C’eravamo tanto amati. E ora cosa accadrà? Nel futuro prossimo chissà, ci sarà una convivenza forzata, un addio o addirittura una sfida senza esclusioni di colpi per guidare il Movimento?
Quel che è certo è che le indiscrezioni dei giorni scorsi alla fine hanno avuto conferma e Chiara Appendino, si è dimessa dalla carica di vicepresidente del M5S.
La decisione dell’ex sindaco di Torino (ora parlamentare) nel pieno del Consiglio nazionale tenutosi in streaming, segna un punto di rottura nel fragile equilibrio interno dei pentastellati.
In molti tra i 5S contestano ad Appendino tempi e modi: a un mese esatto dalle regionali in Campania (23-24 novembre) — dove il candidato del campo largo Roberto Fico è espressione del Movimento — la mossa ha sollevato un polverone di polemiche.

Lo strappo di Appendino, il contesto del dissenso verso il “capo”
Nel dibattito interno al M5S, uno dei nodi ricorrenti è la relazione con il Partito Democratico.
Appendino, nelle sue critiche pubbliche e interne, non ha attaccato tanto l’idea dell’alleanza, quanto la posizione del Movimento in essa: troppo subalterna, poco autonoma.
In estrema sintesi, Appendino lo ha detto e lo ha fatto capire coi fatti, ma in molti in fondo lo pensano, il “campo largo” e il Pd sono percepiti più come una zavorra che come opportunità, nonostante appunto la possibilità che si è concretizzata con la candidatura di Roberto Fico.
In queste ultime settimane però il deludente risultato alle Regionali in Toscana (5 % circa), e ancor prima nelle Marche e in Calabria, e la percezione che il consenso grillino venga “dissolto” da scelte che avvantaggiano il Pd più del M5S hanno visto accrescere il malessere di Appendino e di altri.
Da qui lo strappo verso il presidente Giuseppe Conte.
Appendino chi? L’accusa di irriconoscenza del Movimento
Ma c’è anche chi davanti ai mal di pancia dell’ex primo cittadino del capoluogo piemontese non sta certo nascondendo a sua volta il proprio malcontento.
Ecco perché durante il Consiglio nazionale Appendino sarebbe stata di fatto messa “sotto processo” dal gruppo di “contiani” che continuano a manifestare la loro fedeltà all’ex premier.
Anche durante il Consiglio, la linea critica dell’ormai ex vicepresidente è stata chiara, ponendo sul tavolo alcuni quesiti per cercare di aprire un dibattito interno: chi decide le alleanze? chi decide la linea della leadership? Ma non solo. Pare che Appendino abbia lamentato che spesso di fronte agli insuccessi (a volte veri e propri flop) non si apra mai una disamina oggettiva, ma la conclusione sia praticamente sempre una sorta di “autoassoluzione” di chi guida il Movimento.
Ma a far da contraltare ci sono le riflessioni dei “contiani”. In prima fila, Paola Taverna.

Di chi replica che senza Grillo prima e Conte poi, “Chiara Appendino sarebbe una perfetta sconosciuta”. Che invece è stata prima sindaco di un’importante città del nord ovest, poi parlamentare.
Una figura talmente delegittimata e poco carismatica che più di qualcuno ha osservato come nella tornata delle Amministrative che l’aveva vista eleggere sindaco molti volti siano arrivati anche dal Centrodestra che non voleva nuovamente Fassino e il Pd a guidare la città.

Gli scenari, dalla Campania alla leadership di Conte
In ogni caso ad Appendino si rimproverano i tempi.
Da una parte chi sottolinea che a un mese dalle Regionali in Campania si rischia di penalizzare la corsa di Roberto Fico.
Dall’altra chi obietta che finora l’ex sindaco di Torino non avesse mai esternato critiche o divergenza di vedute.
In molti poi ridimensionano le dimissioni di Appendino sia evidenziando la portata unicamente formale della carica di vicepresidente e il fatto che si tratta comunque di incarichi che erano in scadenza e da rinnovare.
Ma c’è anche chi davanti ai mal di pancia della vice vede una nuova resa dei conti che potrebbe interessare a breve il Movimento dopo l’addio turbolento a Beppe Grillo.

Uno scenario che potrebbe vedere Appendino impegnata a contendere la leadership proprio a Giuseppe Conte.