Caso Almasri, richiesta di giudizio per Piantedosi e Nordio, Meloni archiviata
Era informata, ma è difficile stabilire il ruolo. La premier: "Decisioni concordate, dovrei essere la prima"

Dopo mesi di indagini, il Tribunale dei Ministri di Roma ha deciso di trasmettere al Parlamento una richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di tre alti esponenti dell’esecutivo. L’accusa riguarda la mancata consegna del generale libico Nijem Osama Almasri alla Corte Penale Internazionale (CPI) dell’Aja, nonostante fosse ricercato per crimini contro l’umanità.
I nomi coinvolti e le accuse
Gli esponenti del governo coinvolti nell’inchiesta sono il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario con delega ai servizi segreti Alfredo Mantovano. Al centro del caso, un episodio avvenuto nel gennaio 2025, quando Almasri – fermato a Torino – fu riconsegnato alla Libia con un volo di Stato, anziché essere estradato verso l’Aja.

Le accuse che pesano su Piantedosi, Nordio e Mantovano sono peculato (per l'uso dell’aereo di Stato), favoreggiamento e omissione di atti d’ufficio.

Il proscioglimento della premier
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, inizialmente indagata insieme ai tre, è stata formalmente prosciolta. Il decreto del Tribunale dei Ministri, notificato alla premier, ha chiarito che non ci sono elementi sufficienti per affermare con certezza il suo coinvolgimento diretto nelle decisioni contestate.
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Determinante per l’archiviazione della sua posizione è stata la testimonianza del direttore dell’intelligence Giovanni Caravelli. Secondo Caravelli, Meloni “era stata sicuramente informata” dell’accaduto, ma non esistono prove concrete che abbia partecipato attivamente alla decisione. Lo stesso Caravelli ha precisato che la sua valutazione si basava su “indicazioni ricevute da Mantovano”, senza però fornire chiarimenti su quali fossero tali indicazioni.
Anche il fatto che il governo libico abbia ringraziato ufficialmente Meloni per la restituzione di Almasri è stato ritenuto irrilevante dai giudici, in quanto "nel linguaggio protocollare" simili ringraziamenti sono indirizzati sempre al capo del governo, indipendentemente dal suo coinvolgimento diretto.
La conclusione dei giudici è netta: gli elementi indiziari non raggiungono un livello di gravità tale da provare che Meloni abbia condiviso e rafforzato un “proposito criminoso”.
Per gli altri indagati si profila l'incriminazione
Diverso il destino per Piantedosi, Nordio e Mantovano. Il Tribunale dei Ministri sembra orientato a procedere contro di loro, ritenendo sussistenti le condizioni per contestare un vero e proprio intento criminoso. Il provvedimento è stato trasmesso alla Procura di Roma, che avrà ora il compito di chiedere al Parlamento l’autorizzazione a procedere.
L’iter parlamentare si preannuncia lungo e politicamente delicato, poiché mette al centro temi sensibili come i rapporti internazionali, il rispetto dei diritti umani e la sicurezza nazionale.
Secondo indiscrezioni precedenti, si pensava che solo Nordio potesse essere coinvolto in una possibile richiesta di processo, con l’archiviazione per gli altri. Lo scenario attuale smentisce quelle previsioni e rappresenta una vera e propria svolta.
La reazione di Giorgia Meloni
Meloni ha affidato ai social la sua reazione, definendo la decisione del Tribunale dei Ministri “assurda”. La premier ha evidenziato come tutte le decisioni del governo, anche le più delicate, siano sempre state concordate e condivise, sottolineando che un’eventuale incriminazione di alcuni ministri non può prescindere dal suo coinvolgimento politico e istituzionale:
“Questo governo agisce in modo coeso sotto la mia guida: ogni scelta, soprattutto così importante, è concordata. È quindi assurdo chiedere che vadano a giudizio Piantedosi, Nordio e Mantovano, e non anche io, prima di loro”.
Meloni ha aggiunto che, quando il Parlamento sarà chiamato a votare sull'autorizzazione a procedere, siederà a fianco dei suoi ministri, a sostegno della loro posizione.
Primi commenti politici
Dal Ministero dell’Interno, al momento, non trapelano dichiarazioni ufficiali. Fonti vicine al Viminale precisano soltanto che non è ancora giunta alcuna notifica formale nei confronti di Matteo Piantedosi.
Più esplicito, invece, il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, che ha espresso solidarietà a Meloni attraverso Instagram:
“Avanti insieme a testa alta, non ci fermeranno. Alla faccia dei ‘non ricordo’ degli smemorati Conte e Toninelli sugli sbarchi dei clandestini...”.
Dall'opposizione attacca Magi, di +Europa: “Meloni rivendica la liberazione di un torturatore e stupratore”. Mentre il verde Bonelli chiede: “Rinunciate all'immunità”.
Francesco Boccia, capogruppo PD, ha attaccato:
“Meloni è soddisfatta di aver fatto scarcerare un criminale e un torturatore. La responsabilità politica resta tutta sua”.