Patrick Zaki, incubo infinito: processo rinviato al prossimo 27 settembre
Fino a quando non sarà data una sentenza ufficiale, il ricercatore bolognese non potrà tornare in Italia perché sottoposto a divieto di viaggio.
La parola fine alla sua complicata vicenda giudiziaria sembra ancora lontana, ma non troppo. Le sorti di Patrick Zaki, si spera senza ulteriori rinvii, saranno decise nell'udienza che è stata fissata il prossimo 27 settembre 2022, dopo che ieri, martedì 21 giugno 2022, il giudice del Tribunale di Mansura (Egitto) ha optato per un nuovo aggiornamento del processo che vede coinvolto il ricercatore bolognese, arrestato il 7 febbraio 2020 per "diffusione di notizie false, incitamento alla protesta e istigazione alla violenza e ai crimini terroristici" e liberato solo lo scorso 8 dicembre 2021. Fino a quando non verrà emessa una sentenza finale, Patrick Zaki non potrà tornare in Italia perché, nonostante la scarcerazione, permane il divieto di viaggio.
Patrick Zaki, incubo infinito: processo rinviato al prossimo 27 settembre
E' amareggiato e deluso Patrick Zaki dopo essere venuto a conoscenza della notizia dell'ennesimo rinvio.
"Oggi hanno solo preso la mia carta d’identità, mi hanno fatto uscire, mi hanno detto di aspettare - afferma il ricercatore bolognese ai giornalisti fuori dal Palazzo di Giustizia - sono stato là per due ore senza avere idea di cosa stesse succedendo. Poi mi hanno detto che (l’udienza) è stata rinviata al 27 settembre".
Il giudice del Tribunale di Mansura (Egitto), nel corso dell'udienza tenutasi ieri, martedì 21 giugno 2022, ha deciso di rimandare al prossimo 27 settembre 2022 la decisione finale del processo in cui è coinvolto Patrick Zaki, ricercatore dell’Università di Bologna, incarcerato dal 7 febbraio 2020 con le accuse di “diffusione di notizie false, incitamento alla protesta e istigazione alla violenza e ai crimini terroristici” e poi successivamente liberato lo scorso 8 dicembre 2021.
Nell'udienza di ieri erano presenti in aula i rappresentanti di Italia, Ue, Usa e Spagna per monitorare il corretto svolgimento del processo. Nel Tribunale di Mansura hanno presenziato anche il legale dell’Ambasciata italiana e due diplomatici del nostro Paese, partecipazione inquadrata in un monitoraggio europeo di processi egiziani rilevanti per il rispetto dei diritti umani e civili.
Non può ancora tornare in Italia
Fino a che non verrà presa una decisione finale sulle sorti di Patrick Zaki, il ricercatore bolognese non potrà tornare in Italia perché sottoposto al divieto di viaggio. Queste le sue parole all'Ansa:
"Cerco di essere ottimista ma non succede nulla. Vedo che sono in un circolo vizioso di rinvii, non so perché. Sono diventati troppi. Ho bisogno di viaggiare, ora è la cosa più importante per me, qualunque sia la situazione. Quello che farò nel prossimo periodo è concentrarmi sul viaggio. Se non torno in Italia avrò problemi con la laurea magistrale e gli studi. Il mio desiderio è di tornare in Italia voglio riprendere i miei studi, la mia vita normale, voglio poter viaggiare e tornare quando voglio, come una persona normale".
Poi ha aggiunto:
"Non capisco perché mi è stato vietato di viaggiare. Questo è un grosso problema che causa la completa interruzione dei miei studi e della mia vita. Certo, la mia situazione è migliore di altre, ma voglio riprendere la mia vita normale, continuare gli studi e pensare al mio futuro perché ne ho abbastanza di tutte le interruzioni che mi sono state imposte per due anni e non deve continuare più di così".
LEGGI ANCHE:
Interviene Amnesty International
A seguito dell'ennesimo rinvio a giudizio del caso Zaki, è intervenuta anche Amnesty International, l'organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani, con un'azione di pressione sull’opinione pubblica per chiedere il rilascio dello studente egiziano:
"Sono ormai 28 mesi, e arriveremo a 31, che Patrick Zaki è intrappolato in un meccanismo giudiziario arbitrario che, di rinvio in rinvio, continua a privarlo della sua completa libertà – ha dichiarato il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury – Un periodo esorbitante, in cui il tempo di Patrick si è fermato, un periodo di tempo che di per sé è una punizione considerato che Patrick è accusato di un reato dal sapore orwelliano: ‘diffusione di notizie false’, per aver scritto la verità".