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Giustizia e magistratura in Italia: il bisogno di una riforma

Questo il tema dell'incontro svoltosi a Lecco e che ha avuto come protagonista l'ex sindaco di Lodi

Giustizia e magistratura in Italia: il bisogno di una riforma
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"La magistratura? Uno strumento per far fuori il nemico politico. Va invece riformata: via i blocchi sui processi, necessaria distinzione dei piani". Non hanno risparmiato invettive lunedì sera i tre protagonisti dell’attualità chiamati ad approfondire insieme un capitolo fondamentale e controverso della vita del nostro Paese: il futuro della giustizia italiana. Sul palco allestito nel Salone Polivalente dell’Oratorio San Giuseppe di Missaglia, infatti, c'erano Luca Palamara, ex magistrato e già membro del Csm, Alessandro Sallusti, direttore di Libero, Simone Uggetti, ex sindaco di Lodi e Maurizio Lupi, presidente della Fondazione Costruiamo il Futuro, l'ente promotore dell'evento intitolato "Dentro il sistema: quando la giustizia (purtroppo) non è cieca" e ruotato a sua volta attorno alla presentazione del libro "Il sistema. Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana", con le firme proprio di Sallusti e Palamara.

Il nuovo libro sul tema della giustizia

Un lavoro, che è servito a portare alla luce la lotta delle correnti interne alla magistratura, dando voce a un testimone diretto dell’amministrazione della giustizia. Un dialogo che ripercorre la vicenda umana e professionale di Palamara: dalla presidenza dell’Anm all’espulsione dall’ordine a causa dell’inchiesta che ha scoperchiato i giochi di potere dietro le nomine delle procure. Un best-seller che sta vendendo bene e che analizza la connivenza del circo mediatico, divenuto il megafono di un potere capace di travolgere le vite degli altri. Una di queste è quella di Simone Uggetti, eletto sindaco di Lodi nel 2013 e rinviato a giudizio nel 2016 con l’accusa di turbativa d’asta. Dopo cinque anni di gogna mediatica, Uggetti è stato assolto in Appello con formula piena – "perché il fatto non sussiste" – insieme ad altri tre imputati.

Il racconto di Uggetti

Durante l'incontro Uggetti ha così raccontato quanto accaduto:

"Una delle tante condanne che ho subito è stata quella del silenzio. E' durato cinque anni escludendo addirittura semplici atti di autodifesa. Tutto è cominciato quando mi hanno citofonato a casa alle 8 del mattino, qualificandosi come Guardia di Finanza. Pensavo si trattasse di un Tso, ma così non era. Sentii pronunciare la parola: ordinanza di custodia cautelare. Vidi la fine della mia vita. Mi portarono a San Vittore, carcere per antonomasia. Mi venne spontaneo chiedere se avessero controllato i miei conti correnti. Mi dissero che era tutto a posto ma che peggio di quello che stavo per vivere poteva essere solo la morte.

Da lì il passaggio in Questura per la foto segnaletica. Chiesi di non mettermi le manette, mi fecero spogliare, mi diedero un sacco dell'immondizia, mi misero le coperte, finii in cella. Restai in carcere solo 10 giorni. Nessuno era stato mai trattato con tanta attenzione. Feci amicizia col mio compagno di cella. Ma la parte più dolorosa furono i 25 giorni di domiciliari. Dissi, fin dal primo momento, di aver agito nell'interesse della mia città. Volli dimettermi da uomo libero. Mio fratello, in tutta questa triste pagina, è stato il mio angelo custode".

Parlando di quello che ha vissuto ha raccontato:

"Cerchi di combattere, ma ti senti perso e sai che devi resistere. Ma la mia storia è stata un cambio di vita radicale. Sono stato costretto a dimettermi. Questo non soltanto per colpa di un'indagine, ma per gli errori atavici presenti nel sistema. Non può essere che qualsiasi sindaco debba mettere come elemento preliminare nella propria candidatura quello di rischiare il carcere, specie se persegue l'interesse pubblico".

Uggetti si è quindi levato qualche sassolino in riferimento al trittico di poteri:

"Una procura, un giornale e un partito politico: qualsiasi cittadino è indifeso rispetto a questo connubio incestuoso. Molte inseguono il sentimento più becero che si trova nella nostra pancia. Si può fare il tifo per chi va in disgrazia? Tutto ciò, a prescindere, leva dignità alle persone e non restituisce nulla alla comunità".

Un calvario durato 5 anni, il suo, ma ...

"sono contento che anche in primo grado, il giudice disse che agii per interesse pubblico. E pensare che si trattava di un bando di 5mila euro in un Comune con bilancio consolidato di 100 milioni, quando è risaputo che le piscine rappresentano da sempre un debito. Posso dire di essere stato un turista del carcere. Poi i domiciliari. Tutte esperienze che non auguro a nessuno".

Un sistema da riformare

Lo spaccato fornito da Uggetti, ha evidenziato il giornalista Sallusti ...

"Contiene tutti gli ingredienti di un sistema che va cambiato ad ogni costo. Un sistema che non decide per questioni interne. Nel caso in questione la procura non aveva un procuratore, c'era un facente funzioni, in quanto le correnti del sistema non avevano trovato la quadra sulle nomine, il che ha quindi chiamato in causa due giudici ragazzini, figli dello spettacolo mediatico e della logica secondo cui se non si arresta un sindaco non si fa carriera. Ci sono pure i giornalisti stolti, ossia coloro che danno per verità quella che è una tesi accusatoria che viene tradotta in condanna scritta. E ci vuole sempre un partito che prenda le distanze: il Pd, per esempio, ha abbandonato Uggetti, ci ha pensato un altro partito a restare al gioco. Questo è il sistema: che faccia cadere un sindaco o un premier, il principio rimane lo stesso".

Il futuro della giustizia

L'esperienza dell'ex Pm, Luca Palamara appunto, è stata invece la cartina da tornasole di

"Un'alleanza con la sinistra giudiziaria che ha portato ad estromettere dal governo della magistratura la cosiddetta componente di destra. La mia esperienza al Csm, mi ha insegnato che bisogna uscire da questi schemi. Serve avere il sogno, l'ambizione di creare un sistema interno nel quale la dicotomia sinistra destra non ci sia più", così ne ha parlato infatti il diretto interessato.

Alla domanda, infine, se sia davvero possibile riformare il sistema della giustizia descritto nel corso del dibattito, Palamara ha provato a gettare un barlume di speranza:

"Bisogna essere realisti: la magistratura è una corporazione all'interno dello Stato e non vuole essere toccata. Bisogna piuttosto superare i blocchi per entrare veramente nel merito dei temi che meritano risposte: dal rapporto tra Pm e giudice, magistratura e politica, fino ad arrivare alla cosiddetta separazione delle carriere".

 

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