In Parlamento

Primo sì in Commissione alla depenalizzazione della coltivazione domestica della cannabis

Dopo la Commissione Giustizia, il vero banco di prova sarà la discussione della Proposta di legge in aula.

Primo sì in Commissione alla depenalizzazione della coltivazione domestica della cannabis
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La Commissione Giustizia della Camera ha pronunciato il primo sì al testo Magi-Licantini sulla depenalizzazione della coltivazione domestica della cannabis: la proposta di legge stabilisce anche un limite di quattro piante.

Depenalizzazione della coltivazione domestica della cannabis: primo sì

Il presidente della Commissione Giustizia e relatore del testo, Mario Perantoni (M5s), ha spiegato che la misura è volta a tagliare le gambe alla criminalità organizzata e alla rete dello spaccio, però alleggerisce al tempo stesso anche le pene detentive proprio per lo spaccio di lieve entità di cannabis (dagli attuali 4 anni a due anni e due mesi), fatta eccezione per la cessione di sostanze stupefacenti a minori da parte di adulti.

Lo step decisivo sarà la discussione in Aula prevista per venerdì 24, anche se Salvini ha già fatto capire che la Lega (da oggi primo partito nell'emiciclo, dopo la scissione dei 5 Stelle) si metterà di traverso:

"Con tutti i problemi che hanno gli italiani, ci sono parlamentari che pensano alle canne... Ma basta!"

Dal referendum bocciato al Parlamento

La depenalizzazione della coltivazione domestica di cannabis in Commissione Giustizia era ferma da tempo. La proposta di legge era stata depositata già nel 2019 da Riccardo Magi, presidente di Più Europa e primo firmatario.

Poi però era arrivata la proposta di indire un referendum sullo stesso tema per sbloccare la situazione. Pochi mesi fa la bocciatura dalla Corte Costituzionale, che aveva reputato il testo inammissibile (si sarebbe votato due domeniche fa insieme ai referendum sulla Giustizia proposti dalla lega e rivelatisi un flop).

Ad affossare il referendum sulla depenalizzazione della coltivazione della cannabis, nonostante le migliaia di firme raccolte (600mila), era stato un pronunciamento della Corte Costituzionale, che, come spiegato dal presidente Giuliano Amato, aveva parlato di un testo mal formulato.

Una posizione duramente contestata da Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni, che aveva rispedito al mittente la sentenza d'inammissibilità della Consulta, ma soprattutto l'accusa implicita di incapacità tecnica del Comitato promotore nello scrivere un quesito referendario corretto:

"No, Pres. Amato: i nostri #referendum NON avrebbero consentito di uccidere chi è "un po' ubriaco" (resta omicidio), NON avrebbero legalizzato altre droghe (solo "piante"), NON avrebbero avuto titoli fuorvianti sulla scheda".

Ma diversi analisti sono convinti che il messaggio della Corte Costituzione insito nella dichiarazione di inammissibilità del referendum sia stato quello di spingere il Parlamento a fare una legge sul tema.

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