Esposto ai Nas

L'associazione tartufai attacca: "Briatore spaccia i tartufi rumeni per quelli di Alba"

Per il presidente di AssoTartufai si configurerebbe il reato, contemplato dall'articolo 517 del Codice penale, di "vendita di prodotti industriali con segni mendaci".

L'associazione tartufai attacca: "Briatore spaccia i tartufi rumeni per quelli di Alba"
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Una vicenda di tracciabilità e provenienza su uno dei prodotti gastronomici più pregiati e rinomati al mondo. Nell'occhio del ciclone è finito ancora una volta il noto imprenditore piemontese Flavio Briatore. Sul suo profilo Instagram ha pubblicato un video nel quale mostra alcuni esemplari di Tartufo Bianco di Alba dichiarando:

"Quest'anno i tartufi non si trovano, noi li troviamo!".

Affermazione che ha mandato su tutte le furie l'Associazione Nazionale Tartufai Italiani che, in uno degli anni più neri della storia della cerca del tartufo, ha presentato un esposto ai carabinieri Nas per indagare sulla provenienza dei pezzi mostrati da Briatore nel filmato.

Briatore: "Quest'anno i tartufi non si trovano, noi li troviamo!"

IL VIDEO DI BRIATORE CON I TARTUFI:

 

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Un post condiviso da Flavio Briatore (@briatoreflavio)

Una dichiarazione che ha toccato nel profondo soprattutto i più esimi intenditori del Tuber Magnatum. Come raccontato da Prima Cuneo, Flavio Briatore, noto imprenditore originario di Verzuolo (Cuneo), è finito di nuovo nell'occhio del ciclone dopo aver pubblicato sul suo profilo Instagram un video nel quale mostrava alcuni splendidi esemplari di tartufi bianchi d'Alba per conto del ristorante Cipriani di Montecarlo. Queste le sue parole:

"Guardate che roba! Questi sono tartufi d'Alba certificati e qui siamo da Cipriani a Monaco. Quest'anno i tartufi non si trovano, noi li troviamo!".

Ed è proprio sull'ultima affermazione che sono scattate le ire dell'Associazione Nazionale Tartufai Italiani.

Presentato un esposto ai Nas contro Briatore

Contro il filmato di Briatore sui Tartufi Bianchi di Alba, il presidente dell'AssoTartufai, Riccardo Germani, nel corso della giornata di ieri, giovedì 11 novembre 2021, ha presentato un esposto al comando di Milano del nucleo antisofisticazioni dell'Arma e indirizzato anche al ministero delle Politiche agricole e forestali. Secondo Germani si potrebbe configurare il reato, contemplato dall'articolo 517 del Codice penale, "vendita di prodotti industriali con segni mendaci".

"Dopo le continue lamentele dei tartufai piemontesi, - si legge nel comunicato stampa sul sito dell'Associazione - Germani si é recato al comando Carabinieri per la tutela della Salute ( N.A.S.) a denunciare l’insopportabile video".

"Il 2021 è l’anno più nero della storia della cerca del tartufo, perché il tartufo per crescere ha bisogno delle piogge e da maggio a settembre c’è stata una siccità senza eguali. Alle persone va detta sempre la verità ovvero che non tutto si può comprare con i soldi, essendo il tartufo un fungo ipogeo ha bisogno di acqua. I cambiamenti climatici e l’assenza di piogge, purtroppo hanno compromesso la cerca del tartufo in Italia e in questi ultimi anni ce ne è sempre di meno: tanto è che se vengono cavati sono raramente di pezzature importanti. La nostra terra fino a qualche settimana fa era spaccata dalla siccità e polverosa. Questo lo sanno bene tutti i tartufai, un po’ meno gli avventori del Billionaire che pensano di mangiare tartufo cavato ad Alba solo perché è infiocchettato. Quei tartufi tutto sono meno che Italiani, saranno Sloveni o Rumeni e sfido chi li ha venduti a dimostrare il contrario".

Parole al veleno quelle del presidente dell'Associazione Nazionale Tartufai Italiani che poi rincara la dose:

"Non è il fiocchetto che li cinge la garanzia di tracciabilità a poter dire che sono raccolti ad Alba da tartufai delle Langhe o del Roero, i trifulaù piemontesi ben sanno che quest’anno tartufi così non ce ne sono e sono rarissimi, la stessa cosa la sa chi lavora nel settore, l’Italia non a caso è il primo importatore al mondo di tartufi che successivamente vengono trasformati o diventano Italiani e venduti a inconsapevoli avventori. Sono rammaricato per la perdita di credibilità di commercianti o fiere che per fare a tutti i costi profitto diventano complici di queste truffe. Non basta dire tartufo di Alba per garantire la provenienza e la tracciabilità, molti purtroppo mangeranno inconsapevolmente tartufo estero spacciato per italiano. La differenza? La qualità, il sapore, l’aroma e non è poco. Per questo motivo mi sono recato in Questura, chiedendo che ravvisino ogni ipotesi di reato nei confronti di Briatore e del commerciante che ha venduto quei tartufi come italiani, Non voglio colpire nessuno solo ridare dignità ad una passione e professione millenaria, perché è facile dire 'tartufo di Alba' quando nessun sistema di tracciabilità garantisce realmente la provenienza al consumatore. Soprattutto in questa stagione".

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