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Il consigliere regionale bergamasco Scandella: "Facciamo chiarezza sulla tragedia Covid"

Il dem dice la sua sulla gestione dell'emergenza sanitaria e la nuova Fase 3.

Il consigliere regionale bergamasco Scandella: "Facciamo chiarezza sulla tragedia Covid"
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Ripartire da un’attenta analisi dei dati e dagli errori di gestione sanitaria per costruire un presente e futuro sicuri. Questo ciò che il Consigliere regionale dem Jacopo Scandella si augura per questa Fase 3 in Lombardia

Scandella in Consiglio regionale

Alla sua seconda elezione, è stato protagonista della scottante mancata elezione a presidente della commissione  d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza Covid 19. Scandella ha 32 anni, risiede a Clusone e rappresenta quella giovane classe politica emergente che ha davvero voglia di fare.

«Individuare i sintomi, isolare i soggetti positivi e predisporre la cura domiciliare evitando quando possibile il più complesso ricovero ospedaliero. Se non iniziamo a ragionare in questi termini non saremo in grado di contenere una possibile seconda ondata. La Regione deve imparare dai suoi stessi errori» afferma.

La posizione di Scandella

«Il nostro obiettivo è fare chiarezza su una vicenda tragica che ha scosso il nostro Paese. E’ indispensabile individuare gli errori commessi nella prima fase per evitare che si ripetano in futuro: è un atto dovuto per tutta la popolazione, per chi ci ha lasciato e per tutti i loro cari. La partenza però è stata falsa: la maggioranza ha ignorato l’indicazione delle minoranze – a cui spetta da regolamento questa nomina - ed ha eletto con i propri soli voti la consigliera di Italia Viva Patrizia Baffi , che poi si è dimessa prendendo atto di una forzatura mai successa prima in Lombardia, che non fa ben sperare sulla volontà di andare davvero a fondo dei problemi. Ora ci auguriamo che i lavori possano finalmente partire nel rispetto delle regole, e che si possa sopratutto avere accesso a tutti gli atti che oggi ci vengono ancora negati. Solo così questo lavoro di indagine avrà realmente un senso».

Economia e sanità sono i nodi cruciali del dibattito. Come è la situazione in questa Fase 3?

«A livello economico è il Governo ad avere in mano le leve maggiori. Speriamo che ai primi interventi per tamponare l’emergenza ne seguano altri per una ripartenza rapida delle attività produttive e commerciali. La Lombardia ha scelto di indebitarsi per 3 miliardi di euro di investimenti, ma per ora solo 500 milioni sono stati già destinati agli enti locali, mentre gli altri 2,5 miliardi restano senza destinazione. E’ però sulla sanità che la Regione ha poteri e risorse per costruire una strategia, che fino a oggi non si è vista».

Cosa è mancato?

«Molto, ed è sotto gli occhi di tutti. All’inizio è mancata la capacità di individuare i soggetti positivi, con tamponi immediati, e curarli a casa con ossigeno e terapie. Si sono recuperati posti in terapia intensiva, create nuove strutture, ma tutto questo in una possibile seconda ondata non basta. A distanza di 3 mesi, riguardo alla sanità territoriale, i miglioramenti sono davvero scarsi e i numeri parlano da soli. In Lombardia vengono effettuati meno di 15mila tamponi al giorno e le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (Usca) sono 48 (contro le 200 previste). Un numero imbarazzante se pensiamo a regioni come Veneto ed Emilia Romagna».

E sul fronte test sierologici?

«Troppa confusione e troppi costi per le persone: in un primo momento Regione ha inibito sindaci e aziende propense a fare test, poi a inizio maggio (in ritardo rispetto ad altre regioni) ha aperto la possibilità di farli privatamente. Questo senza fissare un prezzo e obbligando al tampone – anche questo a carico del cittadino – in caso di test positivo. Sarebbe utile invece finanziare una mappatura più ampia per avere una cognizione reale di quanto il virus si sia diffuso in Lombardia».

Finalmente è operativa l’app Immuni...

«Speriamo possa essere utile, anche se in ritardo rispetto alle previsioni. Abbiamo la necessità di tracciare i contagi, analizzare i luoghi e le situazioni in cui le persone contraggono più facilmente il virus, dagli ospedali alle Rsa, dalle fabbriche agli uffici. Servono dati più accurati per costruire la strategia corretta».

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