi abbiamo bisogno di verità”.
Verso il 28 novembre: attesa e speranza
Il confronto decisivo, come detto, si terrà il 28 novembre, con la presenza delle organizzazioni sindacali e delle Regioni coinvolte. I sindacati chiedono che l’incontro si tenga a Palazzo Chigi, con un cambio di passo rispetto alle proposte finora avanzate.