Pfas e Covid, nelle zone inquinate mortalità più alta del 60 per cento
E' un rapporto allarmante quello che ha esposto il professore Carlo Foresta in Parlamento.
Causa ed effetto: da una parte l'inquinamento da Pfas, intenso in alcune aree del Veneto, che ha provocato (e sta continuando a farlo) pesanti ripercussioni sull'ambiente; e dall'altro lato il Covid, che tutti conosciamo. Insieme, questi due "elementi", aumenterebbero la propria "potenza di fuoco", causando eccessi di mortalità rispetto ad altre regioni.
Pfas e Covid, nelle zone inquinate mortalità più alta del 60 per cento
“L’audizione del professore Carlo Foresta in Parlamento dei giorni scorsi non può passare inosservata: mortalità da Covid maggiore del 60% e sintomi più gravi nelle zone maggiormente inquinate da Pfas, l’area rossa. E gli effetti sulla salute purtroppo non scompariranno quando ci saremo messi alle spalle la pandemia. Occorre perciò accelerare il processo di caratterizzazione e bonifica, garantire acqua pulita ai cittadini e all’agricoltura, per non compromettere ulteriormente la catena alimentare”.
Andrea Zanoni e Anna Maria Bigon, consiglieri regionali del Partito Democratico, tornano sulla ricerca del professore di Endocrinologia dell’Università di Padova, illustrata davanti alla commissione bicamerale sulle Ecomafie.
“Nello studio viene evidenziato come i Pfas provochino un aumento di ischemie, ipertensione, malattie cardiovascolari, autismo, Alzheimer e trombi, indeboliscano le ossa e riducano la fertilità negli uomini. Ma soprattutto colpisce il dato sulle conseguenze del Covid-19 sui residenti nella zona rossa: +60% della mortalità è impressionante.
Per questo, dopo troppo tempo perso, è necessario intervenire, così da evitare ulteriori contaminazioni e tutelare la salute degli abitanti. Sulla bonifica siamo ancora troppo indietro: la sola barriera idraulica non è sufficiente per trattenere l’inquinamento presente nel terreno sottostante il sito della Miteni e i settemila carotaggi assicurati da Zaia nel 2017 sono rimasti nel libro dei sogni”.
Pfas, di cosa si tratta
Riportiamo, qui di seguito, quanto ricostruito da Legambiente in merito alla vicenda dell'inquinamento ambientale in Veneto, giusto per approfondire l'argomento in oggetto.
"La contaminazione delle acque superficiali, delle acque di falda e degli acquedotti pubblici da sostanze perfluoroalchiliche, indicate comunemente come PFAS, ha come fonte principale lo scarico industriale della Miteni spa, un’industria chimica situata nel comune di Trissino (Vi) (Fonte ARPA Veneto-Vicenza prot.0075059/00.00 del 11/07/2013).
Questo stabilimento chimico a partire della metà degli anni sessanta, prima come RIMAR (gruppo Marzotto) e attualmente come Miteni spa, produce composti fluorurati. E’ perciò plausibile che questo tipo di inquinamento si sia protratto nel tempo, almeno per una quarantina d’anni. Ed infatti la prima indicazione di un inquinamento delle falde da fluoruri attorno al sito Rimar, oggi Miteni, viene fatta risalire intorno al 1977".
I consiglieri regionali del Pd, infine, hanno puntato il dito su un altro aspetto, questa volta legato ai prodotti alimentari che finiscono sulle tavole degli italiani.
“C’è poi il tema della catena alimentare: per conoscere lo studio della Regione sull’impatto dei Pfas sui prodotti che finiscono sulle nostre tavole c’è stato bisogno dell’intervento del Tar che ha dato ragione a Greenpeace: le carte richieste dall’associazione ambientalista sono state consegnate? I 60 giorni di tempo indicati dal Tribunale amministrativo sono già scaduti”.