Dopo la firma dello storico accordo di pace per Gaza, siglato dal presidente americano Donald Trump insieme a Egitto, Qatar e Turchia, si apre una nuova fase per il Medio Oriente.

L’intesa, raggiunta a Sharm el-Sheikh, segna ufficialmente la fine del conflitto e pone le basi per la ricostruzione della Striscia, ma introduce anche un elemento inedito e delicato: Hamas potrà operare come forza di polizia palestinese, seppur con mandato temporaneo.
Il vertice e la road map per Gaza
A novembre, il Cairo ospiterà una conferenza dedicata alla ricostruzione della Striscia di Gaza. Sarà il primo banco di prova “politico” dell’accordo, utile a misurare l’effettiva volontà delle parti e la distribuzione dei ruoli delineata dal nuovo pivot diplomatico rappresentato dalla Casa Bianca.
La firma dell’intesa, sottolineano i protagonisti, racchiude molteplici aspetti non solo tecnici, ma anche geopolitici e infrastrutturali, in un contesto che vede l’Egitto come attore chiave. Non a caso Trump ha elogiato il presidente Abdel Fattah al-Sisi, definendolo un partner centrale nel progetto:
“Sappiamo tutti come ricostruire, e sappiamo come costruire meglio di chiunque altro al mondo”.
Al-Sisi, da parte sua, ha ribadito la necessità di un “orizzonte politico essenziale” e di una prospettiva fondata sulla soluzione dei due Stati, confermando il ruolo del Cairo come cerniera strategica tra mondi e interessi diversi.
“Un nuovo inizio per il Medio Oriente”
Nel suo intervento, Trump ha definito l’accordo “una svolta epocale”, sottolineando che segna “un nuovo inizio per l’intero Medio Oriente”. Il presidente americano ha aggiunto: “Da questo momento in poi possiamo costruire una regione forte, stabile, prospera e unita nel respingere una volta per tutte la via del terrore”.
Hamas e il ruolo di sicurezza
L’aspetto più delicato dell’intesa riguarda il futuro di Hamas. Secondo i termini dell’accordo, il movimento islamista potrà operare come forza di polizia nella Striscia di Gaza, ma solo per un periodo limitato e sotto supervisione internazionale.
Interrogato dai giornalisti sul punto, Trump ha confermato:
“Abbiamo dato loro l’approvazione per un periodo di tempo. Vogliono porre fine ai problemi e lo hanno detto apertamente, e abbiamo dato loro l’approvazione per un periodo di tempo. Penso che andrà tutto bene”.
Questa apertura, frutto di un delicato compromesso, punta a garantire la stabilità interna nella fase di transizione, evitando un vuoto di potere immediato dopo la fine delle ostilità.
La reazione di Hamas
Dal canto suo, Hamas ha accolto con favore l’accordo, definendo il rilascio dei prigionieri palestinesi concordato con Israele “una pietra miliare luminosa nella nostra continua lotta per la libertà e la liberazione”.
Il movimento ha parlato di un “risultato nazionale”, aggiungendo:
“Ci congratuliamo con i nostri prigionieri liberati, con le loro forti famiglie e con le masse del nostro orgoglioso popolo palestinese per aver ottenuto la loro liberazione” dalle carceri israeliane.
Il nuovo equilibrio regionale
La firma dell’accordo di Sharm el-Sheikh e il coinvolgimento diretto di Egitto, Turchia e Qatar evidenziano il tentativo di costruire un nuovo equilibrio nel Medio Oriente post-bellico, dove la stabilità passa anche attraverso una gestione condivisa della sicurezza e della ricostruzione.
L’intesa rappresenta, nelle parole di Trump, “un nuovo inizio” ma anche una prova cruciale: quella di trasformare un fragile cessate il fuoco in un percorso politico duraturo, in grado di restituire a Gaza una prospettiva di normalità dopo anni di conflitto.