Milano Sei L'Altro: prendersi cura di chi si prende cura
Dal progetto “Milano Sei L’altro” sono nati in città nuovi luoghi e nuove modalità per conciliare vita, lavoro, famiglia
Milano Sei l’Altro è un progetto sostenuto dalla seconda edizione del bando Welfare di Comunità di Fondazione Cariplo, nato a Milano nei municipi 4 e 6. Il suo intento è quello di promuovere un nuovo modello di welfare comunitario e integrato per favorire la conciliazione vita, lavoro e famiglia. Ha concentrato i suoi interventi su uomini e donne lavoratori con carichi di cura, figli minori e familiari non autosufficienti e donne disoccupate proprio a causa dei carichi di cura.
Il progetto
Fin dal principio, ha coinvolto le imprese del territorio (piccole, medie e grandi) non solo nella messa a disposizione di risorse, spazi e competenze per la comunità locale, ma anche nell’ideazione di processi di coproduzione. Allo scopo di innovare l’offerta di welfare aziendale aprendosi alla comunità circostante. Milano Sei l’Altro è un partenariato di: Spazio Aperto Servizi (ente capofila); Comune di Milano; Sis; Comunità del Giambellino; Fondazione Enrico Mattei; A&I; La Cordata; Solari6. Nella sua azione si è avvalso del supporto di manager di comunità e di facilitatori per aiutare i cittadini a riconoscere i propri bisogni e aggregarli. Sulla base di questi poi sono stati co-prodotti nuovi servizi o migliorati i servizi esistenti.
Milano Sei l’Altro ha movimentato un grande numero di persone, luoghi, aziende. Sono 13.668 i cittadini raggiunti, 135 le realtà attive, 34 i luoghi attivati o riattivati come luoghi di comunità, 136 i volontari formati, e 58 le aziende coinvolte. In particolare, il coinvolgimento delle aziende, che nelle prime fasi ha visto la partecipazione anche di Poste Italiane e Vodafone, si è rivelata un’azione particolarmente sfidante. Talvolta ha avuto esiti diversi dagli obiettivi iniziali, ma ha rappresentato comunque un grande apprendimento nel percorso di co-progettazione.
Le iniziative di Milano sei L'Altro
Dal progetto sono nate in alcune zone della città, all’interno di esercizi commerciali, farmacie, librerie, bar le Isole di Wendy. Inizialmente dovevano essere luoghi dedicati alla cura, all’allattamento e alle attività di aggregazione per bambini, ma in seguito sono diventati anche spazi di confronto e apprendimento per favorire relazioni tra genitori. Lo Spazio Vivi Voltri Lab, all’interno del complesso di housing sociale di Via Voltri nel Municipio 6 è diventato un punto di riferimento per gli abitanti e per i cittadini del quartiere. Lo Spazio Melotti, nel quartiere di nuova realizzazione Santa Giulia, è stato un primo e importante luogo di incontro per gli abitanti. Attualmente è gestito interamente dalla neo costituita associazione di Spazio Melotti.
Le isole di Wendy
Le Isole di Wendy in una prima fase, grazie alla disponibilità di Humana, sono state collocate all’interno di esercizi commerciali. Dovevano essere luoghi dove accogliere i neogenitori. Poi però gli esercenti si sono rivelati molto disponibili e, con quelli più attivi, si sono creati momenti di formazione e incontri sul tema della neogenitorialità. Il lockdown naturalmente ha temporaneamente sospeso le attività ma, nel frattempo, le isole sono diventate anche i fulcri del progetto “Dipende da Come mi abbracci”. Sostenuto da Impresa Sociale Con i Bambini, per trasformarli anche in luoghi di intercettazione precoce di difficoltà genitoriale.
