la 57enne nega

Strage via Palestro 1993: secondo un software ecco chi era la "biondina" che portò la bomba a Milano

Rosa Belotti è accusata di essere "coinvolta nell'esecuzione materiale, con funzioni di autista".

Strage via Palestro 1993: secondo un software ecco chi era la "biondina" che portò la bomba a Milano
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A quasi 30 anni, precisamente 29 anni, dall’esplosione dell’autobomba - avvenuta la notte del 27 luglio 1993 a Milano, nota come strage di via Palestro, in cui persero la vita cinque persone - potrebbe finalmente avere un volto e un nome la misteriosa “biondina”, di cui si era a lungo parlato, soprattutto in virtù delle testimonianze raccolte, sospettata di aver guidato la Fiat Uno carica di tritolo, utilizzata per colpire il Padiglione di Arte Contemporanea.

Si tratterebbe, il condizionale resta d'obbligo, di una 57enne - Rosa Belotti - residente nel Comune di Albano Sant’Alessandro, nella Bergamasca, e indagata dalla Procura di Firenze nell'ambito degli attentati eversivi di matrice mafiosa compiuti a Milano, Firenze e Roma. I magistrati della Direzione distrettuale antimafia ipotizzano che la donna avrebbe agito "in concorso con appartenenti a Cosa Nostra già condannati con sentenza passata in giudicato".

Strage di via Palestro: identificata la biondina a bordo dell'auto carica di esplosivo?

Nella strage milanese morirono cinque persone: l’esplosione costò la vita a tre vigili del fuoco, a un uomo di origine marocchina, che in quel momento stava dormendo su una panchina, e a un vigile urbano. Mercoledì 2 marzo 2022 i militari della sezione Anticrimine dei carabinieri del Ros, su ordine della Procura fiorentina, hanno eseguito un decreto di perquisizione, ispezione e sequestro nell'abitazione della cinquantasettenne. Secondo quanto ipotizzato dalla Dda di Firenze, che coordina le indagini, la donna sarebbe coinvolta nell'esecuzione materiale dell’attentato compiuto a Milano ricoprendo la funzione di autista della Fiat imbottita di esplosivo. La donna avrebbe anche agito in concorso con alcuni appartenenti a Cosa Nostra, già condannati in via definitiva.

Cold case risolto con le nuove tecnologie?

Da tempo gli investigatori cercano di districare gli interrogativi che ruotano attorno alla strage di via Palestro e, soprattutto, di dare un volto alla “biondina”, allora sulla trentina, che due testimoni oculari dissero di aver notato uscire dall’automobile. La svolta sarebbe arrivata grazie a un software usato per la comparazione dei volti: alcuni mesi dopo l’esplosione, durante una perquisizione in una villa ad Alcamo (Sicilia), fu infatti trovata in una enciclopedia una fotografia di donna simile all’identikit elaborato dopo la strage. Ora il software avrebbe segnalato una correlazione tra la foto ritrovata ad Alcamo e una foto segnaletica dell’indagata.

Non sarebbe la prima volta che le nuove tecnologie consentono di risolvere quelli che vengono archiviati come "cold case". La donna è accusata di essere "coinvolta nell'esecuzione materiale, con funzioni di autista".

Di tutte le stragi compiute nel 1993 quella di Milano resta la più misteriosa. Grazie ai collaboratori di giustizia è stato ricostruito il furto della Fiat Uno grigia e il percorso dell’esplosivo dalla Sicilia al paese di Arluno nell’hinterland milanese ma è rimasta oscura la fase esecutiva della strage.

L’ipotesi di accusa è ancora tutta da verificare, basandosi principalmente sulla versione di un agente e sulla asserita somiglianza tra fa foto di Rosa Belotti e l’identikit della ‘bionda’. I pm stanno studiando con attenzione foto e documenti trovati nella perquisizione. Tra pochi giorni interrogheranno l’indagata per capire dove era la sera del 27 luglio 1993.

La prudenza della Procura è evidente anche dalle espressioni garantiste contenute nel comunicato diffuso:

“Nell’ambito delle indagini sulle stragi terroristico eversive del biennio 1993-1994, condotte dalla Procura della Repubblica di Firenze, il ROS dei Carabinieri di Firenze ha eseguito in Lombardia un decreto di perquisizione, ispezione e sequestro nei confronti di una donna che si ipotizza essere coinvolta nell’esecuzione materiale, con funzioni di autista dell’auto imbottita di esplosivo, dell’attentato del 27 luglio 1993, compiuto in via Palestro a Milano in pregiudizio del Padiglione di Arte Contemporanea, in concorso con appartenenti a cosa nostra già condannati con sentenza passata in giudicato. Si segnala che l’atto è compiuto nel corso di indagini preliminari e che l’eventuale responsabilità dell’indagata necessità di un vaglio giurisdizionale”.

Le testimonianze

Tornando a quella notte del '93, due testimoni, poco prima della deflagrazione, hanno raccontato di aver visto una ragazza sulla trentina con i capelli biondi che usciva dall’auto dopo aver armeggiato nell’abitacolo. Al posto guida c’era un altro soggetto di sesso maschile non scorto bene dai due. La donna, secondo i racconti, balzava agli occhi perché era slanciata e bella, nonché vestita in maniera appariscente con tacchi alti. Poco dopo quegli avvistamenti la macchina esplose, scatenando il panico e portandosi via cinque vite.

A Rosa Belotti  si è arrivati incrociando tre elementi: una fotografia, una testimonianza e, a fare la differenza, un software, C-Robot - utilizzato per la comparazione di foto segnaletiche e persone scomparse.

La foto in questione era stata portata all'attenzione dei magistrati dall’agente di polizia di Trapani, Antonio Federico, una dozzina di anni fa:

"A distanza di 28 anni- scrivono i pm di Firenze nel decreto di perquisizione di Rosa Belotti – , ha consentito di identificare l’effige rinvenuta con la foto segnaletica del 1992 ritraente Rosa Belotti, alta 173 cm imprenditrice, pregiudicata per reati concernenti traffici di stupefacenti, legata almeno dal 1991 al pluripregiudicato campano Rocco di Lorenzo vicino al clan La Torre di Mondragone ”

Il software C-Robot ha fornito un dato affidabile al 67 per cento raffrontando la foto rinvenuta nella perquisizione e quella della Belotti.

La donna nega

Raggiunta dal Corriere, la 57enne nega con forza ogni accusa ma ai guai giudiziari è abituata dopo 32 anni al fianco del pregiudicato campano Rocco Di Lorenzo. Pensava, quando pochi giorni fa i carabinieri hanno suonato al suo citofono, che fosse per suo marito:

"Erano in tanti, ma sono abituata, d’istinto ho spiegato che mio marito non c’era, pensavo cercassero lui. Mi hanno risposto: legga. Dopo le prime righe non sono più stata capace di andare avanti. Non sono io, dove andavo io? È inconcepibile una cosa del genere, lo è nel mio stile di vita, non riesco a uccidere nemmeno le cimici, apro la finestra e le faccio uscire. Non accetto accuse del genere, perché gente così la metterei in mano alla piazza, non basta il carcere".

La signora Belotti, un anno prima della strage, era stata arrestata per traffico di cocaina. Ai tempi la donna era incinta. Nel periodo dell’attentato, era alle prese con una bimba di pochi mesi e un’altra, avuta da una precedente relazione, di 7 anni, da accudire:

"Posso dire al 500 per 500, al 1000 per 1000, al 10.000 per 10.000 che non c’ero a Milano, sono tutte falsità. Non si può rovinare così la vita delle persone", ribadisce convinta.

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