occhio alla truffa

Gli svuotano il conto con la truffa della Sim Swap: banca condannata a risarcire il cliente

Il titolare di un'azienda agricola piemontese si è trovato con il conto svuotato di ventimila euro. Ma alla fine è stato risarcito.

Gli svuotano il conto con la truffa della Sim Swap: banca condannata a risarcire il cliente
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E' rimasto vittima di una truffa molto articolata, che gli ha svuotato  il conto portandogli via la bellezza di ventimila euro. Ma alla fine di una lunga trafila è riuscito a riavere indietro i soldi dalla banca. E' la truffa della Sim Swap, e potrebbe capitare a chiunque. Dunque è bene sapere come chi ne è caduto vittima alla fine ha potuto recuperare il proprio denaro.

 Sim Swap, come funziona la truffa

La truffa denominata Sim Swap Fraud è la sostituzione, con un documento d’identità contraffatto, della Sim del telefono del titolare di un conto corrente bancario. Dopo che i malviventi si sono impossessati delle credenziali di accesso dei servizi online della vittima e del suo numero di cellulare, richiedono al  fornitore di telefonia l’emissione di una Sim con un nuovo numero.

Ma come riescono ad arrivarci? Il primo passaggio è la ricerca di informazioni personali.   Il criminale comincia la sua opera con la raccolta di informazioni personali sul conto della vittima designata: setacciando i social, agganciandola con mail di phishing, agendo con tecniche di persuasione. Dopodiché si entra nella fase "operativa", il trasferimento del numero su una nuova Sim.  Ottenuti i dati necessari per rubare l’identità della vittima, il criminale contatta il fornitore di servizi di telefonia mobile e  prova a convincere la compagnia telefonica a trasferire il numero dell’utenza. Una volta fatto questo passaggio utilizzerà la nuova Sim  per ottenere password e codici di sicurezza. Il telefono della vittima perderà la connessione e rimarrà isolato dalla Rete. Chiamate e messaggi verranno recapitati al criminale che quindi riceverà password o codici di sicurezza abbinati alle operazioni che richiedono una autorizzazione.

La vicenda

Nello specifico la vicenda, raccontata da Prima Vercelli, inizia nell'ottobre 2019, quando  il titolare di un’azienda agricola si accorgeva che il suo smartphone gli impediva di effettuare chiamate e accedere a internet. A quel punto andava in un negozio di telefonia per cercare di risolvere il problema che pareva attribuibile a un malfunzionamento della Sim. In quell’occasione gli veniva consigliato di provare a spegnere il telefono e a disinserire la Sim. Persistendo il problema, tornava il giorno dopo al centro di telefonia e richiedeva la sostituzione della carta. Era in quel momento che   apprendeva dalla compagnia telefonica che il giorno precedente era già stato richiesto ed effettuato un cambio della Sim card collegata al numero di cui lo stesso era titolare.

A quel punto l'uomo contattava la filiale della sua banca e apprendeva che il giorno  in cui si era verificato il malfunzionamento  era stato fraudolentemente disposto  dal suo conto online  un bonifico istantaneo di   19.963 euro favore di un soggetto a lui sconosciuto. Procedeva a sporgere querela contro ignoti per truffa informatica e disconosceva l'operazione presso la banca. Ma quest'ultima  si dichiarava totalmente estranea all'accaduto rifiutando il rimborso.

Il risarcimento

A quel punto l'uomo si è rivolto alla Casa del Consumatore, che due anni dopo è riuscita a ottenere tramite l'ABF (l’Arbitro Bancario e Finanziario presso la Banca d’Italia) il risarcimento al truffato.

A raccontare il perché è Stefano Santin, presidente della Casa del Consumatore Piemonte:

"Molti potrebbero pensare: perché c’è una responsabilità della banca per una truffa sulla Sim? Semplicemente perché la sottrazione dell’identità telefonica è in grado di superare il sistema di autenticazione multifattoriale (due codici), pur in astratto predisposto dalla banca, essendo l’utenza telefonica il naturale sito di ricezione del codice. Si ritiene, quindi, che nei casi di Sim Swap Fraud la sostituzione della  card vada equiparata alla mancanza di autenticazione dell’operazione di pagamento e pertanto la banca deve risarcire il malcapitato. In fin dei conti la banca ha scelto il sistema di Sms per inviare sia i codici di accesso al conto corrente sia per autorizzare le operazioni. Se il sistema fa acqua, quindi, chi l’ha scelto sulla testa dei correntisti deve pagare".

Il malfunzionamento

La Corte di Cassazione di Milano si è di recente pronunciata su una vertenza avente per oggetto un contratto di telefonia (ordinanza n. 3996/2020), statuendo come per l'utente è sufficiente nel procedimento allegare l'inadempimento della compagnia, mentre quest'ultima deve provare l'esatta esecuzione della propria obbligazione.

Nello specifico la compagnia telefonica era stata citata in giudizio da un'azienda, che aveva contestato numerosi disservizi nel contratto di telefonia che avevano compromesso l'esercizio dell'attività aziendale a causa del malfunzionamento delle linee.

Il Codacons

Si tratta di una sentenza molto importante e che - come si suol dire - potrebbe essere destinata a fare giurisprudenza. Esulta il Codacons:

"La sentenza è importante in quanto mette ordine circa l'onere della prova esistente in queste tipologie contrattuali, consentendo quindi al consumatore/utente di allegare solamente l'inadempimento della compagnia telefonica, e se viene richiesto il risarcimento del danno, dimostrare quale danno sia stato concretamente subito - afferma il presidente nazionale del Codacons, Marco Donzelli - Questo consente a tutti coloro che abbiano subito disservizi dalla compagnia telefonica ad agire per il risarcimento del danno, chiedendo la giusta corresponsione dei danni patiti."

 

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