Bianchi riparte e si rinnova con un maxi investimento
30 milioni di euro per portare la produzione a 1000/1500 biciclette al giorno, rispetto alle attuali 200/300. Aumenteranno anche i posti di lavoro, e non di poco.
Un investimento a sette zeri per far tornare Treviglio ad essere la capitale mondiale delle biciclette. Profuma di rinascita il progetto di espansione di «Bianchi», che si appresta nei prossimi mesi a riqualificare completamente e a potenziare il suo quartiere generale delle «Battaglie», e a triplicare (almeno) i volumi di prodotto. Il piano vale trenta milioni di euro e porterà la produzione a 1000/1500 biciclette al giorno, rispetto alle attuali 200/300. Aumenteranno anche i posti di lavoro, e non di poco. Dai 60 del 2018, ai circa 200 attuali, si arriverà intorno ai 300 addetti. Ma soprattutto, rinascerà la grande fabbrica delle Battaglie.
Una delle glorie dell’industria trevigliese si risveglia dopo diversi decenni di declino, durante i quali in cui in più occasioni si era temuto persino un abbandono del sito produttivo. Ne abbiamo parlato con il Ceo di «Bianchi», Fabrizio Scalzotto.
Com’è nata l’idea di questo progetto?
Direi dal forte legame che lega «Bianchi» alla città di Treviglio, innanzitutto. Quest’area è stata proprietà del fondo Lombardini per oltre vent’anni, e qui eravamo in affitto. Avendo la necessità di espanderci, nei mesi scorsi si è posto il problema di dove farlo. Le ipotesi erano due: o qui, investendo in un contesto che nel frattempo era fortemente decaduto, oppure altrove. All’inizio avevamo quasi deciso per un’area nel Milanese: c’era un Comune che aveva grande interesse ad accoglierci...
E poi? Come avete deciso di restare qui?
A Treviglio abbiamo tutta la nostra storia. Per questo, con la proprietà (il gruppo svedese Cycleurope AB, la più importante azienda mondiale nel settore ciclistico, ndr) abbiamo deciso che restare qui, riqualificando un polo produttivo esistente, era la scelta più giusta, in chiave ecologica. Nonostante il fatto che ci costerà parecchio di più, rispetto a quanto avremmo investito per un nuovo impianto altrove, su un’area libera.
Come si articolerà il progetto? Quali saranno i tempi?
Sarà un’operazione complessa: parliamo di riqualificare un’area di 100mila metri quadrati, con 40mila metri quadrati di capannoni. Contiamo di concludere l’intera operazione entro il 2025, cominciando il prima possibile. La prima cosa da fare sarà abbattere le strutture, ormai fatiscenti, dell’attuale sito produttivo (l’area del grande capannone azzurro visibile dalla strada Statale 42, ndr), e ricostruire un nuovo stabile da 17mila metri quadrati. Questo capannone ospiterà il vero nucleo del progetto: un impianto produttivo da 10mila metri quadrati, capace di produrre un migliaio di biciclette al giorno, che ora è in costruzione. Contiamo che questa struttura sia pronta entro dodici mesi, in tempo per mettere in funzione l’impianto stesso.
La produzione si limiterà alle biciclette d’alta gamma, come ora?
No, non solo: potremo produrne di qualsiasi fascia. Il secondo step riguarda il resto dell’impianto, nella quale tra l’altro realizzeremo un museo.
Torniamo al progetto. Parlava di un museo?
Sì, un museo «frontale», accessibile al pubblico, che raccolga 135 anni di biciclette e di sport. Il sogno è quello, che sia il nuovo «front office» della Bianchi.
«Fabbrica italiana velocipedi Edoardo Bianchi». Il vero nome dell’azienda tradisce una storia più che secolare, quando le biciclette ancora non si chiamavano nemmeno così. Cos’è rimasto del retaggio del vostro fondatore?
Beh, dopo 135 anni mi piace pensare che sia rimasta la passione. I nostri clienti, in fondo, sono mossi proprio da questo, dalla passione per la bicicletta. Quando si guida un’auto, la fisicità non serve. Serve passione, invece, per pedalare. Non è da tutti investire dei soldi, magari migliaia di euro, per rischiare un infarto mentre si suda su una salita...
Anche con una E-bike?
Certo: l’E-bike ha solo reso più accessibile a tutti questo sport. Salite che prima erano impensabili senza un grande allenamento, ora possono essere alla portata di più persone. Al momento questo segmento rappresenta il 15% delle nostre vendite, ma la crescita è costante. Mentre il nostro mercato delle biciclette muscolari è mondiale, inoltre, il grosso della domanda per le E-bike, è europea. Anche per questo era utile mantenere la produzione in Italia.
L’intero settore è in netta crescita. Forse è una delle poche cose buone che ci ha lasciato il lockdown e la pandemia è la voglia di un nuovo tipo di mobilità...
In Europa, al momento, il mercato delle biciclette vale 12 bilioni di dollari, e ci aspettiamo che arrivi a 17 bilioni nel 2025. Alla fine del lockdown, a Treviglio, la fila di clienti fuori dal nostro outlet arrivava fino al sagrato della chiesa delle Battaglie… Questa spinta, fortunatamente per noi, si sta però razionalizzando ultimamente. Ma al momento, il settore ha una capacità produttiva che è pari alla metà della domanda...
Sa che c’è chi cancella dalla bici il marchio «Bianchi», per scoraggiare i furti?
Il problema lo conosciamo. Ormai ci sono diversi strumenti, soprattutto sulle biciclette di alta gamma, per rintracciare i legittimi proprietari tramite il numero di serie dei telai. Esistono anche dei tracker, che consentono di individuare la bici tramite Gps. Il problema è che spesso vengono rubate non per essere rivendute come biciclette, ma per essere smontate e rimesse sul mercato a pezzi. Il consiglio è comunque sempre quello di denunciare il furto, e di comunicare il numero di telaio della bici rubata.
L’outlet Bianchi resterà aperto anche dopo l’ampliamento?
Sì, l’intenzione è quella. Ci sono molte bici, perfette, che escono dalla fabbrica e che per un motivo o per un altro non possono essere venduti nei normali canali. Ci sembra giusto mantenere un punto vendita che offra anche un vantaggio concorrenziale, per chi vive in zona e vuole comprare una bici. E poi i trevigliesi, mi sembra di vedere, sono molto sportivi….
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