Una ne pensa, cento (in questo caso, forse) ne fa. L’avevamo scritto poco più di 24 ore fa: Donald Trump del verbo annoiarsi proprio non sembra conoscere l’esistenza.
E così, dopo l’Ucraina, Gaza, lo shutdown, ecco ora un possibile attacco al Venezuela.

Ufficialmente ai narcotrafficanti che spadroneggiano nel Paese, più sottilmente forse contro il regime dittatoriale di Maduro, sospettato di avere legami proprio coi narcos.
Trump nega piani d’attacco, Maduro cerca sostegno da Russia, Cina e Iran
Fatto sta che quella che sarebbe l’imminente azione Usa ordinata da Trump è stata svelata in queste ultime ore da due giornali a stelle e strisce, The Wall Street Journal e The Miami Herald.
Le due testate hanno dato conto che l’amministrazione Trump avrebbe già individuato diversi obiettivi strategici all’interno del territorio venezuelano.
Si tratterebbe, secondo tali ricostruzioni, di basi militari, porti e aeroporti ritenuti funzionali a una presunta rete di narcotraffico collegata al regime di Caracas.
Va però evidenziato che gli stessi giornali Usa hanno riportato che non sarebbe ancora stata presa alcuna decisione definitiva in merito a un intervento armato.
Tanto è vero che interpellato direttamente sulla questione, il numero uno della Casa Bianca ha escluso in modo netto qualsiasi intenzione di attacco, rispondendo con un secco “no” ai giornalisti che gli chiedevano se stesse valutando un’operazione militare contro il Venezuela.
Washington punta sui legami tra Maduro e il narcotraffico
Fatto sta che sempre dalle indiscrezioni dei reporter, il piano d’azione lanciato da Washington – qualora venisse approvata – avrebbe come obiettivo la distruzione di infrastrutture militari e logistiche usate per il traffico di droga.
Gli Stati Uniti accusano da tempo l’entourage di Maduro di essere coinvolto direttamente nelle rotte del narcotraffico internazionale.

Nel mirino ci sarebbero anche figure di vertice del governo venezuelano, indicate come parte di una rete che, secondo Washington, favorirebbe il passaggio di cocaina e altre sostanze verso il Nord America.
Diversa sarebbe invece la “fotografia” sul Fentanyl, sostanza sintetica al centro della crisi degli oppiacei negli Stati Uniti.
La “droga degli zombie” come ormai viene comunemente chiamata, non risulta infatti al momento riconducibile al Venezuela, essendo prodotta principalmente in Messico con precursori chimici importati dalla Cina.
Le forze americane nel Mar dei Caraibi
In ogni caso, la situazione è attenzionata da tempo e un’eventuale azione americana non sarebbe tutto sommato un fulmine a ciel sereno.
Negli ultimi mesi infatti gli Stati Uniti hanno rafforzato la loro presenza militare nella regione caraibica.
Il Pentagono ha dispiegato una portaerei, diverse unità navali e reparti di forze speciali, oltre a aerei da ricognizione e bombardieri B-52 e B-1, che hanno condotto missioni di sorvolo lungo le coste venezuelane.
Addirittura pare che in tutta questa azione propedeutica a un’eventuale attacco, sarebbe stata interessata anche la Cia con operazioni segrete in territorio venezuelano, anche se la natura di tali attività resta evidentemente coperta dal più totale riserbo.
Maduro chiede aiuto a Mosca, Pechino e Teheran
In ogni caso, nonostante la smentita ufficiale all’intenzione di attaccare, Nicolás Maduro si muove per cercare sostegno e copertura internazionale.
Politica, ma anche e soprattutto concreta, da Paesi che hanno arsenali in grado di controbattere alla potenza a stelle e strisce.
Ecco allora che sempre dai giornali americani arriva un’altra indiscrezione: secondo quanto riportato dal Washington Post, il leader venezuelano avrebbe infatti scritto una lettera al presidente russo Vladimir Putin, chiedendo assistenza per rafforzare le difese aeree del Paese, riparare i velivoli militari e ottenere nuovi sistemi missilistici.

Fonti vicine a Caracas parlano anche di contatti con la Cina e l’Iran.

A Pechino, Maduro avrebbe proposto una forma di cooperazione militare per fronteggiare quella che definisce una “escalation provocata dagli Stati Uniti”.
Usa-Venezuela, equilibrio precario
Dunque, un eventuale intervento armato americano rappresenterebbe una svolta pericolosa nella già complessa crisi venezuelana.
Finora le operazioni di Washington si sono limitate a colpire imbarcazioni sospettate di trasportare droga, ma un attacco su obiettivi terrestri segnerebbe un salto di livello nella pressione sul regime di Maduro.
Al momento, come detto, la posizione ufficiale della Casa Bianca resta di piena smentita: nessuna decisione operativa sarebbe stata presa, anche se il dispiegamento di mezzi e truppe nella regione lascia aperti tutti gli scenari.
Chi governa ora in Venezuela e chi governava in passato
Per capire il ruolo e la collocazione politica di Nicolás Maduro, serve guardare al contesto più ampio del “chavismo”, cioè il movimento politico nato attorno alla figura di Hugo Chávez, suo predecessore.