ViVi Voltri Lab è oggi un luogo per le famiglie e i cittadini in cui potersi incontrare, conoscere, confrontare e avere accesso a servizi utili per semplificare la vita di tutti i giorni. E' lo spazio che ospita la piattaforma WEMI del Municipio 6. Tra le altre cose, le mamme che lo animano hanno dato vita alla sartoria di quartiere, dove lavorano donne di etnie diverse e a laboratori con i bambini. Nello spazio compiti, gestito in collaborazione con la parrocchia del Santo Curato d’Ars, le attività si sono ampliate con il coinvolgimento sempre più attivo dei genitori.
Anche la Scuola delle mamme, servizio del partner Comunità del Giambellino, è diventata una delle Isole di Wendy. Un punto di riferimento aperto a tutta la comunità del Giambellino, con una partecipazione nuova e inedita da parte di mamme straniere. Le mamme che prima partecipavano alla scuola di italiano sono diventate protagoniste delle attività che si sono sviluppate nello spazio. Corsi di cucina, attività sartoriali, lettura di fiabe, spazio gioco per i bimbi. Nel frattempo, per loro sono stati avviati percorsi di orientamento al lavoro. L'esperienza ha portato poi un gruppo di mamme egiziane a partecipare alla call for ideas. Hanno proposto un progetto, per avvicinare i bambini di diverse etnie alle loro tradizioni: attraverso il racconto di fiabe in lingua araba, inglese e italiana.
L'intervista
A raccontare il progetto Francesca Savi, la project manager di Milano Sei L’Altro.
Prima dell’inizio del progetto, quali erano i problemi principali dei quartieri individuati ai quali volevate dare una risposta?
La scelta di partire dai Municipi 4 e 6 è stata generata dal fatto che in queste zone la rete di partenariato è molto radicata. Far nascere un progetto così sfidante in un contesto meno conosciuto avrebbe reso più difficile coinvolgere le realtà locali. Il tema della fiducia e delle relazioni è un elemento fondamentale per poter davvero attivare i cittadini, le aziende, e la società civile.
E ora, 5 anni dopo, che cosa è cambiato grazie agli interventi?
Soprattutto nel Municipio 6 e in parte anche nel 4, esistono ora luoghi, spesso inediti come farmacie, librerie, caffè, spazi riqualificati, che sono diventati spazi di scambio e confronto, al fuori dalla logica del servizio. Lo spazio di Via Voltri ad esempio ha da subito catalizzato la presenza di persone del contesto abitativo e di altre coinvolte grazie ai manager di comunità. Ha rappresentato un’occasione per entrare in contatto con persone e famiglie del quartiere e una possibilità per dare vita a nuove reti e relazioni.
Tra tutte le innovazioni introdotte grazie al progetto, qual è stata la più significativa?
Milano Sei L’Altro per noi ha rappresentato un cambiamento culturale e un nuovo modello di lavoro perché se prima ci ponevamo come “erogatori di servizi” adesso tutti i progetti che sono nati negli ultimi anni sono gli esiti di cose fatte con la comunità degli abitanti.
Che cosa è accaduto che non era stato previsto?
Le Isole di Wendy non erano nel disegno progettuale iniziale, per cui per noi sono state una bella sorpresa. Inizialmente avevamo pensato di coinvolgere le piccole e medie imprese rispetto alla possibilità di attivare servizi di conciliazione per dipendenti e abitanti del quartiere. Come nidi, palestre per i genitori e spazio giochi per bambini, spazi aperti per la comunità. Ma questa cosa si è rivelata estremamente difficile. Così sono nate le Isole di Wendy, in un primo tempo quindi il tentativo di ingaggiare i piccoli esercizi commerciali sembrava un po’ un ripiego. E invece hanno avuto uno sviluppo inaspettato e sorprendente grazie ai manager di comunità che si sono presi in carico questa azione, ma soprattutto agli esercenti si sono “spesi” su ambiti e temi che non facevano parte del loro business.
Che cosa invece non è accaduto e il progetto non è riuscito a realizzare? Quali sono state le principali difficoltà?
