salute mentale

Disturbo borderline Cosa fare coi figli che ne soffrono?

Dad e lockdown hanno decuplicato le richieste. Parlano tre consulenti delle cooperative "Sentiero" e "Clessidra"

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"Negli ultimi due anni le richieste di valutazioni per ragazzi e ragazze con disturbo borderline sono decuplicate". È un grido d’allarme quello che lancia Raffaele Visintini, psichiatra psicoterapeuta, consulente delle cooperative “Il Sentiero” e “La Clessidra” (entrambe partner di Young Inclusion). La didattica a distanza e il lockdown hanno favorito un aumento dell’insorgere di questo malessere tra i giovani,

"ma è fondamentale che i genitori capiscano una cosa: non giudichiamo i nostri figli, questi comportamenti nascono da una grandissima sofferenza. Non sono agiti volontari, ma impulsi volti a risolvere o ridurre tale fatica".

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Cos'è il disturbo borderline

Visintini lavora ormai da decenni a contatto con questa patologia, che affronta anche attraverso un trattamento, il Metodo Get, da lui ideato (e promosso ora anche dall’Associazione Get). Per lui è chiaro il messaggio da inviare alle famiglie:

"Il disturbo borderline di personalità è una patologia da diagnosticare molto bene: spesso viene male diagnosticata, o anche sottovalutata, ma se ben trattata può permettere la guarigione. Le problematiche che tale malessere fa emergere in un ragazzo - come ideazione suicidaria, autolesività, uso di sostanze o promiscuità sessuale - sono comportamenti che possono scomparire con terapie ormai ben strutturate".

La pandemia ha avuto un impatto pesante:

"Questi ragazzi soffrono solitudine e mancanze di rapporti, problemi di concentrazione acuiti dalla Dad, e difficoltà nella relazione stretta con la famiglia".

Come la pandemia ha cambiato i giovani

Ad entrare ulteriormente nel dettaglio in questa analisi è Ilaria Carretta, psicologa psicoterapeuta, anche lei consulente di “Sentiero” e “Clessidra”:

"Una nostra ricerca recente ha messo in relazione i dati relativi alla disregolazione emotiva delle persone che si rivolgevano a noi per una valutazione o terapia: negli anni del Covid questo tasso era maggiore rispetto a prima".

Con la pandemia sono mancate, spiega, quelle strutture sociali che solitamente regolano emozioni, come routine, quotidianità, struttura scolastica, gruppo dei pari.

"La famiglia è croce e delizia del disturbo borderline: questo, è infatti, un’interazione tra una vulnerabilità biologica - appartiene all’individuo, nasce con lui - e un ambiente definito invalidante, cioè che non riconosce le specifiche reazioni emotive dell’altro: non le riconosce, le svaluta, le giudica...".

Così un figlio fatica a sentirsi accolto e compreso,

"e si innesta un circolo vizioso: un figlio sperimenta emozioni forti, non le sa regolare, e quando esplode porta con sé una reazione giudicante da parte dell’ambiente".

Come la famiglia può aiutare

È bene dire, in ogni caso, che la famiglia non è responsabile tout court dell’insorgere del disturbo,

"e il gioco della colpa è pericolosissimo: alternativamente si passa dal colpevolizzarsi per quanto accade ad un figlio e a colpevolizzare lui".

Diversamente, la famiglia può essere invece coinvolta nel percorso di cura e trattamento del disturbo del figlio. Lo dice Martina Segrini, psicologa psicoterapeuta, sempre nella rete del “Sentiero” e “Clessidra”:

"La conoscenza del disturbo è il primo passo: spesso - come Associazione Get - proponiamo dei gruppi in cui viene spiegata la diagnosi, invitando i genitori ad una condivisione di ciò che vivono, per cercare assieme strategie per affrontare il problema".

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