Con tre appartamenti di proprietà vive in una casa popolare. E quando gliela tolgono fa pure ricorso
A presentare la richiesta è stato il marito (separato) della proprietaria. Ma il Tribunale ha detto "no".
Non una, non due, bensì tre case di proprietà. Ma viveva in un alloggio popolare. E quando il Comune glielo ha tolto, il marito ha avuto pure la faccia tosta di presentare ricorso in Tribunale per cercare di ri-ottenerlo.
Perde la casa popolare perché ne ha tre di proprietà
L’ultimo appartamento è stato acquistato nel settembre 2020, in piena pandemia, e si trova di un paese in provincia di Messina che è considerato una "perla architettonica", inserito nell’elenco dei borghi più belli d’Italia. Eppure, come racconta Prima La Martesana, la protagonista di questa storia viveva in una casa di edilizia pubblica a Milano. Una vicenda tipicamente "all’italiana", già di per sé paradossale, quella con al centro una donna italiana che, a seguito dei controlli patrimoniali, ha perso il diritto a vivere nell’immobile Erp. Se non fosse che il marito ha deciso di presentare pure un ricorso al Tar per "eccesso di potere".
Il marito ha pure fatto causa per riottenere l'immobile
Motivo? La sua richiesta di subentro nel contratto di locazione dell’alloggio pubblico prima intestato alla moglie è stata respinta dal Comune capoluogo. Voleva aggirare l’ostacolo (ossia l’annullamento della concessione) per evitare di rimanere senza un tetto sopra la testa. Questo perché intanto i due coniugi si sono separati.
Un tentativo che potrebbe anche considerarsi legittimo, se non fosse per un particolare evidenziato dai giudici in una recente sentenza sul caso: l’uomo, infatti, risulta proprietario di una quota dell’appartamento in Sicilia.
Il procedimento davanti al Tar non andato come sperato
A essere trascinati in aula sono stati l’Amministrazione comunale milanese e Mm, che ne gestisce il vasto patrimonio immobiliare. La donna (che aveva intanto perso l’alloggio Erp) è risultata intestataria di due immobili a Cologno Monzese: uno in viale Lombardia, l’altro in via Maroncelli, entrambi con cantina e con superfici di 64 e 48 metri quadrati. A questi si è poi aggiunto quello nel Messinese, per altri 59 metri quadrati. Il marito aveva chiesto che il diniego al subentro venisse annullato dal Tar. Ma niente da fare. La legislazione infatti "dispone la decadenza dell’assegnazione nei confronti del nucleo assegnatario che abbia conseguito la titolarità del diritto di proprietà o di godimento su un alloggio ubicato nella stessa provincia di residenza", hanno sottolineato i giudici.
E, in base a ciò, "non è consentito il subentro di un altro soggetto rispetto a chi si trova nella condizioni di decadenza dell’assegnazione dell’alloggio". Insomma, non si può cedere un qualcosa che non si detiene più.