Donald Trump ha firmato un memorandum che consente al Dipartimento di Giustizia di reintrodurre la pena di morte a Washington D.C., abolita dal Congresso locale nel 1981. L’annuncio è arrivato dallo Studio Ovale, dove il presidente ha parlato di “tolleranza zero” contro la criminalità nella capitale.
🚨 BREAKING: President Trump just signed an executive order MANDATING the death penalty for murderers in DC
Trump is making DC a model for the rest of the country. States WILL follow Trump on this!
“Washington will serve as a beacon,” Trump said
“Capital punishment in the… pic.twitter.com/262F5xQOwa
— Nick Sortor (@nicksortor) September 25, 2025
Trump: “Non possiamo permettere omicidi”
“Se uccidi qualcuno, o se uccidi un agente di polizia, un appartenente alle forze dell’ordine, c’è la pena di morte”, ha dichiarato Trump, definendo il provvedimento “una pena capitale per la capitale” e “un deterrente molto potente”.
.@AGPamBondi: “Not only are we seeking [capital punishment] in Washington, D.C., but all over the country.” pic.twitter.com/sNWR4cAnSL
— Rapid Response 47 (@RapidResponse47) September 25, 2025
“Non possiamo permettere che accadano omicidi. Magari la gente viene dall’Iowa per vedere il Lincoln Memorial e finisce per essere uccisa. Non succederà più. E se succede, c’è la pena di morte per chi l’ha fatto”, ha aggiunto.
Il memorandum ordina specificamente alla procuratrice generale Pam Bondi e alla procuratrice degli Stati Uniti per il Distretto di Columbia, Jeanine Pirro, di “applicare pienamente la pena di morte qui a Washington D.C., laddove le prove e i fatti del caso indichino che debba essere utilizzata”, ha spiegato il segretario dello staff della Casa Bianca, Will Scharf.

Accanto a Trump nello Studio Ovale, Bondi ha sottolineato che la misura non riguarda soltanto la capitale:
“Non solo la stiamo richiedendo a Washington, ma in tutto il Paese, ancora una volta”.
Negli Stati Uniti la pena di morte resta in vigore in 27 Stati. La decisione del presidente ha così riacceso il dibattito su uno strumento da sempre al centro di divisioni politiche e giudiziarie, tra chi lo considera una garanzia di sicurezza pubblica e chi teme il rischio di errori giudiziari e ingiustizie sociali.