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Cosa dice la cosiddetta "legge bavaglio" per i giornalisti a proposito delle ordinanze cautelari

Il via libera dal Decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri

Cosa dice la cosiddetta "legge bavaglio" per i giornalisti a proposito delle ordinanze cautelari
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Legge bavaglio, dopo tante polemiche ecco il via libera dal Governo. Il Consiglio dei ministri ha infatti approvato il decreto legislativo che vieta di pubblicare le ordinanze cautelari e atri atti delle indagini che non sono coperti da segreto (immagine di copertina creata con l'ausilio dell'intelligenza artificiale).

La sala del Consiglio dei Ministri

Non aumenteranno invece le multe per chi pubblicherà lo stesso questi documenti.

Il decreto darà concreta attuazione a una legge approvata ormai un anno fa.

La prima proposta di "bavaglio" e cosa succede ora

Il cosiddetto ‘bavaglio' era stato proposto già lo scorso anno dal deputato di Azione Enrico Costa, poi passato a Forza Italia.

Enrico Costa, ex Azione ora in FI
Enrico Costa, ex Azione ora in FI

Dunque in concreto cosa succederà?

Sui giornali non potrà più apparire - fedelmente riprodotto - il contenuto testuale delle ordinanze di custodia cautelare, cioè quegli atti con cui i giudici motivano misure come gli arresti domiciliari o la custodia cautelare in carcere.

Insomma, niente copia-incolla: ciò non toglie che i giornalisti potranno comunque continuare a far sintesi rispetto al contenuto delle ordinanze, in forma indiretta.

Ma c'è di più. L'Esecutivo ha recepito alcune richieste delle commissioni parlamentari: ecco allora che nel decreto sono incluse anche le ordinanze per misure cautelari meno pesanti, come ad esempio l'obbligo o il divieto di dimora o l'obbligo di firma.

Sono state invece escluse le ordinanze per i sequestri.

Cosa era accaduto nel 2017

La tematica non è certo nuova nelle dinamiche politico-giornalistiche e giudiziarie del nostro Paese.

La considerazione di fondo e oggettiva è che si tratta di documenti che non sono "tecnicamente" coperti da segreto investigativo, perché sono noti evidentemente alla Procura così come alla persona indagata e alla sua difesa.

Eppure un passaggio importante c'era stato nel 2017, quando la riforma Orlando (Andrea Orlando era l'allora ministro di Grazia e Giustizia) aveva chiarito la situazione specificando che queste ordinanze erano atti pubblici, e quindi non era vietato pubblicarle, anche per intero.

Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia
Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia

Ora, a distanza di quasi otto anni, quella che da molti viene "bollata" come una totale retromarcia con il divieto di pubblicare integralmente o parzialmente questi documenti.

Bavaglio completo? No, ecco la "scorciatoia"

Non sarà però di fatto un atto di censura totale.

Come dicevamo, sarà infatti possibile rendere noto il contenuto delle ordinanze, dunque sintetizzare o rielaborare le informazioni inserite dai giudici.

Certo, con qualche rischio da parte di chi scrive gli articoli di riportare correttamente quelle informazioni, in buona sostanza avere contezza di ciò che si "affronta" giornalisticamente e naturalmente una buona dose di preparazione sui termini e sulle dinamiche giuridico-processuali.

Vale la pena ricordare che il "bavaglio" resterà attivo fino alla fine dell'udienza preliminare (o comunque, fino al termine delle indagini).

Fino a quando dunque un giudice avrà deciso di andare a processo (e a quel punto non ci sarà più "bavaglio" che tenga), oppure se la questione sarà stata archiviata.

Cosa succede a chi non rispetta il "bavaglio"

E per i "furbetti del bavaglio" cosa è previsto?

Chi non rispetta le nuove previsioni rischia una multa per il reato di pubblicazione arbitraria di atti.

La sanzione va fino a circa 260 euro.

Nelle commissioni dalla maggioranza era stato chiesto di alzare l'importo della multa: addirittura oltre i 50mila euro soprattutto per gli editori dei giornali più soliti a queste pubblicazioni.

Ma su questo però il Governo ha deciso di non forzare la mano temendo forse anche un intervento del Quirinale.

I commenti a caldo

Critico il Movimento 5 Stelle attraverso una nota dei parlamentari che fanno parte delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato. Il documento è stato firmato da Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero De Raho, Valentina D’Orso, Carla Giuliano, Ada Lopreiato e Roberto Scarpinato:

Stefania Ascari del Movimento 5 Stelle
Stefania Ascari del Movimento 5 Stelle

"Dopo una corsa lunga mesi, taglia il traguardo il bavaglio imposto alla libertà di stampa, al diritto di cronaca e soprattutto al diritto dei cittadini a conoscere i fatti. Il primo timore del governo e di chi lo sostiene è che le persone comuni vengano a sapere delle malefatte dei potenti, facendo perdere loro consenso politico".

Decisamente critico anche Sandro Ruotolo europarlamentare del Partito Democratico e responsabile Informazione nella segreteria dem:

Sandro Ruotolo, europarlamentare del Pd

"La libertà di stampa è a rischio, democrazia arretra. Quando la stampa non è più libera, quando non può più dare le notizie, vuol dire che c’è la censura e che la nostra democrazia arretra e rischia di diventare una democratura, una democrazia illiberale. Per questo motivo il Partito Democratico è dalla parte dei giornalisti e delle associazioni di categoria della Stampa che protestano contro l’approvazione del decreto che vieta la pubblicazione degli atti giudiziari depositati".

E ancora:

"E' un colpo alla cronaca giudiziaria che protegge delinquenti e colletti bianchi. Una legge contro la stampa, l’ennesima dimostrazione di un governo di estrema destra che restringe le libertà di ognuno di noi ed evita di dare risposte alla crisi economica e sociale che attraversa il Paese. Un Governo che incolpa i poveri di essere poveri e che reprime il dissenso e cerca di silenziare l’opposizione".

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