Dietrofront

Affitti brevi, si cambia ancora: cedolare secca al 21% sulla prima casa, 26% sulla seconda

Si abbassa il limite di case che si possono affittare senza partita Iva: da tre in su diventa attività imprenditoriale

Affitti brevi, si cambia ancora: cedolare secca al 21% sulla prima casa, 26% sulla seconda

Alla fine il compromesso è stato trovato. Il Governo cambia ancora la norma sugli affitti brevi, ritornando alla cedolare secca al 21% sul primo appartamento e portandola al 26% sul secondo. Cambia anche il limite di case in locazione: con tre o più immobili bisognerà avere la partita Iva.

Affitti brevi, cosa cambia

Il passo indietro è contenuto nell’ultimo emendamento riformulato dal Governo che torna alla normativa in vigore oggi: cedolare secca al 21% per il primo immobile in locazione. Confermata anche l’aliquota al 26% per il secondo.

La novità è che la terza abitazione cha scattare il regime di reddito d’impresa, che sino a oggi parte dal quinto appartamento affittato per meno di 30 giorni.

Il balletto delle aliquote

Nella prima stesura del Ddl l’aliquota veniva innalzata al 26% per tutti, sin dal primo immobile. Una decisione che aveva suscitato proteste anche in seno alla stessa maggioranza, in particolare da parte di Lega e Forza Italia.

Raffaele Nevi, portavoce di Forza Italia, aveva definito l’aumento “una scelta profondamente sbagliata”, denunciando la mancanza di confronto nella fase preparatoria:

Non eravamo stati informati della norma, l’abbiamo scoperta nelle bozze. Non è equo equiparare la casa al trading sulle criptovalute, soprattutto mentre si riduce la tassazione sugli stablecoin dal 33% al 26%.”

Raffaele Nevi

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il leader della Lega Matteo Salvini:

“L’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi non mi sembra un buon modo per sostenere la domanda interna e l’iniziativa privata. La Manovra dovrà essere discussa in Parlamento.”

Battuta di Salvini contro il Centrosinistra: "Tu quante case hai occupato, 15? Subito capolista"
Matteo Salvini

Sul fronte delle associazioni, anche Confedilizia aveva espresso forte preoccupazione. Il presidente Giorgio Spaziani Testa ha dichiarato:

“Non avevamo avuto sentore di questo ennesimo intervento sugli affitti brevi. Se l’obiettivo del governo è incentivare le locazioni a lungo termine, la strada giusta non è punire le seconde ma premiare le prime.”

Nel contesto del dibattito era intervenuta anche la premier Giorgia Meloni con una dichiarazione ai microfoni del Tg1, in cui spiegava come la ratio del provvedimento fosse favorire gli affitti alle famiglie piuttosto che ai turisti.

“La ratio del provvedimento non è fare cassa sul tema degli affitti, ma è favorire gli affitti alle famiglie, perché è evidente che se c’è la stessa tassazione per chi affitta a un turista e per chi affitta a una famiglia, si tenderà ad affittare al turista e gli affitti per le famiglie aumenteranno. Quindi il nostro obiettivo è abbassare gli affitti per le famiglie”, aveva spiegato.

Cosa si intende per “affitti brevi”

Secondo la normativa in vigore dal 2017, gli affitti brevi sono i contratti di locazione di immobili abitativi di durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche, anche tramite intermediari o piattaforme digitali.

Rientrano nella categoria anche le case vacanza e gli appartamenti turistici offerti sui portali online. Possono essere inclusi servizi accessori, come pulizia o fornitura di biancheria, ma il limite massimo è di quattro appartamenti: oltre questa soglia, l’attività viene considerata impresa.

L’economia degli affitti brevi: un settore chiave da 33 miliardi

Secondo il Centro Studi AIGAB, il mercato degli affitti brevi in Italia genera ogni anno:

  • 8,2 miliardi di euro di canoni diretti,
  • 32,9 miliardi di indotto,
  • con oltre 30.000 operatori e 150.000 addetti.

Il 96% delle case online appartiene a privati cittadini, spesso famiglie che affittano un immobile ereditato o lo usano per integrare il reddito.

Con l’aumento della tassazione, molti di questi piccoli locatori potrebbero uscire dal mercato, provocando:

  • un aumento dei canoni per gli affitti brevi;
  • una riduzione delle disponibilità di alloggi per studenti, lavoratori in trasferta e turisti;
  • e, secondo alcuni analisti, una possibile crescita del mercato nero.