Odio social

Chiesto il rinvio a giudizio per dodici persone che hanno insultato Liliana Segre

Per fatti del 2022. Intanto ancora in questi giorni sotto assalto da parte degli haters per il film sulla sua vita

Chiesto il rinvio a giudizio per dodici persone che hanno insultato Liliana Segre
Pubblicato:

La Procura di Milano ha concluso le indagini nei confronti di 12 persone accusate di diffamazione e istigazione all’odio razziale contro la senatrice a vita Liliana Segre. Ora si attende la decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio. L'inchiesta ruota attorno a una serie di insulti e minacce ricevuti dalla senatrice, in particolare attraverso i social network. Le indagini sono state coordinate dal pubblico ministero Nicola Rossato, con il supporto del procuratore Marcello Viola.

Parallelamente, per altre 17 persone – tra cui lo chef Rubio (nome d’arte di Gabriele Rubini) – la procura ha richiesto l’archiviazione.

Ma la scia di insulti di stampo antisemita non si arresta. In occasione del film che racconta la travagliata vita di Segre, sopravvissuta alle deportazioni, si è scatenata un'altra inquietante nuova ondata di odio social.

Liliana Segre

Insulti a Segre nel 2022: rinvio a giudizio per 12 persone

L’indagine è nata da 24 denunce presentate da Liliana Segre ai carabinieri di Milano, per messaggi online che contenevano insulti, minacce e auguri di morte, spesso con contenuti di carattere antisemita. Tra i denunciati figurava anche chef Rubio, che nell’aprile 2022 aveva attaccato pubblicamente la senatrice accusandola di “silenzio sistematico” rispetto a quella che definiva “pulizia etnica” contro i palestinesi da parte dello Stato di Israele.

Secondo il pm Nicola Rossato, le parole di Rubini, per quanto critiche e potenzialmente diffamatorie, rientravano nell’esercizio del diritto di critica, essendo parte di un legittimo dibattito pubblico. Di conseguenza, per lui e gli altri 16 indagati per cui è stata chiesta l’archiviazione, i messaggi non sono stati ritenuti penalmente rilevanti.

Nuove ondate di odio

Nonostante le azioni legali, l’odio nei confronti di Liliana Segre continua. Recentemente, il trailer del documentario "Liliana", diretto da Ruggero Gabbai e distribuito da Lucky Red, ha scatenato un’altra ondata di commenti offensivi e antisemiti sui social. Il documentario racconta la vita della senatrice: dall’arresto e la deportazione nei campi di concentramento, dove perse il padre, al suo impegno per tramandare alle nuove generazioni i valori di libertà e uguaglianza.

Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, il film ha commosso il pubblico, ricevendo numerosi applausi. Tuttavia, sotto i post promozionali del trailer, sono comparsi oltre 600 commenti, molti dei quali caratterizzati da contenuti pesanti e discriminatori.

Reazioni delle istituzioni

Gli haters non sono passati inosservati. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha espresso “sdegno e ferma condanna” per le offese antisemite rivolte alla senatrice, mentre il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, ha stigmatizzato queste “parole inqualificabili” che offendono non solo Segre, ma anche i valori fondamentali della democrazia italiana. Anche il Partito Democratico ha condannato con forza gli episodi di odio.

Il figlio: "Non si fa intimidire, è solo stanca"

Luciano Belli Paci, figlio di Liliana Segre, ha voluto rassicurare sull’impatto delle minacce e degli insulti ricevuti dalla madre. “Non si è fatta intimidire dagli haters,” ha dichiarato, spiegando che la senatrice ha scelto di ridurre gli impegni pubblici per motivi legati all’età e alla stanchezza, e non per paura.

Segre ha infatti deciso di diradare le apparizioni pubbliche, partecipando solo a eventi selezionati, come la cerimonia del 28 gennaio 2025 al Quirinale e l’appuntamento con la comunità di Sant’Egidio a Milano il 6 febbraio 2025.

Riguardo ai commenti offensivi legati al documentario, Belli Paci ha sottolineato:

“Valuteremo se presentare una querela, ma la quantità di insulti è enorme, un vero diluvio, con centinaia di commenti in tutta Italia. Faremo un’analisi con il nostro avvocato per identificare i casi più gravi.”

Commenti
Lascia il tuo pensiero

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Seguici sui nostri canali