A margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, l’incontro riservato tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump potrebbe segnare una svolta nella guerra in Ucraina.
Secondo fonti diplomatiche citate dal Daily Telegraph e dal Wall Street Journal, il presidente ucraino avrebbe chiesto a Washington la fornitura di missili da crociera Tomahawk, con un raggio d’azione fino a 1.500 chilometri, sottolineando che un’arma di questo tipo potrebbe convincere Vladimir Putin a sedersi al tavolo dei negoziati.
L’apertura di Trump
Il colloquio, definito “estremamente positivo”, avrebbe mostrato un Trump insolitamente aperto: il leader della Casa Bianca non ha preso impegni concreti, ma ha lasciato intendere di essere pronto a revocare le restrizioni all’uso da parte di Kiev di missili a lungo raggio, incluse le autorizzazioni a colpire direttamente obiettivi militari in Russia.

Una posizione che rappresenterebbe un netto cambio di linea rispetto alle cautele espresse dall’amministrazione Biden, che per mesi aveva bloccato l’impiego degli ATACMS e di altri sistemi a lungo raggio americani, ma anche dello stesso Donald Trump. A luglio infatti, interrogato sul tema, il presidente degli USA smentì categoricamente di aver autorizzato o pianificato l’invio di missili a lungo raggio Tomahawk all’Ucraina, negando al contempo di aver mai incoraggiato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a colpire Mosca.
Le reazioni di UE e Russia
Per Kiev, l’eventuale arrivo dei Tomahawk costituirebbe un salto qualitativo nell’arsenale, dopo l’introduzione degli Storm Shadow britannici. Zelensky ha parlato della necessità di garantire “pari capacità di risposta” rispetto alla Russia, che continua a colpire in profondità il territorio ucraino.
“Quell’arma – ha spiegato Zelensky – sarebbe ulteriore pressione su Putin perché si sieda al tavolo. Ne abbiamo bisogno, ma non significa che la useremo”.

In Europa la possibile apertura di Trump è stata accolta con cauto ottimismo. Il segretario di Stato americano Marco Rubio ha invitato i partner ad “interpretare la nuova posizione nel modo più positivo possibile”, aggiungendo che il presidente è “molto arrabbiato con Putin per aver ignorato i suoi tentativi di porre fine alla guerra”.
Dall’altra parte, il Cremlino ha bollato come “irresponsabili” le dichiarazioni di Zelensky sul possibile impiego di missili contro obiettivi strategici, inclusa la minaccia di colpire il Cremlino stesso. Il portavoce Dmitry Peskov ha accusato Kiev di diffondere “minacce disperate” e ha avvertito che ogni discorso sull’abbattimento di jet russi da parte della NATO costituirebbe “una provocazione estremamente pericolosa”.
La situazione sul campo
Mentre sul piano diplomatico si discute di nuove forniture, il fronte resta infuocato. A Pokrovsk, nel Donetsk, il comandante ucraino Oleksandr Syrskyi ha dichiarato che diverse unità russe sarebbero finite “in trappola” dopo aver avanzato in profondità oltre il fiume Kazennyi Torets, e che la loro distruzione è in corso. Kiev rivendica la liberazione di oltre 300 chilometri quadrati nelle ultime settimane, mentre Mosca annuncia di aver preso il controllo della località di Yunakivka, nella regione di Sumy.
Cresce inoltre l’allarme in Europa per l’intensificarsi di episodi di guerra ibrida: lo spazio aereo danese è stato più volte chiuso per la presenza di droni sospetti, con episodi simili segnalati in Polonia, Romania e Norvegia. La premier Mette Frederiksen ha parlato di possibili operazioni legate alla Russia, mentre il segretario generale della NATO Mark Rutte ha avvertito che i jet russi “potrebbero essere abbattuti” in caso di ulteriori violazioni.
Sul fronte diplomatico, nuove frizioni emergono tra Ucraina e Ungheria. Zelensky ha denunciato il sorvolo di droni ungheresi nello spazio aereo ucraino, accusa respinta con durezza dal ministro degli Esteri Peter Szijjarto, secondo cui il presidente ucraino “sta perdendo la testa per la sua ossessione anti-ungherese”.