Dopo quaranta giorni di paralisi amministrativa, il più lungo shutdown della storia recente degli Stati Uniti, il Senato americano ha raggiunto nella notte un accordo bipartisan per finanziare temporaneamente il governo federale fino al 30 gennaio, ponendo fine alla chiusura parziale delle attività pubbliche.
La notizia è stata confermata dalla Cnn, che cita fonti vicine ai negoziati. L’intesa ha raccolto il sostegno di otto senatori democratici, consentendo di superare la soglia dei 60 voti necessaria per l’approvazione.
Obamacare scorporato: il voto rinviato a dicembre
Il compromesso prevede che la decisione sull’Obamacare, tema centrale del confronto tra democratici e repubblicani, venga rinviata a dicembre. Sarà oggetto di un voto separato, in base a un testo redatto dai democratici ma senza garanzia di approvazione. Il leader della maggioranza repubblicana John Thune ha promesso di portare la misura in aula entro fine anno.
Il tema resta tuttavia altamente divisivo. La maggioranza democratica, incluso il leader al Senato Chuck Schumer, ha votato contro l’intesa, mentre altri esponenti del partito hanno scelto di sostenere il compromesso per riaprire le istituzioni federali.
Riassunzione e stipendi arretrati per i dipendenti federali
Uno degli aspetti chiave dell’accordo riguarda la riassunzione dei dipendenti federali licenziati durante lo shutdown e la retribuzione retroattiva per gli impiegati in congedo forzato. Il provvedimento impedisce inoltre all’Ufficio di Gestione e Bilancio di attuare nuovi licenziamenti di massa fino al 30 gennaio.
La misura garantisce anche i fondi per l’intero anno fiscale ad alcuni settori considerati essenziali, come il Dipartimento dell’Agricoltura, i programmi di assistenza alimentare (food stamps), il Dipartimento dei Veterani, l’edilizia militare e le operazioni del Congresso.
Un compromesso dei moderati
L’accordo è stato negoziato da un gruppo di senatori democratici moderati, tra cui Jeanne Shaheen e Maggie Hassan del New Hampshire, Angus King del Maine (indipendente) e Tim Kaine della Virginia, uno stato duramente colpito dalla chiusura del governo. Kaine ha sostenuto il testo, mentre il collega Mark Warner ha votato contro, giudicando inaccettabile un’intesa che non garantisca la sostenibilità dei costi dell’assicurazione sanitaria per i cittadini.
«Dopo sei settimane era evidente che né i repubblicani né la Casa Bianca avrebbero ceduto”, ha dichiarato Shaheen, sottolineando la necessità di “riaprire il governo e ripristinare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni”.
Disagi e tensioni politiche
Lo shutdown ha avuto ripercussioni significative su tutto il Paese: migliaia di voli cancellati o in ritardo alla vigilia del Giorno del Ringraziamento, servizi pubblici sospesi e milioni di famiglie a rischio per la sospensione degli aiuti alimentari.
Nonostante l’accordo, il fronte politico resta spaccato. Il presidente Donald Trump, rientrando alla Casa Bianca, ha dichiarato di ritenere “vicina la fine dello shutdown”, ma ha ribadito la sua opposizione a qualsiasi misura che estenda l’assistenza sanitaria agli “immigrati irregolari”.
I democratici replicano che, senza un’estensione dei sussidi, 22 milioni di cittadini rischiano di vedere raddoppiare i costi dell’assicurazione sanitaria.
Il senatore indipendente Bernie Sanders ha criticato duramente l’intesa, definendola “una concessione inaccettabile” e ricordando che “gli elettori si aspettano che i democratici difendano l’assistenza sanitaria, non che cedano a Trump”.
Un primo passo verso la normalità
Al centro del compromesso ci sono anche tre proposte di legge condivise tra moderati di entrambi i partiti, che garantiscono il finanziamento di programmi agricoli e mantengono in vita iniziative come Food for Peace, destinate a fornire eccedenze agricole americane ai Paesi in difficoltà — programmi che l’amministrazione Trump aveva tentato di eliminare.
Sebbene il compromesso non risolva le tensioni di fondo sulla spesa pubblica e sull’assistenza sanitaria, rappresenta un passo importante verso la stabilizzazione del governo federale e una tregua in uno scontro politico che aveva paralizzato gli Stati Uniti per oltre un mese.
Sbloccate anche le armi per Kiev
La testata investigativa statunitense Axios, citando informazioni provenienti dal dipartimento di Stato (ministero degli Esteri), aveva anche spiegato che lo shutdown stava avendo anche ripercussioni internazionali, con un ritardo nelle esportazioni di armi statunitensi per un valore superiore a 5 miliardi di dollari destinate a sostenere gli alleati della Nato e l’Ucraina.
Ora, con lo sblocco della situazione, le forniture dovrebbero seguire il loro corso definito.