tragedia sull'Himalaya

Tre alpinisti italiani morti in Nepal. Farnesina: “Poche probabilità per i due dispersi”

Buone notizie, invece, per i cinque connazionali che risultavano irraggiungibili: "Stanno bene e proseguiranno il loro programma, con rientro a Kathmandu"

Tre alpinisti italiani morti in Nepal. Farnesina: “Poche probabilità per i due dispersi”

Una serie di valanghe ha colpito tra venerdì 31 ottobre 2025 e lunedì 3 novembre 2025 le montagne del Nepal, travolgendo spedizioni internazionali e trasformando due avventure alpinistiche in un dramma. Sono almeno sette le vittime complessive, tre delle quali italiane, in due distinti incidenti avvenuti sul Panbari Himal e sul picco Yalung Ri, due delle montagne più remote e difficili dell’Himalaya.

Le autorità nepalesi e italiane hanno confermato i nomi delle vittime: Alessandro Caputo, Stefano Farronato, Paolo Cocco.

Flebili le speranze per Markus Kirchler e Marco Di Marcello, considerati dispersi. Il ministero degli Affari Esteri parla di “scarse probabilità di sopravvivenza”. Le ricerche dei due dispersi riprenderanno nelle prossime ore in un’area ben individuata.

Il primo disastro: venerdì sul Panbari Himal

La tragedia si è aperta venerdì scorso sul Panbari Himal, una montagna di 6.887 metri tra le più isolate del Nepal occidentale.

Durante una scalata della spedizione “Panbari Q7”, una valanga ha travolto un gruppo di tre alpinisti italiani.

 

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Alessandro Caputo, 28 anni, maestro di sci milanese, e Stefano Farronato, 50 anni, arboricoltore di Bassano del Grappa, non ce l’hanno fatta.

Stefano Farronato

Il terzo membro del team, Valter Perlino, 64 anni, veterinario di Pinerolo e capo spedizione, è sopravvissuto solo perché costretto a rimanere al campo base a causa di un infortunio al piede.

 

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È stato lui, dopo aver perso i contatti con i compagni, a dare l’allarme e a raccontare le difficoltà vissute sul versante:

“Ogni metro guadagnato è frutto di forza, esperienza e rispetto per la montagna”, scrivevano gli alpinisti poco prima dell’incidente.

Valter Perlino, sopravvissuto

Il Panbari Himal è una delle montagne meno esplorate del Paese, aperta alle spedizioni straniere solo nel 2002. In quei giorni la zona era stata investita dal ciclone Montha, che aveva portato nevicate eccezionali e forti venti, rendendo instabili i pendii e pericolose le condizioni di scalata.

Alessandro Caputo

Lunedì la seconda tragedia: la valanga dello Yalung Ri

Poche ore dopo la prima tragedia, un’altra valanga ha colpito duramente una seconda spedizione, stavolta sul picco Yalung Ri, nel Nepal centrale, a circa 6.900 metri di quota.

Lunedì mattina, 3 novembre 2025, intorno alle 10:30 ora locale, un’enorme massa di neve si è staccata e ha travolto il campo base dove si trovavano dodici persone.

Paolo Cocco

Il bilancio è stato pesantissimo: sette morti, tra cui l’italiano Paolo Cocco, fotografo di Fara San Martino (Chieti).

Marco Di Marcello, 37 anni, biologo e guida alpina abruzzese e Markus Kirchler, originario dell’Alto Adige, sono invece considerati “dispersi”, ma – come chiarito dalla Farnesina – con poche possibilità di sopravvivenza.

Markus Kirchler

L’allarme è stato lanciato dai sopravvissuti e dalle agenzie che seguivano la spedizione. Fra i testimoni, Phurba Tenjing Sherpa dell’agenzia Dreamers Destination, che ha raccontato di aver visto sette corpi sul posto.

Le prime operazioni di soccorso, coordinate da Mingma Sherpa della Seven Summit Treks, sono state ostacolate dal maltempo e dalla scarsissima visibilità, che hanno impedito agli elicotteri di raggiungere subito l’area. Solo martedì mattina quattro feriti — due alpinisti francesi e due sherpa nepalesi — sono stati evacuati e trasferiti a Kathmandu per ricevere cure mediche.

