Giornata dell'Autismo: anche dalla ricerca biomedica italiana attesa una svolta
Il progetto "Gemma" sta "reclutando" neonati che potrebbero sviluppare il disturbo in quanto hanno un fratello o una sorella che ne sono affetti.
Oggi, sabato 2 aprile 2022, Giornata mondiale della consapevolezza dell'Autismo, non solo momenti di sensibilizzazione e condivisione, ma una vera e proprio slancio alla ricerca, attraverso uno studio mirato e forse rivoluzionario.
Gemma il nome del progetto presentato dall’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Itb).
Autismo, il progetto Gemma: la ricerca oltre alla sensibilizzazione
Si tratta di un progetto europeo di ricerca biomedica sull’autismo che intende esplorare le interazioni tra microbioma intestinale, metaboloma, epigenoma e funzione immunitaria, per scoprire biomarcatori che possano garantire la diagnosi precoce dell'autismo e potenziali bersagli per terapie preventive personalizzate.
Un progetto europeo di ricerca biomedica sull’autismo con partner d’eccellenza in Italia, Europa e Stati Uniti, con un programma articolato e già i primi risultati da mettere sul tavolo e poter essere studiati con associazioni, medici, operatori socio-sanitari e insegnati coinvolti e impegnati nell’autismo.
Autismo, fondamentale il gioco di squadra
Lo scopo è creare un rapporto di fiducia e collaborazione fondamentale in un gioco di squadra per raggiungere obiettivi.
Del resto, l'autismo si manifesta in forme diverse nei bambini nei primissimi anni di età e permane per tutta la vita. Il progetto "Gemma" si prefigge allora di indagare, fin dall’esordio e con tecnologie avanzate, le cause genetiche ed ambientali che possono concorrere all’insorgenza dei diversi tipi di autismo e all’impennata di casi registrata negli ultimi decenni.
La lente sui neonati una carta vincente?
La particolarità della ricerca messa in campo è testimoniata dal fatto che il progetto "Gemma" sta "reclutando" neonati che potrebbero sviluppare autismo in quanto hanno un fratello o una sorella che ne sono affetti.
L’identificazione delle cause permetterà di effettuare diagnosi più specifiche e approntare terapie personalizzate e che possano permettere di rendere meno difficili i percorsi di inclusione in età poi adulta.
I risultati della ricerca sulle riviste scientifiche
Alla vigilia del 2 aprile, Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo, i ricercatori dell’Istituto di tecnologie biomediche (Itb) del Cnr hanno pubblicato, sulla rivista Nutrients, il quattordicesimo articolo del progetto europeo "Gemma" (Genome, Environment, Microbiome & Metabolome in Autism) per la ricerca biomedica sull’autismo.
L’articolo riporta lo studio del microbiota intestinale condotto sulle feci di un piccolo numero di bambini con autismo e di bambini neurotipici con lo scopo di capire l’interazione ospite-microbiota.
Il microbiota intestinale, quando ben equilibrato nei suoi componenti, ha un effetto benefico sulla salute, mentre quando è alterato (disbiosi) può causare permeabilità intestinale, infiammazione e scatenare una serie di malattie, non solo intestinali. Alcuni studi che hanno analizzato il microbiota intestinale in bambini con autismo hanno rilevato disbiosi anche se non è ancora chiaro con quali meccanismi di “comunicazione molecolare” essa possa agire sul cervello.
L'originalità dello studio, l'importanza di affinare la ricerca
L’originalità dello studio, coordinato dalla ricercatrice Alessandra Mezzelani (Cnr-Itb), sta nell’aver analizzato con tecnologie d’avanguardia i ceppi batterici e fungini delle feci di questi bambini in parallelo all’analisi di modulatori trascrizionali (molecole che possono regolare la produzione di proteine specifiche) isolati dalle feci stesse.
I risultati ottenuti evidenziano una riduzione del numero di ceppi microbici “salutari” che producono metaboliti essenziali, e un livello più alto di modulatori trascrizionali che regolano l’espressione di proteine coinvolte nella permeabilità intestinale, nell’infiammazione e nell’autismo.
Questo risultato mette in evidenza come la ricerca di base integrata allo sviluppo tecnologico possa portare a comprendere i meccanismi alla base di questo disturbo e all’individuazione di possibili target terapeutici.
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