La questione ostaggi resta il fattore più intricato da risolvere per il cessate il fuoco a Gaza. Nella serata di mercoledì 15 ottobre 2025, Hamas ha restituito due nuovi corpi di prigionieri trattenuti a Gaza, portando a nove il totale dei cadaveri riconsegnati su 28. I restanti 19, secondo il gruppo islamista, sarebbero ancora “irraggiungibili”.
Per le ricerche, si è parlato anche dell’invio di un team di 81 esperti turchi di operazioni post-terremoto per localizzare e recuperare i corpi sepolti sotto le macerie.
L’ala militare di Hamas ha spiegato che il recupero “richiede sforzi significativi e attrezzature specializzate per localizzarli ed estrarli”. Israele contesta la versione, sostenendo che i miliziani potrebbero recuperarne “almeno altri dieci”, e ha fornito ai mediatori internazionali una lista di luoghi dove si troverebbero le salme.
Trump: “Israele potrà tornare a combattere se Hamas non rispetta l’accordo”
In un’intervista alla CNN, il presidente americano Donald Trump ha dichiarato che potrebbe “prendere in considerazione” la possibilità di consentire a Israele di riprendere l’azione militare nella Striscia se Hamas non rispetterà la propria parte dell’intesa di cessate il fuoco.
L’accordo prevede la restituzione di tutti gli ostaggi, vivi o morti, e il disarmo del gruppo jihadista.
“Ci penso io – ha detto Trump– Israele tornerà in quelle strade non appena lo dirò. Se potesse entrare e farli fuori, lo farebbe”.
Durante una successiva conferenza stampa alla Casa Bianca, il tycoon ha tuttavia smorzato i toni, sottolineando che “non serve l’intervento di soldati americani a Gaza”, dove due dozzine di militari statunitensi già operano in compiti di logistica e coordinamento.
“Nessuno verrà lasciato indietro”: la promessa alle famiglie degli ostaggi
Nella serata di ieri, intanto, Hamas ha restituito il corpo di due vittime: si tratta di Inbar Haiman, 27 anni, e del sergente maggiore Muhammad el-Atrash, 39. La prima era stata uccisa al festival del 7 ottobre 2023, il secondo era stato dichiarato ufficialmente morte a dicembre dello stesso anno.
Il governo israeliano, da parte sua, ribadisce l’impegno a riportare a casa tutti.
“Non ci fermeremo finché tutti non torneranno”, è il messaggio rivolto alle famiglie.
Seconda fase in stallo
La seconda fase dell’accordo, dunque, è al momento in stallo. Una fonte egiziana citata dal quotidiano saudita Asharq al Awsat, ha spiegato che “è necessaria la presenza di forze internazionali per evitare future difficoltà, e questo è ciò su cui l’Egitto sta lavorando”.
La stessa fonte ha aggiunto che “la situazione sul terreno è estremamente pericolosa, con segni di divisione che potrebbero ampliarsi. Siamo teoricamente nella seconda fase, come afferma il presidente statunitense Donald Trump, ma in pratica non è ancora iniziata. È una fase difficile, la strada è accidentata e per nulla facile. Non esistono ancora le condizioni idonee per poter dire che siamo entrati nella seconda fase”.