Sicuramente il coinvolgimento delle aziende, che si è rivelato differente rispetto a quanto avevamo pensato in fase di progettazione. All’inizio il progetto aveva la sfida di coinvolgere le aziende anche molto grandi che potessero mettere a disposizione dei loro sistemi di welfare. Nell'ottica di una revisione dei modelli aziendali a beneficio non solo dei loro dipendenti ma anche degli abitanti del quartiere.
Ma nel momento in cui abbiamo cercato di concretizzare il progetto abbiamo incontrato molti ostacoli. Con un istituto di credito avevamo avviato il progetto di trasformare alcune filiali in sportelli di intercettazione delle difficoltà delle famiglie. Ma quando siamo arrivati al dunque c’è stato un cambio di referenti e la messa a terra non c’è stata. Con Poste Italiane, l’idea originaria era di far diventare gli sportelli, che sono diffusi in modo capillare ovunque, in luoghi di ascolto territoriali e di utilizzare i postini come “antenne” sociali. Ma anche in questo caso, per molte ragioni, non è stato possibile concretizzarla.
Allora insieme a loro abbiamo pensato di riorientare il progetto in un percorso di ascolto dei bisogni principali dei loro dipendenti. Abbiamo avviato una serie di workshop e tavoli insieme a vari soggetti per trovare soluzioni ai bisogni e tradurli in servizi. I temi che sono emersi erano soprattutto quello dell’abitare e della cura di persone non autosufficienti, perché molti dipendenti erano over 50 e avevano genitori di cui prendersi cura. E in effetti, da questa co-progettazione, sono nate idee più definite e possibili soluzioni come per esempio nuove forme di risparmio e nuove forme abitare condiviso.
Quali sono i progetti futuri a cui state pensando, innescati grazie anche all’esperienza e apprendimenti del progetto?
Tutto quello che è nato con Milano Sei l’altro, ha avuto una prosecuzione all’interno di altri progetti (Progetto Governare gli Equilibri, progetto Reaction, Hub dell’Innovazione sociale, Scuola dei Quartieri, progetti Doniamo Energia, ecc). Ci siamo aperti: alle imprese, al singolo cittadino che vuole mettere risorse che non sono solo economiche. La sfida di coinvolgere soggetti inediti è diventato modello di lavoro. Abbiamo imparato a mescolare linguaggi e punti di vista.
Le storie di Milano sei L'Altro
C’è una storia che più di ogni altra racconta la trasformazione che il progetto ha generato?
Lo spazio Melotti, nel quartiere Santa Giulia. In un luogo di nuova realizzazione le relazioni tra persone sono ancora poco consolidate. La maggior parte delle persone utilizzava il quartiere come dormitorio, per poi andare a lavorare e a “vivere” altrove. Quando la presenza di bambini piccoli costringe i genitori ad una maggiore frequentazione del quartiere dove vivono e le distanze diventano più importanti, trovare nel quartiere un luogo dove potersi incontrare e conoscere persone con le stesse caratteristiche, diventa fondamentale. Molti soggetti locali (sia singoli che associazioni) hanno aderito al progetto e hanno contribuito ad animare lo Spazio con le proprie attività. Alcune ne hanno fatto anche la loro sede di azione principale.
Da questo nucleo iniziale di persone siamo partiti per consolidare a poco a poco la collaborazione con le realtà del quartiere. Da quelle già attive a quelle di nuova costituzione, fino a rendere ipotizzabile e poi concreta l’idea di costituire un’associazione che prendesse in mano la gestione dello Spazio quando il progetto Milano Sei l’Altro fosse terminato. Dopo un periodo non breve di interlocuzioni, richieste, e tentativi di organizzare il tutto, l’intenzione di creare l’associazione da parte delle realtà che gravitavano intorno si è concretizzata. Adesso, a progetto finito, lo Spazio Melotti è aperto e funzionante proprio grazie alla neonata associazione.