accuse molto pesanti

Quatargate: cosa intendono gli avvocati di Eva Kaili quando parlano di torture su di lei?

Al freddo, con la luce accesa puntata addosso per 16 ore

Quatargate: cosa intendono gli avvocati di Eva Kaili quando parlano di torture su di lei?
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Come è noto, l'ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, è stata arrestata il 9 dicembre 2022, nell'ambito dell'inchiesta sul Qatargate: si trova detenuta nel carcere di Haren, poco distante da Bruxelles.

Nelle scorse ore hanno fatto scalpore le pesanti accuse degli avvocati difensori della 44enne greca - Mihalis Dimitrakopoulos e André Risopoulos - di tortura a danno della loro assistita. I legali mettono nel mirino la magistratura belga. Ma cosa intendono con questo termine?

Eva Kaili, secondo i suoi legali è stata torturata in carcere

Kaili dovrà restare ancora in carcere per almeno un altro mese, così ha stabilito la Procura federale del Belgio nonostante le denunce dei difensori della politica, che accusano le autorità belghe di averla sottoposta a tortura. Motivo per il quale avevano chiesto (senza successo) ancora una volta la scarcerazione, con misure alternative come il braccialetto elettronico o altri tipi di misure simili.

Haren, carcere

Quando si parla di tortura, nell'immaginario collettivo, vengono in mente umide carceri medievali dotati di strumenti diabolici utilizzati contro i prigionieri. In realtà il termine è ben più vasto e include anche partiche non salubri - come per esempio la privazione del sonno, i cui gravissimi effetti su psiche e corpo sono ampiamenti dimostrati - che vanno a danneggiare l'equilibrio psicofisico del detenuto.

Al freddo, in isolamento, con la luce sparata in volto

Secondo gli avvocati di Kaili la "tortura" subita dalla loro assistita sarebbe durata per sedici ore. I fatti risalirebbero al periodo in cui la donna è stata posta in isolamento, da mercoledì 11 gennaio a venerdì 13 gennaio 2023. La misura detentiva, decisa dal giudice istruttore Michel Claise, sarebbe stata imposta per sedici ore non in un penitenziario ma in una cella di polizia "al freddo".

"Le è stata negata una seconda coperta e le hanno tolto il cappotto, la luce della stanza era sempre accesa impedendole di dormire, era nel suo periodo di ciclo mestruale con abbondanti perdite di sangue e non le era consentito lavarsi"

ha spiegato il legale Mihailis Dimitrakopoulos, riferendosi alle ore trascorse nella cella di polizia.

"Eva Kaili - come si legge in un documento redatto d'accordo con la stessa ex vicepresidente del Parlamento europeo - è accusata ma c'è sempre la presunzione d'innocenza. Siamo in Europa, questi atti violano la Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Questo è il Medioevo", tuonano.

Sarebbe stata proprio l'ex vicepresidente, tramite il suo avvocato, ad esprimere il desiderio di rendere pubblici questi accadimenti: "perché la trasparenza è l'anima della giustizia. Speriamo che vi sia un processo equo. Siamo in Europa", si è inoltre augurata.

Polemiche anche per le visite della figlia

Dimitrakopoulos e Risopoulos hanno inoltre sottolineato che "in sei settimane di carcere" gli incontri con la figlia di ventitré mesi sono stati solamente due.

In questo caso, invece, i togati parlano di "rottura con il buonsenso" e "misure adeguate in relazione alla situazione".

Con l'estensione della detenzione, infatti, Kaili non potrà rivedere la figlia "fino a febbraio".

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