Soccorsi difficili e comunicazioni interrotte

Il Nepal, in quei giorni, è stato teatro di un’ondata di maltempo senza precedenti. Le forti nevicate e i venti di quota hanno bloccato voli, trekking e missioni di soccorso.

Il dipartimento del turismo nepalese ha spiegato che le spedizioni coinvolte appartenevano a diverse agenzie — Dreamers Destination, Wilderness Outdoors e Yatri Treks — e che tutte le operazioni di ricerca sono state coordinate in collaborazione con le autorità italiane.

Nel frattempo la Farnesina, in stretto contatto con il consolato generale a Calcutta e con il consolato onorario a Kathmandu, ha attivato l’unità di crisi per assistere le famiglie e seguire l’evoluzione delle ricerche.

I dispersi italiani

Fra i dispersi dello Yalung Ri c’è Marco Di Marcello, la guida alpina abruzzese di 37 anni. Nonostante la valanga che ha distrutto il campo base, il suo dispositivo satellitare continua a trasmettere segnali di posizione a intervalli regolari.

Marco Di Marecello

Questo dettaglio aveva riacceso la speranza tra i familiari e tra le autorità regionali. In un primo momento, infatti, era stata diffusa la notizia — poi smentita — del ritrovamento del corpo di Di Marcello. Il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, ha dovuto precisare che si era trattato di un errore:

“I familiari ci hanno informato che il rilevatore di Marco mostra segni di movimento. Vogliamo fare nostra questa speranza, nella speranza che possa concretizzarsi”.

Le ricerche continuano, ma le condizioni del tempo restano proibitive. Le squadre di soccorso nepalesi attendono finestre di visibilità per riprendere i voli in elicottero e cercare di raggiungere l’area del disastro.

“Siamo convinti che Marco sia vivo e che stia cercando con i mezzi a disposizione di farsi trovare – le parole del fratello Gianni. Sono sicuro che abbia messo il rilevatore in richiesta di soccorso, perché ha trasmesso diverse posizioni e con una frequenza più breve di aggiornamenti. Vediamo che si sposta in continuazione, lo ha fatto in salita di quota e ad una distanza di 500 metri da dove era in precedenza: poi torna indietro e noi crediamo che abbia trovato un cunicolo, abbia scavato una specie di riparo, almeno questa è la nostra speranza, dove raccogliersi per affrontare temperature e notte. Lui è forte, Marco ce la farà”.

A Bolzano, invece, sono in molti a ricordare il 29enne Markus Kirchler, dando ormai per certa la sua scomparsa anche se il suo corpo non è stato trovato né identificato. Il suo ex istituto tecnico economico, l’Heinrich Kunter di Bolzano, lo ricorda “come un giovane riflessivo e determinato, che affrontava i suoi compiti con calma e passione”.

“L’intera comunità scolastica è vicina, con il pensiero, alla sua famiglia e ai suoi amici”, si legge sul sito della scuola.

Farnesina: “Altri 5 italiani stanno bene”

Timori, nelle scorse ore, per altri cinque-sei italiani le cui condizioni risultavano non verificabili e che si trovano in altre aree del Nepal. Il consolato ha sollecitato le autorità locali.

Oggi, 6 novembre 2025, arrivano buone notizie da quel fronte. Sono stati ristabiliti i contatti dopo giorni con il gruppo dei cinque escursionisti italiani, della provincia di Como. La conferma è arrivata al Consolato generale a Calcutta rischierato in Nepal dall’agenzia di Milano e da quella nepalese.

Lo riferisce la Farnesina in una nota. ”I connazionali hanno riferito di stare bene e che proseguiranno il loro programma, con rientro a Kathmandu l’8 novembre”, afferma la Farnesina.

Si tratta nel loro caso di un itinerario che si svolge a quote medio-basse.

L’ombra lunga dell’Himalaya

Il doppio incidente ha scosso profondamente la comunità alpinistica italiana e internazionale. Due spedizioni distinte, accomunate dallo stesso destino, hanno perso in pochi giorni cinque italiani uniti dalla passione per la montagna.

Sul Panbari Himal e sullo Yalung Ri, le valanghe hanno ricordato a tutti la fragilità dell’uomo di fronte alla natura estrema dell’Himalaya. Ora, mentre i soccorsi cercano ancora i dispersi e le famiglie attendono notizie, resta il dolore per le vite spezzate e la speranza, per quanto tenue, che non tutte le storie si concludano in tragedia.