Peste suina africana: il Ministero della Salute impone macellazione dei suini nella zona infetta
La Cia insorge sul provvedimento: "Cinghiali, probabilmente infetti, liberi di scorrazzare mentre gli allevatori devono abbattere suini sani".
Per gli allevamenti è stato un inizio d'anno particolarmente complicato. Dopo la gestione dei focolai di aviaria che milioni di polli, tacchini e volatili in Lombardia e Veneto, ora tra Piemonte e Liguria è stata istituita una zona infetta a causa dei primi casi di Peste suina africana riscontrati in alcuni cinghiali trovati morti nelle campagne. Il morbo, innocuo per l'uomo, rappresenta una problematica importante per le attività degli allevamenti, in quanto, è estremamente contagioso tra i suini e produce elevata mortalità.
Al fine di contenere il più possibile il dilagare del contagio, il Ministero della Salute ha introdotto diverse restrizioni: all'iniziale stop a caccia, pesca, raccolta funghi e trekking nelle aree considerate a rischio, si è andata ad aggiungere nelle ultime ore la macellazione immediata di suini e i divieti di ripopolamento per sei mesi e di movimentare carni fresche e sottoprodotti al di fuori dell'area "rossa". Un provvedimento che ha mandato su tutte le furie la Cia (Confederazione italiana agricoltori):
"Una situazione assurda. È fortemente penalizzante che i cinghiali, magari infettati dalla peste suina africana, siano liberi di scorrazzare nei boschi, mentre agli allevatori viene imposto l'abbattimento dei suini".
Nuove restrizioni del Ministero della Salute per arginare la Peste suina africana
Dopo l'iniziale divieto di caccia, pesca, raccolta funghi e trekking nei 114 Comuni (78 in provincia di Alessandria e 36 in Liguria) inseriti all'interno della zona infetta, ora, il Ministero della Salute ha deciso di inasprire i provvedimenti per arginare il più possibile il focolaio di Peste suina africana. In questo senso, l'ordinanza ministeriale impone la macellazione immediata di suini, i divieti di ripopolamento per sei mesi e di movimentare carni fresche e sottoprodotti al di fuori dell'area "rossa".
Più nello specifico, il nuovo documento oltre a ribadire il divieto di attività venatoria, stabilisce, per la zona infetta, regole per la ricerca attiva e la gestione delle carcasse di suini selvatici, a partire dalle zone immediatamente esterne ai confini della zona infetta. Per i suini in allevamento, inclusi i cinghiali, è disposto il censimento di tutti gli stabilimenti, la macellazione immediata dei suini detenuti in allevamenti bradi e semibradi e allevamenti misti che detengono suini, cinghiali e i loro meticci e negli allevamenti di tipo familiare, il divieto di ripopolamento per 6 mesi.
Il decreto impone regole anche per un'area entro i 10 km dai confini della zona infetta: rafforzamento della sorveglianza, regolamentazione della caccia e delle altre attività di natura agro-silvo pastorale limitando al massimo il disturbo ai suini selvatici con l'obiettivo di ridurne la mobilità, il censimento di tutti gli stabilimenti che detengono suini, l'adozione di misure di biosicurezza rafforzate. Altre precauzioni riguardano l'intero territorio nazionale: censimento di tutti gli stabilimenti che detengono suini, verifica dei livelli di biosicurezza degli allevamenti, obbligo di recinzione degli allevamenti della tipologia 'semibrado'.
La confederazione degli agricoltori insorge
La Cia (Confederazione italiana Agricoltori) critica duramente il provvedimento del Ministero della Salute relativo alle misure di controllo e prevenzione della diffusione della Peste suina africana (Psa), che dispone "la macellazione immediata dei suini detenuti all’interno degli allevamenti bradi, semibradi e misti che detengono suini (...) e divieto di ripopolamento per sei mesi" e la “programmazione delle macellazioni dei suini presenti negli allevamenti di tipo commerciale e divieto di riproduzione e ripopolamento per sei mesi” nei 78 Comuni dell’Alessandrino circoscritti come zona infetta.
"La confederazione degli agricoltori ritiene fortemente penalizzante e quanto mai assurdo un provvedimento che impone la macellazione dei capi sani - che sarebbe avvenuta secondo tempistiche allevatoriali diverse - mentre i cinghiali (magari infettati da Psa) da dove nasce il problema sono liberi di scorrere nei boschi e riprodursi. Le azioni di contenimento richieste dal mondo agricolo intero non vedono riscontro né attuazione e, anzi, la situazione si aggrava di giorno in giorno. Gli allevatori stanno pagando un pegno altissimo, adesso anche economico oltre che di immagine, di una totale assenza del controllo della fauna selvatica e di una deriva del problema che Cia segnala con insistenza da anni, attraverso documentazioni, proposte di legge, segnalazioni, raccolta firme, richiesta di incontri e di Tavoli di lavoro a tutti i livelli istituzionali".