Denunciati per aver pescato illegalmente dieci “pesci siluro”
Sono stati fermati dai Carabinieri nel Monferrato due pescatori di frodo romeni di 20 anni.
Il reato della pesca di frodo è un fenomeno che rischia di depurare profondamente le acque del territorio. Nella Roggia Stura in località Mottanovella di Villanova (Alessandria), sono stati denunciati due 20enni romeni per bracconaggio ittico perché avevano pescato illegalmente una decina di "pesci siluro" della lunghezza di un metro ciascuno. Le indagini sono cominciate a seguito di una segnalazione lanciata da una Guardia Venatoria: sulle tracce dei due pescatori di frodo si sono messi i Carabinieri di Balzola, i quali, dopo un’attenta ricerca degli uomini nelle campagne del posto, sono riusciti ad incastrarli dopo che si erano nascosti tra le sterpaglie.
Avevano pescato illegalmente dieci “pesci siluro”
I Carabinieri di Balzola, unitamente ai colleghi delle Stazioni Cc di Ozzano e di Ponzano, hanno denunciato in stato di libertà, per concorso in bracconaggio ittico, due romeni, L.N.S. di 20 anni e C.S.P. di 22. Nel corso di un’attività coordinata di controllo del territorio, le pattuglie dei Comandi dell’Arma sono state allertate dalla Centrale Operativa della Compagnia di Casale Monferrato poiché una Guardia Venatoria aveva sorpreso dei pescatori di frodo a bordo di un natante nella Roggia Stura in località Mottanovella di Villanova.
Le operazioni di ricerca hanno permesso, nell’immediatezza, di rinvenire due veicoli intestati a una ditta della provincia di Varese. All’interno dei mezzi sono stati trovati numerosi “attrezzi” ed altro materiale che i pescatori di frodo stavano usando per la loro attività illecita, tra cui: caschi con torcia frontale, undici vasche per contenere il pescato, un canotto gonfiabile, una rete da pesca di ben dodici metri, un cavo elettrico per produrre scariche destinate a stordire le prede, un arpione e degli stivali in gomma. Il tutto è stato subito sottoposto a sequestro.
Le indagini per rintracciare i due 20enni romeni pescatori di frodo, che si erano dati alla fuga, sono proseguite per ore nelle campagne. I Carabinieri, poiché si era fatto buio, hanno proseguito le ricerche attraverso l'utilizzo dei visori notturni grazie ai quali sono riusciti a scovare gli autori del reato nascostisi nelle sterpaglie. I due sono denunciati per concorso in bracconaggio ittico in acque interne.
Liberati dieci “pesci siluro”
Le forze dell'ordine, con l'ausilio della Guardia Venatoria, hanno liberato una decina di “pesci siluro”, di circa un metro di lunghezza ciascuno, che erano stati illegalmente pescati e che si trovavano, ancora vivi, nelle vasche sequestrate. L’attività investigativa è tuttora in corso al fine di identificare gli altri complici che, certamente, si trovavano quella sera in compagnia dei denunciati.
Il reato della pesca di frodo
La pesca di frodo, nei corsi d’acqua del nostro Paese, è un fenomeno che rischia di assumere carattere davvero preoccupante, con il rischio di depauperarne profondamente il patrimonio ittico territoriale. Secondo alcuni studi, negli ultimi 10/15 anni la biomassa del Po sarebbe calata del 30% e la causa di ciò sarebbe stata proprio la pesca di frodo, che seppure nel recente passato ha visto maggiormente interessate Regioni come L’Emilia Romagna, il Veneto e la Lombardia, ne vede oggi coinvolte anche altre, tra le quali il Piemonte. Il crollo della fauna ittica e il fenomeno della pesca di frodo, non più solo nel fiume più grande d’Italia ma anche in altri corsi d’acqua presenti numerosi nel nostro territorio, vede tra le prede più ambite certamente il “siluro”, una sorta di pesce gatto gigante importato negli anni ’70 dalle acque del Danubio, molto richiesto nell’Europa dell’Est.
E Proprio dalla Romania arriverebbero molti dei presunti bracconieri che, secondo alcuni, stanno letteralmente saccheggiando i corsi d’acqua interni. I cosiddetti “predoni dei fiumi” attuano le loro razzie maggiormente di notte, facendo strage per lo più di carpe e siluri, che a volte sfilettano e congelano sul posto, per poi scomparire prima dell’alba a bordo di furgoni, diretti per lo più in Romania.
Diverse indagini condotte negli anni hanno evidenziato come tale illecita attività sia spesso ad appannaggio di pescatori Lipoveni provenienti dal delta del Danubio, dalla zona di Tulcea, in Romania, da dove si sono allontanati quando i loro metodi altamente invasivi (reti lunghe centinaia di metri, scariche elettriche, diserbanti sparsi in acqua per far affiorare il pesce) non sono stati più tollerati in una regione divenuta patrimonio dell’Unesco. Attrezzatura, quale reti e cavi elettrici, identica a quella sequestrata ai due romeni denunciati dai Carabinieri del Casalese. Il pescato viene poi trasportato nell’Est Europa, ma anche in alcuni mercati italiani quali quelli di Milano e di Bologna, dove viene acquistato per lo più da romeni. Tutto in nero e tutto non tracciato. Prodotti a volte provenienti da acque inquinate che spesso sfuggono ai controlli sanitari. Per non parlare del rischio che tale attività illecita determina anche in tema di pubblico, in quanto spesso i bracconieri diventano particolarmente aggressivi coi pescatori locali, nei cui confronti assumono atteggiamenti vessatori e intimidatori.