Prima telefonata fra Macron e Putin: che cosa si sono detti
Intanto gli Usa hanno decretato lo stop dei missili antiaerei a Kiev

Un colloquio telefonico lungo oltre due ore segna una svolta nei rapporti tra Francia e Russia: per la prima volta dal 2022, il presidente francese Emmanuel Macron ha parlato direttamente, nella giornata di ieri, 1 luglio 2025, con il presidente russo Vladimir Putin.
A riferirlo è l’Eliseo, attraverso una nota diffusa dai media francesi, tra cui BFM TV. La conversazione ha avuto come focus principale la guerra in Ucraina e il dossier sul nucleare iraniano.
La posizione di Putin: “Colpa dell’Occidente”
Secondo quanto riferito dal Cremlino, Putin ha ribadito la visione russa sull’origine del conflitto, scaricando la responsabilità sui Paesi occidentali. A suo dire, questi ultimi avrebbero ignorato per anni le esigenze di sicurezza di Mosca, trasformando l’Ucraina in una "roccaforte anti-russa" e tollerando violazioni sistematiche dei diritti della popolazione russofona. Il presidente russo ha inoltre accusato l’Occidente di prolungare la guerra fornendo armi moderne al governo di Kiev.

Putin ha anche delineato le condizioni per un’eventuale intesa di pace, spiegando che ogni accordo dovrà essere "globale, duraturo e basato sulle nuove realtà territoriali", cioè tenere conto dei territori già occupati dalla Russia. Una posizione che conferma le richieste avanzate più volte da Mosca nei precedenti tentativi di negoziato.
L’appello di Macron: “Serve una tregua, ora”
Durante la telefonata, Macron ha chiesto con urgenza a Putin di dichiarare una tregua e di avviare colloqui diretti con Kiev per costruire una soluzione politica "solida e duratura" al conflitto. A colloquio concluso, il presidente francese ha immediatamente contattato anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per riferire dell’esito del confronto con Putin.
Secondo fonti dell’Eliseo, i due leader "resteranno in stretto contatto in vista delle prossime scadenze internazionali".
Gli Stati Uniti fermano alcune forniture militari a Kiev
Mentre Parigi prova a riaprire un canale diplomatico con Mosca, gli Stati Uniti hanno annunciato la sospensione di alcune forniture militari all’Ucraina, comprese munizioni fondamentali come i missili antiaerei Patriot. La notizia, riportata inizialmente da Politico e confermata dalla Casa Bianca, è stata giustificata con il calo delle scorte a disposizione dell’esercito statunitense.
“Questa decisione è stata presa nel rispetto della priorità per gli interessi nazionali americani”, ha spiegato Anna Kelly, vice portavoce della Casa Bianca, precisando che la misura è il risultato di una revisione interna al Dipartimento della Difesa sull’assistenza militare globale fornita da Washington. L’indagine ha mostrato che alcune categorie di armamenti avevano raggiunto livelli critici nelle scorte.
Trump rivede le priorità americane?
Dietro lo stop alle forniture, secondo alcuni osservatori, potrebbe esserci anche un cambiamento di rotta strategico da parte del presidente Donald Trump, che da mesi insiste affinché Russia e Ucraina tornino al tavolo dei negoziati. La riduzione del supporto militare a Kiev, quindi, potrebbe rappresentare una forma di pressione indiretta su entrambe le parti per accelerare il processo diplomatico.
“La potenza dell’esercito americano resta indiscussa. Basta guardare all’Iran”, ha aggiunto Kelly, facendo riferimento ai recenti bombardamenti condotti dagli Stati Uniti contro infrastrutture nucleari iraniane. Un messaggio volto a rassicurare gli alleati e sottolineare che la sospensione non è un segno di debolezza militare, ma una scelta tattica.
Trump vago con Zelensky
La scorsa settimana, in occasione del vertice NATO all’Aja, il presidente ucraino Zelensky ha incontrato Donald Trump.

Secondo quanto riferito dalla stampa internazionale, Zelensky avrebbe chiesto garanzie sulla consegna dei sistemi Patriot. Trump, però, avrebbe fornito una risposta ambigua:
“Vedremo se possiamo renderne disponibili alcuni”, avrebbe detto, aggiungendo che “sono molto difficili da ottenere”.
Interpellato dalla stampa, il portavoce del Pentagono, Sean Parnell, non ha voluto entrare nei dettagli, limitandosi a dichiarare che “le Forze Armate degli Stati Uniti non sono mai state così pronte ed efficienti, grazie alla guida del presidente Trump e del segretario alla Difesa Pete Hegseth”.