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Acsm Agam avverte sulle conseguenze della crisi energetica

Perrone: "Quella che stiamo vivendo non è solo una guerra militare, ma anche economica e l'arma è il gas"

Acsm Agam avverte sulle conseguenze della crisi energetica
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In seguito alla crisi energetica che il nostro paese sta vivendo, il gruppo Acsm Agam ha scelto di incrementare le agevolazioni concesse da Arera per il pagamento delle bollette che inevitabilmente risentiranno della crisi internazionali. I clienti di luce, gas e teleriscaldamento potranno chiedere la dilazione delle bollette sino a 10 rate, senza interessi. Una scelta all’insegna della vicinanza territoriale del Gruppo locale, che ha inoltre lanciato un avvertimento riguardo alla situazione energetica del territorio. A parlarne è stato Giovanni Perrone, amministratore delegato di Acel Energie/Enerxenia gruppo Acsm Agam

L’Europa deve preoccuparsi per quando sta succedendo dal punto di vista energetico?

Purtroppo la risposta è sì, anche perché parallela ad una guerra militare scorrerà anche una guerra economica in cui l’arma sarà il gas. Però non tutti i paesi ne saranno impattati nello stesso modo. Quanto ciascuno deve preoccuparsi dipende essenzialmente da tre fattori. Innanzitutto dalla quantità di gas importato dalla Russia rispetto alla quantità totale di gas importato: chi importa prevalentemente dalla Russia è chiaramente più a rischio. In secondo luogo, dalla quantità di gas importato rispetto al consumo nazionale: chi importa il gas che consuma, perchè non ne produce, è più a rischio. Infine dal consumo nazionale di gas rispetto al consumo complessivo di energia: chi consuma tanto gas (per scaldarsi, per muoversi, per i processi produttivi) è a rischio.

Prendiamo la Finlandia. La Finlandia importa tutto il gas che consuma e quasi tutto (il 97%) arriva dalla Russia. Con questi due indicatori ci sarebbe da pensare che è un bel problema, ma in realtà il terzo la mette al riparo perché la Finlandia consuma poco gas, meno del 7% del proprio fabbisogno energetico.

E l'Italia?

Purtroppo l’Italia è tra i paesi europei più esposti a questa crisi energetica perché non ha molta produzione nazionale, visto che importa oltre il 90% del gas che consuma e di questo oltre il 40% arriva proprio dalla Russia. Ma il dato che la rende davvero vulnerabile è il notevole uso del gas: oltre il 40% del fabbisogno energetico è soddisfatto col gas. Usiamo tanto i gas per usi domestici (per cucinare, per produrre acqua calda e per scaldarci), mentre i francesi cucinano e si scaldano prettamente con energia elettrica che producono con centrali nucleari. E anche per produrre energia elettrica consumiamo molto gas, circa il 40%. Così come per consumi industriali o artigianali: pensi solo alle vetrerie di Murano i cui forni sempre accesi bruciano gas per ognuna delle 8760 ore di un anno.

Cosa possiamo fare per far fronte alla crisi energetica?

Nell’immediato possiamo solo ridurre i nostri consumi. La pandemia ci ha dimostrato che se vogliamo siamo capaci di grandi cambiamenti nelle nostre abitudini. Pensi al mondo prima e dopo il Febbraio 2020 e come siamo stati in grado di adattarci. Lo stesso dovremo fare con le abitudini di consumo.

E poi efficientare tutto, dagli elettrodomestici ai processi produttivi passando per illuminazione con lampade a basso consumo. Efficientare vuol dire anche isolare ad esempio gli edifici tramite i cappotti termici o infissi nuovi. Altra parola d’ordine è elettrificare i consumi con piani ad induzione, boiler e radiatori elettrici per poi autoprodurre l’elettricità attraverso forme rinnovabili, meglio ancora se diffuse e distribuite in ogni singola casa o azienda. Chi ha la possibilità economica e tecnica di farlo deve investire nel fotovoltaico. Siamo uno dei paesi col più alto indice di radiazione solare.

Abbinato alla possibilità di poter accumulare energia durante il giorno per consumarla di notte, il fotovoltaico per un paese come l’Italia pe per il Pianeta è il modo migliore per rendersi indipendenti da dinamiche così imprevedibili così più grandi di noi.

Ho usato cinque verbi che ho declinato all’infinito, ma se vogliamo uscirne devono diventare un imperativo.

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