Turchia, arrestati giornalisti e fumettisti per una vignetta su Maometto
Il governo accusa il giornale Leman di “denigrare i valori religiosi”. Assalti alla sede, tensioni in piazza

Alta tensione in Turchia dopo la pubblicazione di una vignetta su Maometto considerata blasfema. La magistratura di Istanbul ha emesso mandati di arresto contro i vertici del settimanale satirico Leman, uno dei più noti e longevi del Paese. Nel mirino sono finiti il proprietario della rivista, il direttore responsabile, il caporedattore e il vignettista.
Le accuse: “denigrazione aperta dei valori religiosi” e “istigazione all’odio”. Oltre agli arresti, è stato ordinato il sequestro dell’intero numero incriminato e il blocco dei profili social ufficiali della testata.
La tensione è esplosa nella serata del 30 giugno 2025, quando è stato arrestato l’autore della vignetta, il fumettista identificato con le iniziali D. P.. Il video del suo fermo è stato pubblicato direttamente dal ministro dell’Interno, Ali Yerlikaya, sulla piattaforma X, accompagnato da un messaggio durissimo:
“Maledico ancora una volta coloro che cercano di seminare ipocrisia dipingendo caricature del Profeta”.
Hadsiz derginin grafikeri C.O. adlı şahıs da yakalanarak gözaltına alındı.
Sevgili Peygamberimize (S.A.V.) yönelik gerçekleştirilen bu alçaklık hukuk önünde hak ettiği cezayı görecektir. pic.twitter.com/deWsbRWPFi
— Ali Yerlikaya (@AliYerlikaya) June 30, 2025
Vignetta sotto accusa e violenze davanti alla sede
La vignetta al centro del caso era stata pubblicata nel numero del 26 giugno 2025. Nella scena disegnata, Maometto e Mosè appaiono sospesi in aria, circondati da bombe e proiettili, con una città in fiamme sullo sfondo. Maometto saluta con “Selam aleykum”, Mosè risponde con “Aleikhem shalom”. I due si stringono la mano.
Il disegno ha suscitato una reazione durissima da parte di ambienti religiosi. Decine di manifestanti si sono radunati davanti alla redazione di Leman, situata lungo una delle principali vie pedonali di Istanbul. “Lunga vita alla Sharia” e “occhio per occhio, sangue per sangue, vendetta per vendetta” sono stati alcuni degli slogan gridati dai presenti. In serata, un gruppo più radicale ha assaltato fisicamente la sede del giornale, cercando di sfondare l’ingresso e rompendo finestre con bastoni e pietre. Solo l’intervento tempestivo della polizia ha evitato il peggio.
Poco prima, un bar frequentato da giornalisti della rivista era stato preso di mira da una decina di individui, provocando scontri con le forze dell’ordine e accrescendo il clima di caos.
La reazione della politica: “Nessuna scusa sotto la libertà di stampa”
Anche il governo è intervenuto con dichiarazioni di condanna. Il portavoce del presidente Recep Tayyip Erdoğan ha definito la vignetta “un insulto immorale”:
“Questa mancanza di rispetto nei confronti del nostro Profeta, guida unica dei musulmani, non può essere giustificata in alcun modo dalla libertà di stampa”.
Nonostante la repressione, numerosi messaggi di solidarietà alla redazione di Leman stanno circolando sui social, dove centinaia di utenti turchi denunciano la crescente censura governativa e l’uso politico della religione.
Non è un caso isolato: la lunga guerra del governo contro la satira
L’attacco al settimanale Leman non è un episodio isolato nella storia recente della satira in Turchia. Già nel 2012, un gruppo di estremisti diede fuoco alla sede della rivista Penguen, altra storica testata satirica. Un anno prima, il fumettista Bahadir Baruter fu portato a processo per una vignetta giudicata offensiva verso la religione, con l’accusa di “insulto ai valori religiosi”.
Una repressione sistematica: il precedente delle proteste di marzo
L’episodio si inserisce in un contesto più ampio di repressione del dissenso. Nel marzo 2025, il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoğlu, figura di spicco dell’opposizione e membro del Partito Popolare Repubblicano (CHP), è stato arrestato insieme ad altre 100 persone, con l’accusa di corruzione.
L’arresto aveva scatenato una massiccia ondata di proteste in tutto il Paese, con migliaia di manifestanti – molti dei quali studenti – scesi in piazza in 55 delle 81 province turche. Scontri violenti tra manifestanti e polizia si erano verificati ad Ankara, Smirne e Istanbul, dove le forze dell’ordine avevano usato idranti, gas lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere la folla. Oltre 1.100 persone erano state arrestate nei primi giorni.