Quali sono i cinque Paesi che Israele sta cercando di convincere ad accogliere 2 milioni di sfollati palestinesi
Il Papa sulla crisi umanitaria: "Non si può continuare così"

Il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, esponente di punta dell’ultradestra, ha approvato un vasto progetto di costruzione nella zona denominata E1, un’area strategica della Cisgiordania. Il piano prevede la realizzazione di 3.401 abitazioni destinate ai coloni israeliani e, secondo le stesse parole di Smotrich, mira di fatto a rendere irrealizzabile l’ipotesi di uno Stato palestinese.
Mentre prosegue la pressione coloniale in Cisgiordania, sul fronte di Gaza si registrano sviluppi sul piano militare. Il capo di Stato maggiore, generale Eyal Zamir, pur avendo espresso dubbi sull’opportunità di occupare Gaza City — da lui definita un’operazione potenzialmente controproducente e una possibile “trappola” che avvantaggerebbe Hamas — ha accettato la linea imposta dal gabinetto di sicurezza del premier Benjamin Netanyahu. Secondo il portavoce delle Forze di Difesa Israeliane, Zamir ha dato via libera al concetto operativo alla base dei nuovi piani di attacco alla Striscia.

L’obiettivo preliminare sarebbe indurre circa due milioni di palestinesi a lasciare Gaza City e a trasferirsi in accampamenti nel sud della Striscia. Tuttavia, in quell’area non esistono strutture adeguate né centri di distribuzione alimentare, il che rischia di aggravare ulteriormente la crisi umanitaria. Inoltre, l’operazione potrebbe mettere in pericolo la vita degli ostaggi israeliani ancora detenuti.
Trattative in corso con 5 Paesi per il reinsediamento all’estero.
I 5 Paesi che Israele sta cercando di convincere ad accogliere gli sfollati da Gaza

Secondo un’inchiesta di Channel 12, Israele è in contatto con cinque Paesi — Indonesia, Somaliland, Uganda, Sud Sudan e Libia — per valutare un possibile reinsediamento di palestinesi provenienti da Gaza. Fonti diplomatiche citano in particolare l’Indonesia e il Somaliland come più aperti, rispetto al passato, ad accogliere un’immigrazione definita “volontaria”.
Per ora non ci sono decisioni definitive. La notizia si aggiunge a quanto riportato dall’Associated Press, secondo cui Israele avrebbe ipotizzato il trasferimento di cittadini di Gaza in Sud Sudan — ipotesi smentita dal governo di Juba come “infondata”.
Il Somaliland, regione separatista della Somalia priva di riconoscimento internazionale, potrebbe vedere in un accordo con Israele un’occasione per ottenere legittimazione diplomatica.
ONG: “Basta usare gli aiuti come arma”
Oltre cento organizzazioni internazionali — tra cui Oxfam, Medici Senza Frontiere e l’American Near East Refugee Aid — hanno denunciato l’uso politico delle forniture umanitarie a Gaza. In un documento diffuso a Gerusalemme e ripreso dalla BBC, accusano Israele di non aver autorizzato alcun carico di aiuti dal 2 marzo, nonostante oltre 60 richieste formali.

La distribuzione è stata affidata in esclusiva alla controversa Gaza Humanitarian Foundation, che secondo le ONG fornisce assistenza in quantità insufficiente e in condizioni che mettono a rischio la vita della popolazione.
Appelli della Chiesa cattolica
Arrivando a Castel Gandolfo, Papa Leone XIV ha risposto alle domande dei giornalisti sulla possibile deportazione di massa dei palestinesi di Gaza, ribadendo che la priorità è affrontare la crisi umanitaria.
Ha condannato il terrorismo e ricordato la necessità di liberare gli ostaggi israeliani, ma anche di pensare a chi sta morendo di fame nella Striscia.

"Bisogna risolvere la crisi umanitaria e non si può continuare così”.
Il Pontefice ha sottolineato il lavoro di “soft diplomacy” della Santa Sede: promuovere il dialogo e spingere per soluzioni politiche, rifiutando la violenza come mezzo di risoluzione dei conflitti.