Forfait di Meloni

Emergenza climatica: i grandi del mondo domani in Brasile per parlare di Ambiente

Clima, finanza e geopolitica: a Belém si decide il futuro dell’Accordo di Parigi tra l’assenza di Trump e l’ascesa di Xi, Pechino intende presentarsi come nuovo leader della diplomazia climatica

Emergenza climatica: i grandi del mondo domani in Brasile per parlare di Ambiente

La COP30, la trentesima Conference of the Parties della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), si terrà dal 10 al 21 novembre 2025 a Belém, in Brasile.

 

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Per la prima volta nella storia, il summit sul clima si svolgerà nel cuore dell’Amazzonia, una scelta dal forte valore simbolico: la regione rappresenta uno dei principali polmoni verdi del pianeta, ma anche uno degli ecosistemi più fragili e minacciati.

L’appuntamento coincide con il decimo anniversario dell’Accordo di Parigi del 2015, che fissò l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura globale entro i 2°C — possibilmente 1,5°C — rispetto ai livelli preindustriali.

Un contesto geopolitico incerto

La COP30 si apre in un clima internazionale complesso. Il mondo è attraversato da tensioni politiche ed economiche, dai conflitti in Ucraina e in Medio Oriente al ritorno del negazionismo climatico negli Stati Uniti.

La rielezione di Donald Trump ha segnato un cambio di rotta: Washington si è nuovamente ritirata dagli Accordi di Parigi e non invierà nessun rappresentante di alto livello in Brasile. Una decisione che rischia di indebolire l’impegno globale nella lotta al cambiamento climatico.

Le assenze e le presenze dei leader

Secondo le stime, saranno meno di 60 i leader mondiali a partecipare al vertice dei capi di Stato e di governo del 6 e 7 novembre — in calo rispetto ai 75 dell’edizione precedente.

Fra i grandi assenti figurano Giorgia Meloni, sostituita dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, e il presidente cinese Xi Jinping, che invierà comunque una delegazione guidata dal vicepremier Din Xuexiang.

Xi Jinping
Xi Jinping

Non mancheranno invece Emmanuel Macron, Friedrich Merz (cancelliere tedesco), Keir Starmer (premier britannico), accompagnato dal principe William, e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

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Ursula von der Leyen

A fare gli onori di casa sarà il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva.

Le difficoltà organizzative

Belém non è abituata a ospitare eventi di tale portata, e le carenze logistiche stanno creando non pochi problemi. Secondo il Sole 24 Ore Radiocor, i prezzi elevati degli alloggi avrebbero scoraggiato la partecipazione di diverse delegazioni. Per ovviare alle difficoltà, il governo brasiliano ha offerto cabine gratuite su navi da crociera ai rappresentanti dei Paesi più poveri. Lula ha riconosciuto le difficoltà ma ha ribadito il senso profondo della scelta:

“Non sarà la Cop del lusso, ma la Cop della verità. Abbiamo accettato la sfida per mostrare al mondo cos’è davvero l’Amazzonia”.

 

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Cosa si è deciso alla COP29

Il vertice di Belém riprenderà i negoziati lasciati in sospeso alla COP29 di Baku, in Azerbaigian. In quell’occasione i Paesi industrializzati si erano impegnati a stanziare 300 miliardi di dollari l’anno fino al 2035 per sostenere il cosiddetto “Sud globale” nella transizione ecologica.

È stato inoltre approvato il regolamento per il mercato internazionale delle emissioni di carbonio, previsto dall’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, che consentirà di compensare le emissioni tra diversi Paesi attraverso progetti di riforestazione o impianti di energie rinnovabili.

I temi sul tavolo a Belém

La COP30 sarà cruciale per valutare i nuovi Piani nazionali di riduzione delle emissioni (NDC) aggiornati al 2035.

Tre i pilastri principali:

  • Mitigazione, con l’obiettivo di accelerare la riduzione delle emissioni globali.
  • Adattamento, con il monitoraggio dei progressi verso il Global Goal on Adaptation e la presentazione dei nuovi Piani nazionali di adattamento.
  • Finanza climatica, con l’attuazione della Roadmap Baku–Belém, che punta a raggiungere 1.300 miliardi di dollari all’anno di fondi per il clima entro il 2035.

L’Europa tra ambizione e divisioni

Per l’Unione europea, la COP30 rappresenta un test decisivo. Bruxelles ha confermato l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, ma deve ancora definire i target intermedi al 2035 e 2040.

I ministri europei sono tuttora divisi sul nuovo piano di riduzione delle emissioni del -90% entro il 2040, segno delle difficoltà interne a mantenere coesa la strategia del Green Deal. L’Europa, tuttavia, resta una delle aree con le politiche più avanzate in materia ambientale e intende giocare un ruolo guida nei negoziati di Belém.

Gli Stati Uniti che si sfilano, la Cina che avanza

L’assenza di Washington apre un vuoto politico che la Cina sembra pronta a colmare. Pur non partecipando al vertice con Xi Jinping, Pechino intende presentarsi come nuovo leader della diplomazia climatica.

Trump e Xi

Dopo aver consolidato il controllo sulle filiere delle materie prime e delle tecnologie pulite, la Repubblica Popolare punta a sfruttare la ritirata americana per rafforzare la propria influenza nelle politiche ambientali globali.

Il ruolo del Brasile

A presiedere la conferenza sarà André Corrêa do Lago, economista e diplomatico brasiliano. Lula intende utilizzare la COP30 per rilanciare l’immagine del Brasile come custode dell’Amazzonia e promotore di una “giustizia climatica globale”, capace di conciliare sviluppo economico e tutela ambientale.

Uno sguardo al futuro: la COP31

Mentre Belém si prepara ad accogliere migliaia di delegati, è già partita la corsa per ospitare la COP31 del 2026. In lizza ci sono Australia e Turchia: il premier australiano Anthony Albanese sta cercando di convincere Ankara a ritirare la candidatura, puntando su Adelaide come sede del prossimo summit.

Ma dovrà fare i conti con l’impegno ambientalista della first lady turca Emine Erdoğan, da anni attiva nelle campagne ecologiche del Paese.

Tra speranze e sfide

La COP30 di Belém sarà un banco di prova per la cooperazione internazionale sul clima. Dieci anni dopo Parigi, il mondo è ancora lontano dagli obiettivi fissati, ma resta una finestra di opportunità per correggere la rotta.

Come ricorda la climatologa Serena Giacomin, “i modelli mostrano che con politiche climatiche allineate all’Accordo di Parigi si potrebbe limitare il riscaldamento a 1,8 gradi. Non è la perfezione, ma è un traguardo da salvaguardare”.