MEDIORIENTE

Sì di Hamas a nuova proposta di tregua, ma da Israele è gelo

"Vogliono tornare a discutere di un accordo perché temono che invaderemo Gaza City"

Sì di Hamas a nuova proposta di tregua, ma da Israele è gelo
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Una nuova proposta di cessate il fuoco è arrivata sul tavolo di Hamas al Cairo. Dopo giorni di consultazioni interne con la Jihad islamica e le altre fazioni palestinesi, il movimento islamista ha detto sì al piano presentato dai mediatori di Qatar ed Egitto. Ma da Israele la risposta è stata fredda, con il premier Benjamin Netanyahu che ha ribadito la linea dura: niente accordi parziali.

La proposta dei mediatori

Lo schema negoziale prevede una tregua iniziale di 60 giorni, per aprire la strada a un cessate il fuoco permanente. In cambio, Hamas rilascerebbe in due fasi i 49 ostaggi israeliani ancora nelle sue mani, vivi e morti: dieci prigionieri vivi e 18 salme subito, i restanti 12 vivi e 9 deceduti in un secondo momento. La proposta, simile a quella elaborata dall’inviato speciale statunitense Steve Witkoff, include garanzie internazionali e la possibilità di avviare negoziati più ampi per la fine della guerra.

Hamas presenta la risposta alla proposta di tregua
Hamas

“Hamas ha fornito la sua risposta ai mediatori, confermando che insieme alle fazioni ha accettato la nuova proposta di cessate il fuoco senza richiedere emendamenti”, ha dichiarato una fonte palestinese citata dall’Afp. “La palla ora è nel campo israeliano”, hanno sottolineato gli emissari egiziani e qatarioti.

Il rifiuto israeliano

Da Tel Aviv, però, le reazioni sono state improntate alla diffidenza.

Vogliono tornare a discutere di un accordo perché temono che invaderemo Gaza City”, ha commentato il governo israeliano, lasciando intendere che la disponibilità di Hamas derivi dalla crescente pressione militare.

Netanyahu: "A Gaza ci sono ancora migliaia di terroristi"
Benjamin Netanyahu

Netanyahu ha ribadito che Israele non intende acconsentire a tregue temporanee: il conflitto si concluderà solo con il rilascio simultaneo di tutti gli ostaggi, il disarmo di Hamas e la completa smilitarizzazione della Striscia. A sostegno di questa posizione si è espresso anche il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, che ha ricordato come il premier non abbia “il mandato per un accordo parziale”.

Trump: "Ostaggi liberi solo dopo la distruzione di Hamas"

A rafforzare la linea dura del governo israeliano è intervenuto anche Donald Trump.

Vedremo il ritorno degli ostaggi rimasti solo quando Hamas sarà affrontata e distrutta. Prima accadrà, maggiori saranno le possibilità di successo”, ha scritto il presidente americano sul suo social Truth.

Sul terreno, intanto, l’Idf ha predisposto un piano operativo per l’occupazione di Gaza City, considerata la roccaforte politica e militare del movimento islamista. Secondo indiscrezioni militari, l’evacuazione della popolazione durerà circa due mesi, prima dell’avvio dell’offensiva terrestre.

Pressioni internazionali e rischio escalation

Mentre Israele prepara l’assalto a Gaza City, le Nazioni Unite avvertono del rischio di una catastrofe umanitaria: la nuova fase del piano militare israeliano, secondo l’Onu, potrebbe “innescare un’altra calamità nella Striscia”. Netanyahu, dal canto suo, ha cercato di rassicurare sulla distribuzione degli aiuti:

Abbiamo sempre lavorato per scongiurare una crisi umanitaria. Gli unici che muoiono di fame sono i nostri ostaggi”, ha dichiarato il premier israeliano, annunciando l’apertura di nuovi corridoi sicuri.

Per ora, dunque, la tregua resta sospesa tra l’apertura di Hamas e il gelo israeliano, mentre sul terreno il conflitto sembra destinato a intensificarsi ulteriormente.