Se sulla questione venisse interpellato Massimo D’Alema sapremmo (già forse) quale sarebbe la sua risposta:
“Ah, se fossimo un Paese normale…”.
Eh sì, perché ormai sul caso Garofani iniziano a pensarlo e dirlo un po’ tutti nemmeno troppo a bassa voce:
“In un Paese normale il consigliere del Quirinale si sarebbe già dimesso”.
La cena in terrazza, lo “scossone” al Governo: una storia tutta italiana
La vicenda è ormai nota (quasi) a tutti anche per la clamorosa eco e il polverone di polemiche che ne è seguito.
Con sullo sfondo anche la location che ha ospitato il tutto che già basterebbe a regalare suggestioni.
Quella Terrazza Borromini, con vista su piazza Navona, così amata dalla Roma (e non solo) che conta e resa ulteriormente celebre dal film La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino.

E’ lì durante che si è tenuta una cena (o apericena) tra amici, romanisti, legati da rapporti che vanno dalla politica all’economia.
Una cena appunto tra “romanisti” perché l’occasione era ricordare l’anniversario della morte di Agostino Di Bartolomei (storico capitano della Roma di metà anni ’80, l’evento conviviale è stato organizzato dal figlio) e mettere in calendario qualche possibile iniziativa in sua memoria.

Ma, come sappiamo, tra uno spritz e uno stuzzichino, si è andato oltre.
Alla cena in memoria del campione il ribaltone al Governo
Come ormai altrettanto noto, tra gli invitati, c’era Francesco Saverio Garofani, consigliere del Quirinale e segretario del Consiglio supremo di Difesa, ex parlamentare dem per tre legislature.

Ecco allora che dopo il ricordo di Di Bartolomei e qualche idea messa sul tavolo per celebrarlo a distanza di anni, secondo le ricostruzioni nel corso della cena ci sarebbero stati ragionamenti “politici” affacciati su scenari istituzionali.
Su tutti l’ormai famoso “scossone” al Governo e poi le alchimie per la formazione e la messa in rampa di lancio di una grande lista civica nazionale per arginare Giorgia Meloni.
Uno scenario riportato non senza polemiche creando un vero e proprio caso nazionale dal quotidiano La Verità diretto da Maurizio Belpietro.

E pochi giorni dopo, una mail anonima è stata indirizzata ad altri giornali con citazioni attribuite a Garofani, riportando quasi parola per parola il testo precedentemente pubblicato da La Verità.
Il mittente della mail era un misterioso “Mario Rossi”, un personaggio chiaramente di fantasia, alimentando sospetti su chi potesse aver registrato le frasi o comunque aver “tradito” Garofani.

