Il 4 settembre 2025, a Parigi, ventisei Paesi hanno annunciato la volontà di essere presenti “sulla terraferma, in mare o in aria” in Ucraina non appena “le armi taceranno”. L’annuncio è arrivato dal presidente francese Emmanuel Macron, al fianco dell’omologo ucraino Volodymyr Zelensky, al termine della riunione della Coalizione dei volenterosi.
Dura la reazione del Cremlino: Mosca considera qualsiasi presenza di soldati occidentali in Ucraina come bersagli legittimi.

Le posizioni europee
Anche Italia, Germania e Polonia figurano tra i Paesi che contribuiranno alle cosiddette “forze di rassicurazione”, pur con modalità diverse. Roma e Varsavia hanno escluso l’invio di truppe, mentre Berlino ha preferito rimandare la decisione “a tempo debito”.
“La formalizzazione avverrà nelle prossime settimane”, ha dichiarato Macron, senza fornire dettagli per non offrire vantaggi a Mosca. Ha però precisato che Donald Trump, collegato in videoconferenza, ha espresso “molto chiaramente” il sostegno degli Stati Uniti: “Vogliono essere parte del lavoro di garanzia della sicurezza”. Le modalità della partecipazione americana saranno definite “nei prossimi giorni”.
La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha descritto tre livelli di garanzia: il supporto all’esercito ucraino, la presenza delle forze di rassicurazione e gli investimenti nella difesa europea. Il premier britannico, invece, ha sottolineato l’accordo raggiunto sull’invio a Kiev di missili a lungo raggio.
Il ruolo dell’Italia
Durante la riunione, la premier Giorgia Meloni ha illustrato la proposta di un meccanismo collettivo di sicurezza, ispirato all’articolo 5 del Trattato di Washington. Ha ribadito l’indisponibilità dell’Italia a inviare militari in Ucraina, ma si è detta disponibile a sostenere un eventuale cessate il fuoco con iniziative di monitoraggio e formazione al di fuori dei confini ucraini.
Secondo una nota di Palazzo Chigi, Meloni ha successivamente partecipato a un collegamento con Donald Trump, in cui è stata riaffermata l’unità di intenti: una pace “giusta e duratura” può arrivare solo con tre condizioni — sostegno costante a Kiev, pressione collettiva sulla Russia anche tramite nuove sanzioni e garanzie di sicurezza solide, condivise tra Europa e Stati Uniti.
Le parole di Zelensky
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, intervenuto in videoconferenza al Forum economico di Cernobbio, ha ribadito la centralità dell’esercito di Kiev:
“L’armata ucraina è un’armata grande, 800.000 persone, è la più grande in Europa. È una garanzia per la sicurezza dell’Ucraina e ovviamente per tutta l’Europa. Se l’armata è forte, l’Europa non è in pericolo. Queste sono le cose importanti”.
La reazione di Mosca
Il presidente russo Vladimir Putin, parlando da Vladivostok all’Eastern Economic Forum, ha definito “inaccettabile” la prospettiva di truppe occidentali in Ucraina:
“Se delle truppe dovessero comparire lì (in Ucraina), soprattutto ora durante i combattimenti, partiamo dal presupposto che saranno obiettivi legittimi”. Putin ha aggiunto che un dispiegamento straniero “non favorirebbe una pace a lungo termine”. Secondo il leader del Cremlino, un eventuale accordo di pace renderebbe superflua la presenza di forze internazionali: “Se si raggiungessero decisioni che portassero alla pace, a una pace a lungo termine, allora semplicemente non vedo il motivo della loro presenza sul territorio ucraino. Perché se si raggiungessero accordi, nessuno dubiti che la Russia li rispetterebbe pienamente”.
Anche il portavoce Dmitrij Peskov ha respinto con forza l’idea:
“Le forze straniere, in particolare europee e americane, possono garantire la sicurezza dell’Ucraina? Assolutamente no. Non è una garanzia di sicurezza che possa essere accettata dal nostro Paese”.
Peskov ha accusato i Paesi europei di ostacolare la risoluzione del conflitto, trasformando l’Ucraina in “centro di tutto ciò che è anti-russo”. Ha inoltre avvertito che un tentativo della Nato di “trovare una via d’accesso” in Ucraina rappresenterebbe “una minaccia ai confini russi”.
Trump tra Kiev e Mosca
Donald Trump, collegato alla riunione della Coalizione, ha confermato che parlerà “a breve” con Putin, dopo il confronto con Zelensky: “Con Putin abbiamo un buon dialogo”.
“Ho risolto sette guerre, quella che pensavo sarebbe stata forse una delle più facili, sai, quella sensazione che pensi che una cosa andrà bene, si rivela un po’ più dura”.
Dal Cremlino, però, Peskov ha precisato che al momento “non ci sono stati risultati preliminari” e che non è prevista alcuna nuova conversazione ufficiale tra Putin e Trump.